Secondo una recente inchiesta del “The Guardian”, gli Stati Europei hanno impiegato tattiche brutali per fermare circa 40.000 richiedenti asilo nel loro tentativo di attraversare le frontiere dall’inizio della pandemia ad oggi e secondo i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, dall’inizio di questo anno sarebbero già più di 700 i migranti deceduti nelle acque del Mediterraneo. Lungi dal voler entrare nel merito delle statistiche, questi dati aprono ad interrogativi di natura giuridica che ne trascendono la consistenza e questo lavoro si incentra su quelli che riguardano specificatamente il diritto di essere salvati, gli obblighi di salvataggio ed il divieto di refoulement. La metodologia consiste in un primo sintetico inquadramento teorico circa l’ordine giuridico del mare su cui gli Stati, in linea di principio, rivendicano quote di sovranità in funzione dell’ordine giuridico della terra (Angiolini, 2015) e su cui, pensando alla mobilità umana in migrazione, vige un certo paradosso circa la tendenza a volerne cedere sempre di più. Seguirà quindi un’analisi comparata della giurisprudenza che riguarderà i princìpi, codificati e di carattere consuetudinario, che attengono alla salvaguardia dei diritti umani in mare ed i limiti che gli Stati incontrano nell’esercizio dei loro poteri sovrani in materia di ammissione, permanenza ed espulsione degli stranieri (S. Cassese, 2016; Zagrebelsky, 2012). L’analisi assume come angolo di visuale quello di due note sentenze definitive rese dalla Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo nei confronti dell’Italia: Il caso Hirsi Jamaa e altri contro Italia (2012) ed il caso Khlaifia e altri contro Italia (2016). La scelta, operata in funzione delle indicazioni circa l’economia del lavoro, è stata compiuta per due principali ragioni. La prima attiene all’opportunità che esse offrono di guardare da un’ottica sovranazionale anche alle politiche migratorie del nostro Paese, ob torto collo protagonista nello scenario dato dalla rotta centrale (il mediterraneo appunto) dei flussi migratori verso l’Europa. La seconda riguarda la loro specularità, in senso utopico la prima, in senso distopico la seconda. Nel tracciare quindi la linea evolutiva della giurisprudenza, nazionale ed europea, il contributo dimostra come questa, dopo una prima fase che potremmo definire espansiva, abbia intrapreso una tendenza regressiva che ad oggi comporta un affievolimento delle garanzie riferibili ai flussi migratori via mare. Inoltre, si metterà in luce come tale tendenza possa essere ragionevolmente posta in correlazione al progressivo intensificarsi degli stessi flussi migratori via mare ed ai conseguenti condizionamenti dovuti al contesto politico, incapace di farvi fronte. Conclusioni che incoraggiano ad irrobustire il valore garantista del diritto ed il suo potenziale vigore emancipatorio (Ferrajoli, 2016)

Sovranità sul mare (nostrum) tra diritto di essere salvati, obblighi di salvataggio e divieto di refoulement

elena girasella
2023-01-01

Abstract

Secondo una recente inchiesta del “The Guardian”, gli Stati Europei hanno impiegato tattiche brutali per fermare circa 40.000 richiedenti asilo nel loro tentativo di attraversare le frontiere dall’inizio della pandemia ad oggi e secondo i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, dall’inizio di questo anno sarebbero già più di 700 i migranti deceduti nelle acque del Mediterraneo. Lungi dal voler entrare nel merito delle statistiche, questi dati aprono ad interrogativi di natura giuridica che ne trascendono la consistenza e questo lavoro si incentra su quelli che riguardano specificatamente il diritto di essere salvati, gli obblighi di salvataggio ed il divieto di refoulement. La metodologia consiste in un primo sintetico inquadramento teorico circa l’ordine giuridico del mare su cui gli Stati, in linea di principio, rivendicano quote di sovranità in funzione dell’ordine giuridico della terra (Angiolini, 2015) e su cui, pensando alla mobilità umana in migrazione, vige un certo paradosso circa la tendenza a volerne cedere sempre di più. Seguirà quindi un’analisi comparata della giurisprudenza che riguarderà i princìpi, codificati e di carattere consuetudinario, che attengono alla salvaguardia dei diritti umani in mare ed i limiti che gli Stati incontrano nell’esercizio dei loro poteri sovrani in materia di ammissione, permanenza ed espulsione degli stranieri (S. Cassese, 2016; Zagrebelsky, 2012). L’analisi assume come angolo di visuale quello di due note sentenze definitive rese dalla Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo nei confronti dell’Italia: Il caso Hirsi Jamaa e altri contro Italia (2012) ed il caso Khlaifia e altri contro Italia (2016). La scelta, operata in funzione delle indicazioni circa l’economia del lavoro, è stata compiuta per due principali ragioni. La prima attiene all’opportunità che esse offrono di guardare da un’ottica sovranazionale anche alle politiche migratorie del nostro Paese, ob torto collo protagonista nello scenario dato dalla rotta centrale (il mediterraneo appunto) dei flussi migratori verso l’Europa. La seconda riguarda la loro specularità, in senso utopico la prima, in senso distopico la seconda. Nel tracciare quindi la linea evolutiva della giurisprudenza, nazionale ed europea, il contributo dimostra come questa, dopo una prima fase che potremmo definire espansiva, abbia intrapreso una tendenza regressiva che ad oggi comporta un affievolimento delle garanzie riferibili ai flussi migratori via mare. Inoltre, si metterà in luce come tale tendenza possa essere ragionevolmente posta in correlazione al progressivo intensificarsi degli stessi flussi migratori via mare ed ai conseguenti condizionamenti dovuti al contesto politico, incapace di farvi fronte. Conclusioni che incoraggiano ad irrobustire il valore garantista del diritto ed il suo potenziale vigore emancipatorio (Ferrajoli, 2016)
2023
979-12-80899-02-6
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