Tabucchi definì Fernando Pessoa “un baule pieno di gente”. Nel caso del lavoro di pubblica utilità, la suggestiva immagine torna in mente per descrivere le numerose identità assunte nel tempo da questo istituto (ferma restando l’assoluta omogeneità dei suoi contenuti sostanziali). Nelle sue vite precedenti – e con alterne fortune - il lavoro di pubblica utilità è stato, infatti, sanzione di conversione di una pena pecuniaria non eseguita per insolvibilità del condannato nella l. n. 689 del 1981, sanzione accessoria non ulteriormente qualificata per talune fattispecie incriminatrici in tema di discriminazioni razziali etniche o religiose, pena principale per i reati attribuiti alla competenza penale del giudice di pace dal d. lgs. n. 274 del 2000, obbligo al cui adempimento subordinare la sospensione condizionale della pena secondo l’art. 165 c.p., sanzione sostitutiva della pena detentiva per determinate ipotesi criminose di cui alla l. n. 49 del 2006 (di riforma della normativa sugli stupefacenti) e sanzione amministrativa accessoria nella l. n. 102 del 2006 (unico testo normativo a non richiedere, nel caso di specie, il consenso del destinatario della misura). Nella prassi applicativa, la svolta decisiva è però avvenuta con la previsione del lavoro di pubblica utilità come pena sostitutiva (sia della pena detentiva, sia di quella pecuniaria) in materia di circolazione stradale e di stupefacenti: per le contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza e di guida sotto l’azione di sostanze stupefacenti, allorché non si sia verificato alcun incidente stradale (art. 186 co. 9 bis e art. 187 co. 8 bis cod. strada) e, inoltre, per reati di droga “di lieve entità”, allorché la condanna — alla reclusione e alla multa — sia pronunciata nei confronti di persona tossicodipendente o di assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 73 co. 5 bis T.u. stup.). In questa sfera, e soprattutto in materia di circolazione stradale, il lavoro di pubblica utilità ha trovato ampia applicazione, in continuo incremento. Questa esperienza positiva, tuttora in corso, ha indotto il legislatore a prevedere il lavoro di pubblica utilità quale sanzione sostitutiva ad ampio spettro, sulla scia della piena valorizzazione dell’istituto già avviata nel 2014 con la messa alla prova (art. 168 bis co. 2 c.p.) e poi ribadita dal d. lgs. 124/2018, che ha incluso il lavoro di pubblica utilità, da svolgersi all’interno o all’esterno del carcere, tra gli elementi del trattamento rieducativo (artt. 15 e 20 ter ord. penit.).
La riforma delle pene sostitutive. Una verifica ex ante e ex post sul lavoro di pubblica utilità, in AA. VV., La scienza della legislazione penale: riforme e prospettive di razionalizzazione, Napoli, 2024
Lucia Risicato
2024-01-01
Abstract
Tabucchi definì Fernando Pessoa “un baule pieno di gente”. Nel caso del lavoro di pubblica utilità, la suggestiva immagine torna in mente per descrivere le numerose identità assunte nel tempo da questo istituto (ferma restando l’assoluta omogeneità dei suoi contenuti sostanziali). Nelle sue vite precedenti – e con alterne fortune - il lavoro di pubblica utilità è stato, infatti, sanzione di conversione di una pena pecuniaria non eseguita per insolvibilità del condannato nella l. n. 689 del 1981, sanzione accessoria non ulteriormente qualificata per talune fattispecie incriminatrici in tema di discriminazioni razziali etniche o religiose, pena principale per i reati attribuiti alla competenza penale del giudice di pace dal d. lgs. n. 274 del 2000, obbligo al cui adempimento subordinare la sospensione condizionale della pena secondo l’art. 165 c.p., sanzione sostitutiva della pena detentiva per determinate ipotesi criminose di cui alla l. n. 49 del 2006 (di riforma della normativa sugli stupefacenti) e sanzione amministrativa accessoria nella l. n. 102 del 2006 (unico testo normativo a non richiedere, nel caso di specie, il consenso del destinatario della misura). Nella prassi applicativa, la svolta decisiva è però avvenuta con la previsione del lavoro di pubblica utilità come pena sostitutiva (sia della pena detentiva, sia di quella pecuniaria) in materia di circolazione stradale e di stupefacenti: per le contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza e di guida sotto l’azione di sostanze stupefacenti, allorché non si sia verificato alcun incidente stradale (art. 186 co. 9 bis e art. 187 co. 8 bis cod. strada) e, inoltre, per reati di droga “di lieve entità”, allorché la condanna — alla reclusione e alla multa — sia pronunciata nei confronti di persona tossicodipendente o di assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 73 co. 5 bis T.u. stup.). In questa sfera, e soprattutto in materia di circolazione stradale, il lavoro di pubblica utilità ha trovato ampia applicazione, in continuo incremento. Questa esperienza positiva, tuttora in corso, ha indotto il legislatore a prevedere il lavoro di pubblica utilità quale sanzione sostitutiva ad ampio spettro, sulla scia della piena valorizzazione dell’istituto già avviata nel 2014 con la messa alla prova (art. 168 bis co. 2 c.p.) e poi ribadita dal d. lgs. 124/2018, che ha incluso il lavoro di pubblica utilità, da svolgersi all’interno o all’esterno del carcere, tra gli elementi del trattamento rieducativo (artt. 15 e 20 ter ord. penit.).Pubblicazioni consigliate
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