Il perno del saggio è costituito dal censimento dell’agosto 1938, che ha permesso di definire la presenza originaria di 5 italiani, tra cui quattro docenti universitari – successivamente depennati dalla questura messinese -, e 20 stranieri. Il reperimento delle carte riguardanti la presenza degli ebrei stranieri anche per la fase successiva all’estate del 1938 e del materiale relativo agli insegnamenti antisemiti inaugurati nel 1938 permettono di misurare fino in fondo la pervasività dell’antisemitismo del regime fino alla periferia del Paese. Solo la «roboante» fama di Giuseppe Maggiore, tra i giuristi più rinomati nella definizione di una vera e propria dottrina antisemita, ha potuto mettere in ombra l’operato del fratello, Salvatore Maggiore, spesso ricordato per le vicende epurative interne all’Ateneo palermitano, ma non a quelle messinesi, dove pure fu Rettore nell’anno accademico 1939-1940 e dove lasciò una profonda traccia. Dal saggio emerge inoltre la durezza della posizione delle élites accademiche e politiche locali nei confronti degli antifascisti recisamente espulsi dall’Accademia, come nel caso di Ettore Lombardo Pellegrino, la cui vicenda è già stata svariatamente indagata dalla storiografia, e di Gustavo Ingrosso e Arturo Labriola, che pur avendo vinto il concorso nelle rispettive discipline non poterono essere incardinati negli anni Venti a causa del loro antifascismo. Il saggio si chiude rendendo conto, infine, della complessa pagina dell’epurazione.
L'Ateneo di Messina sotto il fuoco del Regime
Giovanna D'AmicoUltimo
2023-01-01
Abstract
Il perno del saggio è costituito dal censimento dell’agosto 1938, che ha permesso di definire la presenza originaria di 5 italiani, tra cui quattro docenti universitari – successivamente depennati dalla questura messinese -, e 20 stranieri. Il reperimento delle carte riguardanti la presenza degli ebrei stranieri anche per la fase successiva all’estate del 1938 e del materiale relativo agli insegnamenti antisemiti inaugurati nel 1938 permettono di misurare fino in fondo la pervasività dell’antisemitismo del regime fino alla periferia del Paese. Solo la «roboante» fama di Giuseppe Maggiore, tra i giuristi più rinomati nella definizione di una vera e propria dottrina antisemita, ha potuto mettere in ombra l’operato del fratello, Salvatore Maggiore, spesso ricordato per le vicende epurative interne all’Ateneo palermitano, ma non a quelle messinesi, dove pure fu Rettore nell’anno accademico 1939-1940 e dove lasciò una profonda traccia. Dal saggio emerge inoltre la durezza della posizione delle élites accademiche e politiche locali nei confronti degli antifascisti recisamente espulsi dall’Accademia, come nel caso di Ettore Lombardo Pellegrino, la cui vicenda è già stata svariatamente indagata dalla storiografia, e di Gustavo Ingrosso e Arturo Labriola, che pur avendo vinto il concorso nelle rispettive discipline non poterono essere incardinati negli anni Venti a causa del loro antifascismo. Il saggio si chiude rendendo conto, infine, della complessa pagina dell’epurazione.Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


