Poetessa e prosatrice di Montevideo (1941), la Peri Rossi si distingue sin dalle prime liriche per i suoi toni immediati e disinibiti, spesso provocatori e sensazionali, a volte prosaici fino a sfiorare l’“antipoetico”. Da Evohé appunto fino a Estrategias del deseo (2004) la linea che congiunge trentaquattro anni di poesia si può rintracciare nell’autobiografismo dagli accenti decisi, nell’immediatezza di certe immagini, nel desiderio di raccontarsi e raccontare: piccole cose (un «patio azul», «una niña saltando a la cuerda»), quotidiane cose (lo smog e il fumo di una città europea...), intime cose (l’amata, la madre), grandi cose (il destino, la sofferenza...). Scrittura dunque (apparirà subito chiaro anche al lettore più ignaro) come conoscenza di sé e dell’altro (altra, soprattutto); scrittura come progressiva rivelazione del segreto della poesia, della vita e della morte, dell’amore e della morte; scrittura come propria verità, alla luce della completa assenza di autocensura. È poesia intima, che appare quasi scritta per chi la scrive e che trova le sue fonti in Juan Ramón Jiménez, Rafael Alberti, Vicente Aleixandre, la cui influenza è evidente in certo lessico e certe immagini ricorrenti . Sua cifra costante è un autobiografismo che diventa cronaca quotidiana dell’io lirico, protagonista indiscusso dell’esperienza poetica della scrittrice: autobiografismo che va molto oltre la pura successione di eventi fino a trasformarsi in celebrazione di fatti umani che da particolari diventano universali, restituiti al lettore sotto forma di costruzione di un universo interiore parallelo. All’interno di questa tensione diaristica, l’“anima poetica” di chi scrive riesce a trovare i propri ideali d’amore, libertà, bellezza, purezza, vittoria sul tempo. Allineati diacronicamente, è facile scorgere lungo tutta l’opera gli universali poetici di ogni tempo insieme ai dualismi della grande poesia spagnola e sudamericana, quelli legati soprattutto alle radici, alla terra, alla natura, al giorno e alla notte, alla tempesta e alla quiete, all’amore e al disamore... Il tutto organizzato originalmente in un verso libero atipico, totalmente privo di regole, ai confini con la prosa a volte (ed è questo il segno della matrice poetica sudamericana, non dichiarata ma evidente, della Peri Rossi: si leggano certe poesie/prose di César Vallejo, Luis Palés Matos, Antonio Vallejo, Leopoldo Marichal, fra gli altri), altre volte vicino al frammentismo bécqueriano, altre ancora tanto personale da non consentire accostamenti.

"Poderosa ley gramatical obliga a pluralizar en masculino": questioni di genere nella poesia di Cristina Peri Rossi

SAVOCA M
2009-01-01

Abstract

Poetessa e prosatrice di Montevideo (1941), la Peri Rossi si distingue sin dalle prime liriche per i suoi toni immediati e disinibiti, spesso provocatori e sensazionali, a volte prosaici fino a sfiorare l’“antipoetico”. Da Evohé appunto fino a Estrategias del deseo (2004) la linea che congiunge trentaquattro anni di poesia si può rintracciare nell’autobiografismo dagli accenti decisi, nell’immediatezza di certe immagini, nel desiderio di raccontarsi e raccontare: piccole cose (un «patio azul», «una niña saltando a la cuerda»), quotidiane cose (lo smog e il fumo di una città europea...), intime cose (l’amata, la madre), grandi cose (il destino, la sofferenza...). Scrittura dunque (apparirà subito chiaro anche al lettore più ignaro) come conoscenza di sé e dell’altro (altra, soprattutto); scrittura come progressiva rivelazione del segreto della poesia, della vita e della morte, dell’amore e della morte; scrittura come propria verità, alla luce della completa assenza di autocensura. È poesia intima, che appare quasi scritta per chi la scrive e che trova le sue fonti in Juan Ramón Jiménez, Rafael Alberti, Vicente Aleixandre, la cui influenza è evidente in certo lessico e certe immagini ricorrenti . Sua cifra costante è un autobiografismo che diventa cronaca quotidiana dell’io lirico, protagonista indiscusso dell’esperienza poetica della scrittrice: autobiografismo che va molto oltre la pura successione di eventi fino a trasformarsi in celebrazione di fatti umani che da particolari diventano universali, restituiti al lettore sotto forma di costruzione di un universo interiore parallelo. All’interno di questa tensione diaristica, l’“anima poetica” di chi scrive riesce a trovare i propri ideali d’amore, libertà, bellezza, purezza, vittoria sul tempo. Allineati diacronicamente, è facile scorgere lungo tutta l’opera gli universali poetici di ogni tempo insieme ai dualismi della grande poesia spagnola e sudamericana, quelli legati soprattutto alle radici, alla terra, alla natura, al giorno e alla notte, alla tempesta e alla quiete, all’amore e al disamore... Il tutto organizzato originalmente in un verso libero atipico, totalmente privo di regole, ai confini con la prosa a volte (ed è questo il segno della matrice poetica sudamericana, non dichiarata ma evidente, della Peri Rossi: si leggano certe poesie/prose di César Vallejo, Luis Palés Matos, Antonio Vallejo, Leopoldo Marichal, fra gli altri), altre volte vicino al frammentismo bécqueriano, altre ancora tanto personale da non consentire accostamenti.
2009
978-88-548-2944-2
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