Parlare delle nostre esperienze olfattive, del modo in cui abbiamo cognizione del mondo attraverso gli odori e cerchiamo di rappresentarcelo, è in un certo senso azzardato. Anche se viviamo immersi negli odori, anzi annusiamo con ogni respiro, quando cerchiamo di descrivere un odore le parole ci vengono a mancare. Non è un caso che l’olfatto, la nostra modalità di accesso al mondo più “animale” ed emozionale, venga considerato “il senso muto”, l’unico privo di parole e anche il meno cognitivo dei sensi. Gran parte degli studi contemporanei sui processi di conoscenza del mondo e sul modo in cui i parlanti traducono l’universo percettivo in linguaggio, in particolare le ricerche che si collocano in una prospettiva cognitivista, privilegiano le esperienze visive e uditive. Gli input sensoriali che scatenano risposte scarsamente verbalizzabili o non coscienti tendono invece ad essere ignorati. L’olfatto, invece, classificato come il meno oggettivo dei sensi, il più “privato”, è stato largamente disprezzato da filosofi antichi e moderni che lo hanno considerato poco adatto alle idealizzazioni e alle astrazioni. Riteniamo che il problema di comprendere in che modo la mente linguistica dell’animale umano processa e verbalizzizza le conoscenze provenienti dal più primordiale, viscerale ed emozionale dei nostri sistemi sensoriali e cerebrali - già abbastanza poco studiato in neurofisiologia sensoriale e in psicologia, e ancora meno presente negli sviluppi delle ricerche cognitive - possa avere rilevanza teorica nel dibattito contemporaneo delle scienze cognitive e del linguaggio, nella misura in cui entro una prospettiva anticartesiana e antiriduzionista ci permetta di sondare da un ambito inconsueto l’intreccio tra mente e corpo, cognitivo ed emozionale, linguistico e non linguistico. All’interno del quadro teorico sinteticamente delineato, in questo contributo, per ragioni di economicità ed essenzialità, focalizzeremo l’attenzione in particolare sulla sfida linguistica rappresentata dalla degustazione di un vino, un compito cognitivo in cui il “lavoro del naso” è complesso e difficile, oltre che essenziale.
Annusare e parlare. La degustazione come esperienza linguistica
CAVALIERI, Rosalia
2004-01-01
Abstract
Parlare delle nostre esperienze olfattive, del modo in cui abbiamo cognizione del mondo attraverso gli odori e cerchiamo di rappresentarcelo, è in un certo senso azzardato. Anche se viviamo immersi negli odori, anzi annusiamo con ogni respiro, quando cerchiamo di descrivere un odore le parole ci vengono a mancare. Non è un caso che l’olfatto, la nostra modalità di accesso al mondo più “animale” ed emozionale, venga considerato “il senso muto”, l’unico privo di parole e anche il meno cognitivo dei sensi. Gran parte degli studi contemporanei sui processi di conoscenza del mondo e sul modo in cui i parlanti traducono l’universo percettivo in linguaggio, in particolare le ricerche che si collocano in una prospettiva cognitivista, privilegiano le esperienze visive e uditive. Gli input sensoriali che scatenano risposte scarsamente verbalizzabili o non coscienti tendono invece ad essere ignorati. L’olfatto, invece, classificato come il meno oggettivo dei sensi, il più “privato”, è stato largamente disprezzato da filosofi antichi e moderni che lo hanno considerato poco adatto alle idealizzazioni e alle astrazioni. Riteniamo che il problema di comprendere in che modo la mente linguistica dell’animale umano processa e verbalizzizza le conoscenze provenienti dal più primordiale, viscerale ed emozionale dei nostri sistemi sensoriali e cerebrali - già abbastanza poco studiato in neurofisiologia sensoriale e in psicologia, e ancora meno presente negli sviluppi delle ricerche cognitive - possa avere rilevanza teorica nel dibattito contemporaneo delle scienze cognitive e del linguaggio, nella misura in cui entro una prospettiva anticartesiana e antiriduzionista ci permetta di sondare da un ambito inconsueto l’intreccio tra mente e corpo, cognitivo ed emozionale, linguistico e non linguistico. All’interno del quadro teorico sinteticamente delineato, in questo contributo, per ragioni di economicità ed essenzialità, focalizzeremo l’attenzione in particolare sulla sfida linguistica rappresentata dalla degustazione di un vino, un compito cognitivo in cui il “lavoro del naso” è complesso e difficile, oltre che essenziale.Pubblicazioni consigliate
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