Il saggio intende ricostruire i limiti e le modalità della transizione della Serbia alla democrazia e il ruolo svolto dall'Unione europea in questo percorso. L'analisi, che parte da considerazioni sull'intervento della NATO in Kosovo nel 1999, evidenzia le responsabilità internazionali nella caduta del regime di Milosevic e valuta l'impatto delle strategie di adeguamento agli standard di democrazia e stato di diritto imposte dall'UE nella fase di pre-adesione della Serbia all'organizzazione, sottolineandone i limiti e gli ostacoli interni alla piena realizzazione. Resistenze di carattere interne, che affondano le loro radici nella cultura nazionalista serba, e inefficacia degli strumenti di pre-adesione, compresi i programmi di sviluppo economico-sociale e regime building vengono indicate come i fattori di maggiore rilevanza per il fallimento, fino al 2004, delle politiche di avvicinamento della Serbia agli standard di democratizzazione richiesti dall'UE. L'azione di quest'ultima, volta a “sostenere i Paesi dell’Europa Sud-orientale nei loro sforzi di sviluppare la pace, la democrazia, il rispetto dei diritti umani e la prosperità economica, allo scopo di raggiungere la stabilità nell’intera regione” non vengono infatti realizzati e lo sforzo concomitante di altre organizzazioni internazionali, quali l’OSCE e il Consiglio d’Europa assieme a quello di altre Organizzazioni non Governative (locali ed internazionali) non è probabilmente sufficiente a stimolare energie reattive. Lo studio evidenzia che, fino al 2004, soltanto la previsione di progetti mirati, largamente studiati nelle dinamiche e negli effetti, ed adeguatamente finanziati, potrebbe servire a modificare quel generico approccio al cambiamento che come è stato fin qui concepito dall’UE, e che potrebbe rappresentare una efficace antidoto alle forti spinte di antimodernizzazione ancora presenti nel paese.
L'Unione Europea e la difficile transizione della Serbia alla democrazia
SAIJA, Marcello
2006-01-01
Abstract
Il saggio intende ricostruire i limiti e le modalità della transizione della Serbia alla democrazia e il ruolo svolto dall'Unione europea in questo percorso. L'analisi, che parte da considerazioni sull'intervento della NATO in Kosovo nel 1999, evidenzia le responsabilità internazionali nella caduta del regime di Milosevic e valuta l'impatto delle strategie di adeguamento agli standard di democrazia e stato di diritto imposte dall'UE nella fase di pre-adesione della Serbia all'organizzazione, sottolineandone i limiti e gli ostacoli interni alla piena realizzazione. Resistenze di carattere interne, che affondano le loro radici nella cultura nazionalista serba, e inefficacia degli strumenti di pre-adesione, compresi i programmi di sviluppo economico-sociale e regime building vengono indicate come i fattori di maggiore rilevanza per il fallimento, fino al 2004, delle politiche di avvicinamento della Serbia agli standard di democratizzazione richiesti dall'UE. L'azione di quest'ultima, volta a “sostenere i Paesi dell’Europa Sud-orientale nei loro sforzi di sviluppare la pace, la democrazia, il rispetto dei diritti umani e la prosperità economica, allo scopo di raggiungere la stabilità nell’intera regione” non vengono infatti realizzati e lo sforzo concomitante di altre organizzazioni internazionali, quali l’OSCE e il Consiglio d’Europa assieme a quello di altre Organizzazioni non Governative (locali ed internazionali) non è probabilmente sufficiente a stimolare energie reattive. Lo studio evidenzia che, fino al 2004, soltanto la previsione di progetti mirati, largamente studiati nelle dinamiche e negli effetti, ed adeguatamente finanziati, potrebbe servire a modificare quel generico approccio al cambiamento che come è stato fin qui concepito dall’UE, e che potrebbe rappresentare una efficace antidoto alle forti spinte di antimodernizzazione ancora presenti nel paese.Pubblicazioni consigliate
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