L’enfatico processo di costruzione e distruzione delle architetture e degli spazi urbani che, sin dal tardo Ottocento, ha accompagnato ogni drammatica, violenta transizionepoliticaattraversata dall’Albania,si lega a una più ampia visione “prometeica” della vita sociale e del potere, del resto ampiamente documentabile in retoriche e simbolismi che travalicano le architetture in senso stretto e ricorrono nelle arti figurativee nel grande fenomeno letterario che ha fondato tutti i più importanti passaggi del Paese balcanico. Le megalomani pantomime architettoniche - che, ad esempio, nell’Albania comunista hanno visto disseminare in ogni angolo del “piccolo” paese bunker (750.000), statue e bronzi di Stalin ed Hoxha, piramidi, palazzi del potere o “dei sogni” li definisce Ismail Kadare, come anche, dopo il regime, l’immediata distruzione di tali precedenti elementi e l’edificazione di ville, centri commerciali, università e complessi alberghieri in forma di castello, a rinnovare la resistente Albania di Scanderbeg, o degli enormi grattacieli ventilati che non solo a Tirana oggi svettano in una “modernità” che si vuole il più possibile cementificata -rinviano a una sorta prometeismopolitico nazionale. Idea per la quale l’Albania storica s’avverte sempre tradita, invasa, sfasata, diversa, incompiuta rispetto a quella “immaginaria” (direbbe Benedict Anderson), a quella fatale per la quale invece lottare disperatamente, proditoriamente, provocatoriamente, con eclatanti distruzioni e ricostruzioni degne di Prometeo e di un’Albania della vincente perdita che deve mostrare di sapersi distinguere, ancora isolarsi, di saper parimenti fronteggiare l’Unione Europea così come ieri fronteggiava l’Impero turco-ottomano, l’Italia fascista, la ex Jugoslavia, l’Unione Sovietica, la Cina di Mao. È a questo quadro più ampio che va, infatti, rapportato l’attuale, contrastato progetto di distruzione del Teatro Nazionale di Tirana (pregevolissimo complesso edificato da Giulio Bertè nel 1938); com’è in questo gioco di architetture e letterature, fatto di trionfi e censure, volumi esibiti e mandati al macero, che, come quelle di ieri, le nuove classi dirigenziali dell’Albania pluralista decretano le proprie, repentine ascese e cadute. The emphatic cycle of construction and destruction of architecture and urban spaces that, since the 19th century, accompanies Albanian sociopolitical transitions, is linked to a "promethean" vision of social life and power, documented in the symbolism present in the figurative arts and the literatures that marked the most important passages of the nation. The invasive architectures and the current devastating spirals of cement are thus linked to an idea of national politics for which it is believed that historical Albania has always been betrayed, invaded, out of phase with respect to the "ideal" one which, on the contrary, is searched desperately. The recent, scandalous demolition of the National Theater of Tirana, an important complex built by Giulio Bertè in 1938, can be traced back to such promethean perspectives.

Architetture prometeiche della nuova Albania. Giochi antropologici di costruzioni, distruzioni, ascese e cadute / Promethean Architecture of the New Albania. Anthropological Games od Construction, Destruction, Rise and Fall

GERACI M.
2021-01-01

Abstract

L’enfatico processo di costruzione e distruzione delle architetture e degli spazi urbani che, sin dal tardo Ottocento, ha accompagnato ogni drammatica, violenta transizionepoliticaattraversata dall’Albania,si lega a una più ampia visione “prometeica” della vita sociale e del potere, del resto ampiamente documentabile in retoriche e simbolismi che travalicano le architetture in senso stretto e ricorrono nelle arti figurativee nel grande fenomeno letterario che ha fondato tutti i più importanti passaggi del Paese balcanico. Le megalomani pantomime architettoniche - che, ad esempio, nell’Albania comunista hanno visto disseminare in ogni angolo del “piccolo” paese bunker (750.000), statue e bronzi di Stalin ed Hoxha, piramidi, palazzi del potere o “dei sogni” li definisce Ismail Kadare, come anche, dopo il regime, l’immediata distruzione di tali precedenti elementi e l’edificazione di ville, centri commerciali, università e complessi alberghieri in forma di castello, a rinnovare la resistente Albania di Scanderbeg, o degli enormi grattacieli ventilati che non solo a Tirana oggi svettano in una “modernità” che si vuole il più possibile cementificata -rinviano a una sorta prometeismopolitico nazionale. Idea per la quale l’Albania storica s’avverte sempre tradita, invasa, sfasata, diversa, incompiuta rispetto a quella “immaginaria” (direbbe Benedict Anderson), a quella fatale per la quale invece lottare disperatamente, proditoriamente, provocatoriamente, con eclatanti distruzioni e ricostruzioni degne di Prometeo e di un’Albania della vincente perdita che deve mostrare di sapersi distinguere, ancora isolarsi, di saper parimenti fronteggiare l’Unione Europea così come ieri fronteggiava l’Impero turco-ottomano, l’Italia fascista, la ex Jugoslavia, l’Unione Sovietica, la Cina di Mao. È a questo quadro più ampio che va, infatti, rapportato l’attuale, contrastato progetto di distruzione del Teatro Nazionale di Tirana (pregevolissimo complesso edificato da Giulio Bertè nel 1938); com’è in questo gioco di architetture e letterature, fatto di trionfi e censure, volumi esibiti e mandati al macero, che, come quelle di ieri, le nuove classi dirigenziali dell’Albania pluralista decretano le proprie, repentine ascese e cadute. The emphatic cycle of construction and destruction of architecture and urban spaces that, since the 19th century, accompanies Albanian sociopolitical transitions, is linked to a "promethean" vision of social life and power, documented in the symbolism present in the figurative arts and the literatures that marked the most important passages of the nation. The invasive architectures and the current devastating spirals of cement are thus linked to an idea of national politics for which it is believed that historical Albania has always been betrayed, invaded, out of phase with respect to the "ideal" one which, on the contrary, is searched desperately. The recent, scandalous demolition of the National Theater of Tirana, an important complex built by Giulio Bertè in 1938, can be traced back to such promethean perspectives.
2021
978-88-492-4069-6
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