Il saggio analizza il ruolo degli attori e dei gruppi di interesse nel cambiamento delle politiche di sviluppo territoriale in Italia, con particolare attenzione al Mezzogiorno. Storicamente (nel secondo dopoguerra), i gruppi di interesse erano formalmente marginali nel processo decisionale, poiché il sistema dei partiti fungeva da "gatekeeper", e prevalevano forme di mobilizzazione informale come il particolarismo e il clientelismo. Gli anni Novanta rappresentano un punto di svolta, con un crescente interesse per la dimensione locale e il coinvolgimento degli attori nei processi di sviluppo. Questo cambiamento è stato favorito dalla crisi delle strutture partitiche e amministrative, dal recupero di centralità della questione del Mezzogiorno, dalla perdita di fiducia negli strumenti "dall'alto" e dall'affermazione di modelli come la specializzazione flessibile nella "Terza Italia". In questo contesto nascono esperienze come la programmazione negoziata e i patti territoriali. I patti territoriali sono presentati come un esperimento chiave per attivare gli attori locali e promuovere accordi concertati per alimentare traiettorie endogene di sviluppo. Tuttavia, l'esperienza ha mostrato criticità: quadri regolativi incerti, diversità nella dotazione istituzionale dei territori, indebolimento dell'investimento pubblico ordinario che ha limitato l'addizionalità delle risorse, e una "torsione erogativa" delle politiche, che ha privilegiato l'approvazione diffusa dei progetti rispetto alla selettività strategica. L'analisi del ruolo dei gruppi di interesse mostra che la loro influenza, marginale nel periodo post-bellico, è cresciuta con il tramonto del fordismo e la crisi del sistema partitico tradizionale. La loro capacità di condizionamento varia lungo il ciclo di policy (aumentando nelle fasi di implementazione) e il ciclo di governo, man mano che la necessità di risorse esterne rende strategica l'interazione. Lo studio di queste dinamiche può avvenire tramite approcci istituzionali o processuali, come il Policy Network Approach. In conclusione, l'apertura e il maggiore coinvolgimento degli attori nelle politiche di sviluppo territoriale riflettono profonde trasformazioni della società contemporanea. Le problematiche emerse, in particolare nel Mezzogiorno con la fragilità dei territori e il disinvestimento pubblico, hanno portato a un ritorno di interesse per forme di gestione più centralizzate degli interventi che, se generalizzate, rischiano tuttavia di rinunciare agli strumenti necessari per affrontare la complessità e promuovere l'innovazione al livello locale.
Attori e gruppi di interesse nel cambiamento delle politiche per lo sviluppo territoriale
biagiotti, andrea
2025-01-01
Abstract
Il saggio analizza il ruolo degli attori e dei gruppi di interesse nel cambiamento delle politiche di sviluppo territoriale in Italia, con particolare attenzione al Mezzogiorno. Storicamente (nel secondo dopoguerra), i gruppi di interesse erano formalmente marginali nel processo decisionale, poiché il sistema dei partiti fungeva da "gatekeeper", e prevalevano forme di mobilizzazione informale come il particolarismo e il clientelismo. Gli anni Novanta rappresentano un punto di svolta, con un crescente interesse per la dimensione locale e il coinvolgimento degli attori nei processi di sviluppo. Questo cambiamento è stato favorito dalla crisi delle strutture partitiche e amministrative, dal recupero di centralità della questione del Mezzogiorno, dalla perdita di fiducia negli strumenti "dall'alto" e dall'affermazione di modelli come la specializzazione flessibile nella "Terza Italia". In questo contesto nascono esperienze come la programmazione negoziata e i patti territoriali. I patti territoriali sono presentati come un esperimento chiave per attivare gli attori locali e promuovere accordi concertati per alimentare traiettorie endogene di sviluppo. Tuttavia, l'esperienza ha mostrato criticità: quadri regolativi incerti, diversità nella dotazione istituzionale dei territori, indebolimento dell'investimento pubblico ordinario che ha limitato l'addizionalità delle risorse, e una "torsione erogativa" delle politiche, che ha privilegiato l'approvazione diffusa dei progetti rispetto alla selettività strategica. L'analisi del ruolo dei gruppi di interesse mostra che la loro influenza, marginale nel periodo post-bellico, è cresciuta con il tramonto del fordismo e la crisi del sistema partitico tradizionale. La loro capacità di condizionamento varia lungo il ciclo di policy (aumentando nelle fasi di implementazione) e il ciclo di governo, man mano che la necessità di risorse esterne rende strategica l'interazione. Lo studio di queste dinamiche può avvenire tramite approcci istituzionali o processuali, come il Policy Network Approach. In conclusione, l'apertura e il maggiore coinvolgimento degli attori nelle politiche di sviluppo territoriale riflettono profonde trasformazioni della società contemporanea. Le problematiche emerse, in particolare nel Mezzogiorno con la fragilità dei territori e il disinvestimento pubblico, hanno portato a un ritorno di interesse per forme di gestione più centralizzate degli interventi che, se generalizzate, rischiano tuttavia di rinunciare agli strumenti necessari per affrontare la complessità e promuovere l'innovazione al livello locale.Pubblicazioni consigliate
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