Il tema dei beni comuni e della proprietà collettiva occupa una posizione centrale nella produzione scientifica di Giacomo Venezian, che a cavallo tra XIX e XX secolo dedica alla materia una pluralità di scritti. Già nel 1888 l’autore manifesta il proprio interesse per l’argomento, pronunciando un discorso sulle “Reliquie della proprietà collettiva in Italia” in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico presso l’Università di Camerino. La scelta, definita “coraggiosa e quasi ereticale”, denota l’anticonformismo caratterizzante il pensiero di Venezian, che – in totale controtendenza rispetto alle correnti filosofico-giuridiche dominanti, imperniate sull’individualismo proprietario – guarda alla proprietà collettiva come possibile strumento di tutela di esigenze sociali diffuse. L’opera, infatti, contiene un’accurata ricostruzione delle origini e dell’evoluzione del demanio comunale, che l’autore – evidenziandone la spiccata vocazione solidaristica – ritiene di poter qualificare in termini di proprietà collettiva. Nei primi anni del ‘900 l’attenzione del giurista si focalizza sulle prospettive di riforma degli assetti inerenti ai beni comuni. Nel 1910 egli si occupa “Del disegno di legge sugli usi civici e sui domini collettivi”. La questione viene trattata all’interno di una memoria letta presso la Società Agraria della provincia di Bologna, sede in cui il giurista commenta i profili virtuosi e critici della proposta normativa finalizzata a “riparare a[l] tanto disordine” provocato dalla disciplina previgente. Nell’anno successivo, in occasione dell’VIII Congresso giuridico internazionale svoltosi a Roma, Venezian tiene una relazione intitolata “Necessità e criteri di una legislazione sugli usi civici per le varie regioni d’Italia”, attraverso la quale propone una serie di spunti assai lucidi e consapevoli per l’emanazione di una disciplina adeguata al soddisfacimento degli interessi delle comunità beneficiare di usi civici su beni demaniali. Dalla analisi complessiva di tali opere emerge l’intuizione dell’autore di poter considerare determinate conformazioni del diritto dominicale come strumento di tutela di esigenze collettive, reputate non meno rilevanti di quelle individuali. Secondo il giurista, la proprietà, lungi dal poter essere confinata in una dimensione squisitamente egoistica, può legittimamente essere gravata da vincoli e conformata attraverso la previsione di ipotesi di contitolarità allo scopo di realizzare equi rapporti sociali ed essere resa effettivamente accessibile a tutti. In questo modo, dunque, Venezian si dimostra precursore ed antesignano dell’idea di poter concepire il dominio anche in funzione della realizzazione di interessi altruistici e diffusi.

Beni comuni e proprietà collettiva negli scritti di Giacomo Venezian (1861-1915)

Carmelo Giuseppe Antillo
2023-01-01

Abstract

Il tema dei beni comuni e della proprietà collettiva occupa una posizione centrale nella produzione scientifica di Giacomo Venezian, che a cavallo tra XIX e XX secolo dedica alla materia una pluralità di scritti. Già nel 1888 l’autore manifesta il proprio interesse per l’argomento, pronunciando un discorso sulle “Reliquie della proprietà collettiva in Italia” in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico presso l’Università di Camerino. La scelta, definita “coraggiosa e quasi ereticale”, denota l’anticonformismo caratterizzante il pensiero di Venezian, che – in totale controtendenza rispetto alle correnti filosofico-giuridiche dominanti, imperniate sull’individualismo proprietario – guarda alla proprietà collettiva come possibile strumento di tutela di esigenze sociali diffuse. L’opera, infatti, contiene un’accurata ricostruzione delle origini e dell’evoluzione del demanio comunale, che l’autore – evidenziandone la spiccata vocazione solidaristica – ritiene di poter qualificare in termini di proprietà collettiva. Nei primi anni del ‘900 l’attenzione del giurista si focalizza sulle prospettive di riforma degli assetti inerenti ai beni comuni. Nel 1910 egli si occupa “Del disegno di legge sugli usi civici e sui domini collettivi”. La questione viene trattata all’interno di una memoria letta presso la Società Agraria della provincia di Bologna, sede in cui il giurista commenta i profili virtuosi e critici della proposta normativa finalizzata a “riparare a[l] tanto disordine” provocato dalla disciplina previgente. Nell’anno successivo, in occasione dell’VIII Congresso giuridico internazionale svoltosi a Roma, Venezian tiene una relazione intitolata “Necessità e criteri di una legislazione sugli usi civici per le varie regioni d’Italia”, attraverso la quale propone una serie di spunti assai lucidi e consapevoli per l’emanazione di una disciplina adeguata al soddisfacimento degli interessi delle comunità beneficiare di usi civici su beni demaniali. Dalla analisi complessiva di tali opere emerge l’intuizione dell’autore di poter considerare determinate conformazioni del diritto dominicale come strumento di tutela di esigenze collettive, reputate non meno rilevanti di quelle individuali. Secondo il giurista, la proprietà, lungi dal poter essere confinata in una dimensione squisitamente egoistica, può legittimamente essere gravata da vincoli e conformata attraverso la previsione di ipotesi di contitolarità allo scopo di realizzare equi rapporti sociali ed essere resa effettivamente accessibile a tutti. In questo modo, dunque, Venezian si dimostra precursore ed antesignano dell’idea di poter concepire il dominio anche in funzione della realizzazione di interessi altruistici e diffusi.
2023
978-88-495-5185-3
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