Il terratico, contratto consuetudinario largamente diffuso in alcune zone della Sicilia, ha posto un problema di inquadramento sistematico e di riconduzione entro gli schemi legislativi tradizionali e tipici. Le peculiari clausole consuetudinarie che lo disciplinano, per quanto gli facciano assumere una fisionomia singolare, non sono tali da incidere in maniera determinante sull’assetto di interessi assunto come termine per la ricostruzione del rapporto secondo lo schema legislativo tipico dell’affitto di fondi rustici. Il terratico, dunque, è un contratto agrario di concessione di fondi rustici e, a seconda se stipulato prima o dopo l’entrata in vigore della L. 203/1982, deve essere rispettivamente convertito o ricondotto, sulla base dell’art. 27 della detta legge, all’affitto. In virtù di tali considerazioni, l’affittuario (rectius, terratichiere), ai sensi dell’art. 10 L. 11/1971, ha ampi poteri di iniziativa che travalicano la mera attività di collaborazione o subordinazione e che si concretizzano nella possibilità di effettuare cambiamenti nell’uso produttivo del bene, pur sempre, però, previo consenso del proprietario-concedente, pena la risoluzione del rapporto. Non ogni alterazione del fondo posta in essere dall’affittuario, tuttavia, può integrare una ipotesi di grave inadempimento e comportare, così, l’automatica risoluzione del rapporto. In questa ottica, tutti gli interventi ed opere comportanti modifiche di colture agevolmente reversibili senza costi ingenti, non implicanti diminuzione del valore del terreno e, dunque, pregiudizio al patrimonio del locatore, sembrerebbero potere rientrare tra i legittimi poteri dell’affittuario.

Sul mutamento unilaterale dell'ordinamento colturale del fondo rustico quale causa di risoluzione di un contratto di affitto (rectius terratico)

TOMMASINI, Alessandra
2007-01-01

Abstract

Il terratico, contratto consuetudinario largamente diffuso in alcune zone della Sicilia, ha posto un problema di inquadramento sistematico e di riconduzione entro gli schemi legislativi tradizionali e tipici. Le peculiari clausole consuetudinarie che lo disciplinano, per quanto gli facciano assumere una fisionomia singolare, non sono tali da incidere in maniera determinante sull’assetto di interessi assunto come termine per la ricostruzione del rapporto secondo lo schema legislativo tipico dell’affitto di fondi rustici. Il terratico, dunque, è un contratto agrario di concessione di fondi rustici e, a seconda se stipulato prima o dopo l’entrata in vigore della L. 203/1982, deve essere rispettivamente convertito o ricondotto, sulla base dell’art. 27 della detta legge, all’affitto. In virtù di tali considerazioni, l’affittuario (rectius, terratichiere), ai sensi dell’art. 10 L. 11/1971, ha ampi poteri di iniziativa che travalicano la mera attività di collaborazione o subordinazione e che si concretizzano nella possibilità di effettuare cambiamenti nell’uso produttivo del bene, pur sempre, però, previo consenso del proprietario-concedente, pena la risoluzione del rapporto. Non ogni alterazione del fondo posta in essere dall’affittuario, tuttavia, può integrare una ipotesi di grave inadempimento e comportare, così, l’automatica risoluzione del rapporto. In questa ottica, tutti gli interventi ed opere comportanti modifiche di colture agevolmente reversibili senza costi ingenti, non implicanti diminuzione del valore del terreno e, dunque, pregiudizio al patrimonio del locatore, sembrerebbero potere rientrare tra i legittimi poteri dell’affittuario.
2007
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