Lo stato di crisi, quale che sia la fonte di pericolo che ne abbia determinato l’insorgenza, pone gli ordinamenti giuridici ispirati ai principi di fondo del costituzionalismo moderno di fronte alla necessità di predisporre strumenti di prevenzione e/o repressione che, garantendo un accettabile livello di sicurezza, non pregiudichino, in modo irrimediabile, il nocciolo duro dei valori consacrati all’interno delle Costituzioni democratiche ed espressione, in ultima analisi, di un assetto politico/costituzionale proteso nel senso della salvaguardia e della promozione dei diritti inviolabili dell’individuo. Al cospetto della emergenza, sovente diviene indispensabile impiegare metodi di lotta che postulino il ricorso alla mistificazione, alla manipolazione ed alla distorsione dei processi informativi e comunicativi allo scopo di conseguire (spesso, decisivi) vantaggi strategici mediante la pianificazione di attività psicologiche, condotte in pace ed in guerra, dirette ad un uditorio, amico, nemico o neutrale, al fine di influenzarne attitudini e comportamenti che, altrimenti, potrebbero compromettere il raggiungimento di obiettivi politici e militari. Al contempo, nel corso della crisi, in uno con l’insorgere di una diffusa condizione di precarietà (sociale e, talvolta, pure istituzionale), è facile assistere all’affioramento e, occasionalmente, al loro progressivo consolidamento, di dinamiche e dialettiche polarizzanti che rinvengono, proprio entro le coordinate dell’incertezza derivante dalla situazione di emergenza, terreno fertile per affermarsi. Il susseguirsi di dubbie ed ambigue informazioni, in qualche circostanza veicolate non (solamente) per il tramite di canali ufficiali, bensì mediante l’improvvido utilizzo di social al solo scopo di ingenerare perplessità ed instabilità, diviene fattore di stimolo e catalizzatore di ansie, paure, preoccupazioni e di sentimenti di ripulsa e contestazione, sovente fini a sé stessi. Matura un quadro d’insieme complesso e composito in cui alla sempre più evidente vaghezza delle notizie, che si rincorrono a velocità crescente, si accompagna l’imprevedibilità delle reazioni della comunità politica, avvinta da un profondo senso di smarrimento e priva(ta), per tale via, della possibilità di comprendere appieno intensità del pericolo e adeguatezza delle misure contenitive adottate. In un siffatto contesto, cova la minaccia di pulsioni e derive estremistiche pronte a cogliere l’occasione per dare sfogo ai propri istinti eversivi, non necessariamente, almeno in prima battuta, ricorrendo alla violenza fisica, bensì sfruttando la propria capacità di mimetizzarsi onde non consentire una immediata identificazione del rischio per la tenuta delle libere Istituzioni. Al contempo, però, ricorrendo alla mistificazione della realtà, all’interno di un contesto sociale non pienamente aduso a procedere ad un vaglio critico delle informazioni (passivamente) ricevute, viene gradualmente insinuato il seme del dubbio, tipico delle teorie cospirazioniste e/o complottiste, allo scopo di delegittimare le iniziative attivate per contrastare efficacemente e rimuovere definitivamente il pericolo inveratosi. Facendo leva, quindi, sul senso di scoramento, si persegue l’obiettivo di divenire portatori, agli occhi della collettività ormai turbata e demoralizzata, della verità non detta, (mal)celata in ragione della difesa di egoistici interessi ascrivibili ad una élite desiderosa esclusivamente di mantenere il potere a scapito della comunità inerme. Al cospetto di consimili evenienze, onde arginare siffatte derive antidemocratiche, va contrapposta la promozione di una “cultura costituzionale” quale “quarto elemento costitutivo dello Stato” mediante la quale consolidare un idem sentire cosciente e consapevole dell’irrinunciabile saldezza dei valori di libertà da erigere a barriera invalicabile, anche nel corso di uno stato di crisi, contro ogni autoritarismo.

Verità, finzione e pensiero critico in democrazia in tempo di crisi sanitaria

Buscema, Luca
2024-01-01

Abstract

Lo stato di crisi, quale che sia la fonte di pericolo che ne abbia determinato l’insorgenza, pone gli ordinamenti giuridici ispirati ai principi di fondo del costituzionalismo moderno di fronte alla necessità di predisporre strumenti di prevenzione e/o repressione che, garantendo un accettabile livello di sicurezza, non pregiudichino, in modo irrimediabile, il nocciolo duro dei valori consacrati all’interno delle Costituzioni democratiche ed espressione, in ultima analisi, di un assetto politico/costituzionale proteso nel senso della salvaguardia e della promozione dei diritti inviolabili dell’individuo. Al cospetto della emergenza, sovente diviene indispensabile impiegare metodi di lotta che postulino il ricorso alla mistificazione, alla manipolazione ed alla distorsione dei processi informativi e comunicativi allo scopo di conseguire (spesso, decisivi) vantaggi strategici mediante la pianificazione di attività psicologiche, condotte in pace ed in guerra, dirette ad un uditorio, amico, nemico o neutrale, al fine di influenzarne attitudini e comportamenti che, altrimenti, potrebbero compromettere il raggiungimento di obiettivi politici e militari. Al contempo, nel corso della crisi, in uno con l’insorgere di una diffusa condizione di precarietà (sociale e, talvolta, pure istituzionale), è facile assistere all’affioramento e, occasionalmente, al loro progressivo consolidamento, di dinamiche e dialettiche polarizzanti che rinvengono, proprio entro le coordinate dell’incertezza derivante dalla situazione di emergenza, terreno fertile per affermarsi. Il susseguirsi di dubbie ed ambigue informazioni, in qualche circostanza veicolate non (solamente) per il tramite di canali ufficiali, bensì mediante l’improvvido utilizzo di social al solo scopo di ingenerare perplessità ed instabilità, diviene fattore di stimolo e catalizzatore di ansie, paure, preoccupazioni e di sentimenti di ripulsa e contestazione, sovente fini a sé stessi. Matura un quadro d’insieme complesso e composito in cui alla sempre più evidente vaghezza delle notizie, che si rincorrono a velocità crescente, si accompagna l’imprevedibilità delle reazioni della comunità politica, avvinta da un profondo senso di smarrimento e priva(ta), per tale via, della possibilità di comprendere appieno intensità del pericolo e adeguatezza delle misure contenitive adottate. In un siffatto contesto, cova la minaccia di pulsioni e derive estremistiche pronte a cogliere l’occasione per dare sfogo ai propri istinti eversivi, non necessariamente, almeno in prima battuta, ricorrendo alla violenza fisica, bensì sfruttando la propria capacità di mimetizzarsi onde non consentire una immediata identificazione del rischio per la tenuta delle libere Istituzioni. Al contempo, però, ricorrendo alla mistificazione della realtà, all’interno di un contesto sociale non pienamente aduso a procedere ad un vaglio critico delle informazioni (passivamente) ricevute, viene gradualmente insinuato il seme del dubbio, tipico delle teorie cospirazioniste e/o complottiste, allo scopo di delegittimare le iniziative attivate per contrastare efficacemente e rimuovere definitivamente il pericolo inveratosi. Facendo leva, quindi, sul senso di scoramento, si persegue l’obiettivo di divenire portatori, agli occhi della collettività ormai turbata e demoralizzata, della verità non detta, (mal)celata in ragione della difesa di egoistici interessi ascrivibili ad una élite desiderosa esclusivamente di mantenere il potere a scapito della comunità inerme. Al cospetto di consimili evenienze, onde arginare siffatte derive antidemocratiche, va contrapposta la promozione di una “cultura costituzionale” quale “quarto elemento costitutivo dello Stato” mediante la quale consolidare un idem sentire cosciente e consapevole dell’irrinunciabile saldezza dei valori di libertà da erigere a barriera invalicabile, anche nel corso di uno stato di crisi, contro ogni autoritarismo.
2024
979-12-5976-924-4
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11570/3317419
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