L’ambiente, in senso unitario, si configura quale bene complesso, caratterizzato dai valori estetico-culturale, igienico-sanitario, ed ecologico-abitativo, assurgendo a bene pubblico immateriale, la cui natura non preclude la doppia tutela, patrimoniale e non patrimoniale, relativa alla lesione di quell’insieme di beni materiali o immateriali determinati, in cui esso si sostanzia e delimita territorialmente. Sulla scorta di queste premesse, il contributo si inquadra all’interno degli studi giusprivatistici della tematica ambientale, polarizzandosi essenzialmente sull’analisi del risarcimento del danno ambientale, anche alla luce delle peculiari indicazioni provenienti dal versante comunitario sin dalla pubblicazione - nel maggio del 1993 - da parte della Commissione delle Comunità Europee, del Libro Verde sul risarcimento dei danni all’ambiente, e, successivamente, con l’emanazione della Direttiva 2004/35/CE in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. L’analisi muove anzitutto dalla evidenziazione dei caratteri per certi versi eversivi - rispetto alla struttura ed alla funzione della fattispecie delineata dalla lex aquilia ex art. 2043 c.c. - della responsabilità per danno ambientale siccome configurata dall’art. 18 della legge istitutiva del Ministero dell’ambiente. Trattasi certamente di una ipotesi di responsabilità speciale, connotata, cioè, da presupposti e criteri tendenzialmente divergenti dai presupposti e criteri che stanno alla base della figura generale della responsabilità civile. Il percorso argomentativo si segnala, successivamente, per l’enucleazione dei limiti che connotano la disciplina predetta. La tutela risarcitoria ex art. 18, rileva, infatti, l’autore, non appare immune da limiti di ordine intrinseco ed estrinseco. Per un verso, quantomeno discutibile appare la scelta di una configurazione essenzialmente soggettiva della responsabilità per illecito ambientale; nonostante l’impresa integri normalmente il ruolo di attore dell’illecito ambientale, il legislatore non ha individuato nel rischio d’impresa il criterio fondativo della responsabilità. Per altro verso - conclude l’autore - i limiti di ordine estrinseco attengono invece alla scarsa efficienza di una tutela ambientale essenzialmente concepita in chiave successiva, e non già, viceversa, sufficientemente orientata alla valorizzazione di logiche anticipatorie o preventive dell’intervento della giuridicità.

Tutela dell'ambiente e danno ambientale

TOMMASINI, Raffaele
2007-01-01

Abstract

L’ambiente, in senso unitario, si configura quale bene complesso, caratterizzato dai valori estetico-culturale, igienico-sanitario, ed ecologico-abitativo, assurgendo a bene pubblico immateriale, la cui natura non preclude la doppia tutela, patrimoniale e non patrimoniale, relativa alla lesione di quell’insieme di beni materiali o immateriali determinati, in cui esso si sostanzia e delimita territorialmente. Sulla scorta di queste premesse, il contributo si inquadra all’interno degli studi giusprivatistici della tematica ambientale, polarizzandosi essenzialmente sull’analisi del risarcimento del danno ambientale, anche alla luce delle peculiari indicazioni provenienti dal versante comunitario sin dalla pubblicazione - nel maggio del 1993 - da parte della Commissione delle Comunità Europee, del Libro Verde sul risarcimento dei danni all’ambiente, e, successivamente, con l’emanazione della Direttiva 2004/35/CE in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. L’analisi muove anzitutto dalla evidenziazione dei caratteri per certi versi eversivi - rispetto alla struttura ed alla funzione della fattispecie delineata dalla lex aquilia ex art. 2043 c.c. - della responsabilità per danno ambientale siccome configurata dall’art. 18 della legge istitutiva del Ministero dell’ambiente. Trattasi certamente di una ipotesi di responsabilità speciale, connotata, cioè, da presupposti e criteri tendenzialmente divergenti dai presupposti e criteri che stanno alla base della figura generale della responsabilità civile. Il percorso argomentativo si segnala, successivamente, per l’enucleazione dei limiti che connotano la disciplina predetta. La tutela risarcitoria ex art. 18, rileva, infatti, l’autore, non appare immune da limiti di ordine intrinseco ed estrinseco. Per un verso, quantomeno discutibile appare la scelta di una configurazione essenzialmente soggettiva della responsabilità per illecito ambientale; nonostante l’impresa integri normalmente il ruolo di attore dell’illecito ambientale, il legislatore non ha individuato nel rischio d’impresa il criterio fondativo della responsabilità. Per altro verso - conclude l’autore - i limiti di ordine estrinseco attengono invece alla scarsa efficienza di una tutela ambientale essenzialmente concepita in chiave successiva, e non già, viceversa, sufficientemente orientata alla valorizzazione di logiche anticipatorie o preventive dell’intervento della giuridicità.
2007
9788849514216
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11570/1706995
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact