Tra fine anni ottanta e inizi novanta del secolo XVI un siciliano della Compagnia di Gesù elabora un ambizioso progetto: scrivere un libro di testo per insegnare l’architettura. L’iniziativa trae ispirazione dall’esigenza di superare, con la formazione di nuovi architetti, i numerosi problemi che rallentano e talvolta ostacolano le progettualità e i cantieri siciliani dell’Ordine. Come nella prassi dell’esordio pedagogico dei Gesuiti, i libri di testo utilizzati venivano selezionati tra le opere già pubblicate, su cui si operavano opportuni emendamenti per omologarle ai principi ignaziani. Per l’architettura l’opera-guida prescelta ricadeva sul trattato di Leon Battista Alberti, nel volgarizzamento di Cosimo Bartoli. Nel nostro caso il testo veniva ora copiato, ora sintetizzato, quindi censurato oppure integrato dall’autore anonimo con contributi originali, anche difformi dalla lezione albertiana, talvolta con prestiti da Palladio. Lo spettro della Controriforma e, in particolare, la disciplina con cui Antonio Possevino aveva stigmatizzato il buon architetto cristiano in sintonia con le volontà di Sisto V, avevano escluso il trattato di Sebastiano Serlio tra i libri consigliati nella Bibliotheca selecta. Ma tale suggerimento giungeva tardivo. Il trattatista bolognese era ovunque e Mai pagine di architettura avevano “invaso” la Sicilia come le sue dei Libri Terzo e Quarto. L’autore anonimo conosceva l’opera di Serlio in epoca precedente la lettura di Alberti e Palladio: la sua lezione, benché criptata, rifluiva infatti nel nuovo libro di testo. Altre contingenze muovevano da Messina. La sede storica del Collegio Prototipo nella città dello Stretto, il primo cioè gestito in collaborazione con l’amministrazione cittadina, aperto a quanti intendessero istruirsi, aveva diffuso l’idea della sperimentazione didattica: perché non provare a insegnare anche l’Architettura, in un momento di importanti nuove trattative tra Senato cittadino e Curia generalizia dell’Ordine? Nel 1589 moriva l’architetto della città Andrea Calamecca e, forse non casualmente, a margine dell’iniziativa gesuitica condotta dall’autore anonimo, giungeva da Roma il siciliano Jacopo Del Duca, che certo sembra occupare un ruolo, non già nella stesura del libro di testo, quanto nel riferimento al suo alto magistero professionale che chiaramente vi si può riscontrare, sebbene in poche pagine. Poi una vicenda imprevedibile, come la probabile morte dell’autore anonimo, interrompeva l’iniziativa, lasciandola incompleta e inattuata, alimentando così l’utopia cinquecentesca di insegnare l’architettura dai banchi di una scuola, com’era già accaduto a Siena con Baldassarre Peruzzi.

"Libro di Architettura". Da L.B. Alberti ad anonimo gesuita siciliano del tardo secololo XVI

ARICO', Nicola
2005-01-01

Abstract

Tra fine anni ottanta e inizi novanta del secolo XVI un siciliano della Compagnia di Gesù elabora un ambizioso progetto: scrivere un libro di testo per insegnare l’architettura. L’iniziativa trae ispirazione dall’esigenza di superare, con la formazione di nuovi architetti, i numerosi problemi che rallentano e talvolta ostacolano le progettualità e i cantieri siciliani dell’Ordine. Come nella prassi dell’esordio pedagogico dei Gesuiti, i libri di testo utilizzati venivano selezionati tra le opere già pubblicate, su cui si operavano opportuni emendamenti per omologarle ai principi ignaziani. Per l’architettura l’opera-guida prescelta ricadeva sul trattato di Leon Battista Alberti, nel volgarizzamento di Cosimo Bartoli. Nel nostro caso il testo veniva ora copiato, ora sintetizzato, quindi censurato oppure integrato dall’autore anonimo con contributi originali, anche difformi dalla lezione albertiana, talvolta con prestiti da Palladio. Lo spettro della Controriforma e, in particolare, la disciplina con cui Antonio Possevino aveva stigmatizzato il buon architetto cristiano in sintonia con le volontà di Sisto V, avevano escluso il trattato di Sebastiano Serlio tra i libri consigliati nella Bibliotheca selecta. Ma tale suggerimento giungeva tardivo. Il trattatista bolognese era ovunque e Mai pagine di architettura avevano “invaso” la Sicilia come le sue dei Libri Terzo e Quarto. L’autore anonimo conosceva l’opera di Serlio in epoca precedente la lettura di Alberti e Palladio: la sua lezione, benché criptata, rifluiva infatti nel nuovo libro di testo. Altre contingenze muovevano da Messina. La sede storica del Collegio Prototipo nella città dello Stretto, il primo cioè gestito in collaborazione con l’amministrazione cittadina, aperto a quanti intendessero istruirsi, aveva diffuso l’idea della sperimentazione didattica: perché non provare a insegnare anche l’Architettura, in un momento di importanti nuove trattative tra Senato cittadino e Curia generalizia dell’Ordine? Nel 1589 moriva l’architetto della città Andrea Calamecca e, forse non casualmente, a margine dell’iniziativa gesuitica condotta dall’autore anonimo, giungeva da Roma il siciliano Jacopo Del Duca, che certo sembra occupare un ruolo, non già nella stesura del libro di testo, quanto nel riferimento al suo alto magistero professionale che chiaramente vi si può riscontrare, sebbene in poche pagine. Poi una vicenda imprevedibile, come la probabile morte dell’autore anonimo, interrompeva l’iniziativa, lasciandola incompleta e inattuata, alimentando così l’utopia cinquecentesca di insegnare l’architettura dai banchi di una scuola, com’era già accaduto a Siena con Baldassarre Peruzzi.
2005
Architettura/CIttà
9788875600006
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11570/1671592
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