Il Pantano salmastro di Faro è situato nell’estremità nord-orientale della Sicilia e si affaccia sullo Stretto di Messina in prossimità di Capo Peloro, a nord-est del vicino Pantano di Ganzirri. Questa vasta area di stagni salmastri ( in origine 4 ) sono stati formati da materiale alluvionale portato da numerosi torrenti e dalle dinamiche delle forti correnti mareali dello Stretto di Messina (Giuffrè G. & Pezzani R., 2005). Il Pantano salmastro di Faro raggiunge la quota massima di 30 m, originando un ambiente profondo anossico ricco di idrogeno solforato. Il Pantano, data la limitata circolazione delle acque in profondità, mostra le caratteristiche di un ambiente meromittico e presenta peculiari caratteristiche biologiche. Scopo della ricerca è verificare la presenza di alcuni metalli pesanti ( Pb, Ni e Cd ) nei primi anelli della catena trofica. Molti studi sono stati effettuati in laghi inquinati dove le piante hanno un ruolo importante nella catena trofica in quanto i loro detriti rappresentano cibo per molti organismi. Infatti le piante accumulando nei loro tessuti inquinanti li trasferiscono in seguito ai consumatori (S. Weis et al. 2002). A tal fine, in tarda primavera, sono stati effettuati una serie di prelievi e rilevati alcuni parametri chimico-fisici delle acque con sonda multiparametrica WTW Multi 340i/SET. Sono stati isolati, tramite filtrazione, campioni di Picoplancton (> 0,22 μm, < 3 μm ) e Nanomicroplancton ((> 3 μm, < 200 μm ). Inoltre un campione di acqua di superficie è stato fissato con formaldeide, tamponata con esametiltetramina, per l’analisi del nanomicrofitoplanton secondo il metodo Utermöhl. Sono stati prelevati campioni sia di produttori primari come la macroalga Ulva lactuca L. e la fanerogama marina Cymodocea nodosa (Ucria) Asch e una pianta ripariale alofila come la Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud., sia filter feeders come Mytilus galloprovincialis (Lamarck) e l’ascidia Styela plicata (Lesueur). I campioni sono stati fissati in glutaraldeide 2% + paraformaldeide 2% (1:1) in tampone fosfato (0.05 M, pH 6.9) e acqua di mare (1:1) (A. G. Pearse 1981). I produttori primari sono stati processati per l’inclusione in paraffina e sezionati. Le sezioni sono state colorate per la caratterizzazione istologica al fine di rilevare modificazioni cito-istologiche e per evidenziare la presenza di eventuali metalli. Tutti i campioni sono stati analizzati per la determinazione quantitativa dei metalli tramite Assorbimento Atomico. I risultati sono la media di determinazioni effettuate + deviazione standard e la concentrazione dei metalli stessi è espressa in �g/kg di sostanza secca. I dati chimico-fisici sono i seguenti: Luogo: Pantano di Faro Nord Data e ora: 11/06/2007 – (12:10) pH: 8,21 Temp. (C°): 25,1 Conducibilità (mS/cm): 51,6 Ossigeno (mg/l): 2,98 Salinità PSU: 1026 Il nanomicrofitoplancton ha mostrato una ampia dominanza delle diatomee con 2,79 x 106 cell/l che si esprimevano fondamentalmente con catene di piccoli Chaetoceros sp seguite, a grande distanza da Pseudonitzschia sp.. Presenti anche Criptophyceae (1,86 x 105 cell/l), altri fitoflagellati (4 x 105 cell/l) ed occasionali Peridinee. Sono stati osservati anche organismi appartenenti al nanomicrozoplancton come piccoli Protozoi Ciliati (2,24 x 104 cell/l). Le analisi e le osservazioni effettuate su Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud ci inducono a considerarla un discreto accumulatore di metalli pesanti, anche se il rilevamento all’assorbimento atomico è stato realizzato solo a livello fogliare, con 53 μg/Kg di Ni, 3.4 μg/Kg di Cd e 145 μg/Kg di Pb. Istologicamente abbiamo osservato, a livello del tessuto epidermico fogliare e del parenchima clorofilliano, accumulo di metalli con Benzothiazolylazonaphthol (Y. Sumi et al. 1982). La presenza di Ni è stata rilevata con Dimethylglioxime (A. G. Pearse 1981) nelle pareti tangenziali esterne delle cellule dell’epidermide fogliare. Nel fusto della Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud l’accumulo di Nickel è stato osservato nelle pareti di alcune cellule del parenchima fondamentale. Le osservazioni istologiche sul rizoma e sulle radici e sulle foglie di Cymodocea nodosa (Ucria) Asch mostrano presenza e accumulo di metalli nelle cellule dell’epidermide delle foglie, ed in particolare in quelle del rizoma e del rizoderma (Y. Sumi et al. 1982). A livello del tessuto epidermico, in particolare nella parete tangenziale esterna delle cellule epidermiche è stato rilevato Nickel (A. G. Pearse 1981). Le analisi con l’assorbimento atomico confermano i dati istologici e mostrano una netta differenza tra rizoma e radici da una parte con 94 μg/Kg di Ni, 8,2 μg/Kg di Cd e 400 μg/Kg di Pb e l’apparato fogliare dall’altra con 23 μg/Kg di Ni, 10 μg/Kg di Cd e 174 μg/Kg di Pb. Ulva lactuca L. all’assorbimento atomico ha mostrato di essere una discreta accumulatrice di Ni con 75 μg/Kg, mentre Cd e Pb sono rimasti sotto i limiti di rivelabilità. Per quanto riguarda il Plancton, sono risultati valori di accumulo solo per quanto riguarda il Ni con 17 μg/Kg per il picoplancton e 41 μg/Kg per il nanomicroplancton. Nei filtratori è stato rilevato un modesto accumulo nell’ascidia Styela plicata (Lesueur) con 56 μg/Kg di Ni e 3,2 μg/Kg di Cd mentre il Pb è rimasto sotto i limiti di rivelabilità, di contro Mytilus galloprovincialis (Lamarck) ha mostrato di essere un buon accumulatore di metalli pesanti con 607 μg/Kg di Ni, 30 μg/Kg di Cd e 226 μg/Kg di Pb. I presenti valori, relativamente al Pb, sono decisamente più alti rispetto a quelli rilevati nel Lago di Faro nel 2002 (Licata et al. 2004) allorché in M. galloprovincialis si rilevavano mediamente nella stazione Nord 63,2 ng/g di Cd e 85,2 di Pb. Questa ricerca preliminare conferma il ruolo di bioindicatore di Mytilus galloprovincialis. Sembra che l’apparato radicale della fanerogama marina Cymodocea nodosa (Ucria) Asch giochi un ruolo attivo nell’assorbimento dei metalli pesanti presenti nei sedimenti. Tra i filter feeders esistono sostanziali differenze nelle capacità di accumulo.

Metalli pesanti nei primi anelli della catena trofica nello stagno salmastro meromittico di Faro (ME).

GIUFFRE', Giovanni;MATARESE PALMIERI, Rosina;
2007-01-01

Abstract

Il Pantano salmastro di Faro è situato nell’estremità nord-orientale della Sicilia e si affaccia sullo Stretto di Messina in prossimità di Capo Peloro, a nord-est del vicino Pantano di Ganzirri. Questa vasta area di stagni salmastri ( in origine 4 ) sono stati formati da materiale alluvionale portato da numerosi torrenti e dalle dinamiche delle forti correnti mareali dello Stretto di Messina (Giuffrè G. & Pezzani R., 2005). Il Pantano salmastro di Faro raggiunge la quota massima di 30 m, originando un ambiente profondo anossico ricco di idrogeno solforato. Il Pantano, data la limitata circolazione delle acque in profondità, mostra le caratteristiche di un ambiente meromittico e presenta peculiari caratteristiche biologiche. Scopo della ricerca è verificare la presenza di alcuni metalli pesanti ( Pb, Ni e Cd ) nei primi anelli della catena trofica. Molti studi sono stati effettuati in laghi inquinati dove le piante hanno un ruolo importante nella catena trofica in quanto i loro detriti rappresentano cibo per molti organismi. Infatti le piante accumulando nei loro tessuti inquinanti li trasferiscono in seguito ai consumatori (S. Weis et al. 2002). A tal fine, in tarda primavera, sono stati effettuati una serie di prelievi e rilevati alcuni parametri chimico-fisici delle acque con sonda multiparametrica WTW Multi 340i/SET. Sono stati isolati, tramite filtrazione, campioni di Picoplancton (> 0,22 μm, < 3 μm ) e Nanomicroplancton ((> 3 μm, < 200 μm ). Inoltre un campione di acqua di superficie è stato fissato con formaldeide, tamponata con esametiltetramina, per l’analisi del nanomicrofitoplanton secondo il metodo Utermöhl. Sono stati prelevati campioni sia di produttori primari come la macroalga Ulva lactuca L. e la fanerogama marina Cymodocea nodosa (Ucria) Asch e una pianta ripariale alofila come la Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud., sia filter feeders come Mytilus galloprovincialis (Lamarck) e l’ascidia Styela plicata (Lesueur). I campioni sono stati fissati in glutaraldeide 2% + paraformaldeide 2% (1:1) in tampone fosfato (0.05 M, pH 6.9) e acqua di mare (1:1) (A. G. Pearse 1981). I produttori primari sono stati processati per l’inclusione in paraffina e sezionati. Le sezioni sono state colorate per la caratterizzazione istologica al fine di rilevare modificazioni cito-istologiche e per evidenziare la presenza di eventuali metalli. Tutti i campioni sono stati analizzati per la determinazione quantitativa dei metalli tramite Assorbimento Atomico. I risultati sono la media di determinazioni effettuate + deviazione standard e la concentrazione dei metalli stessi è espressa in �g/kg di sostanza secca. I dati chimico-fisici sono i seguenti: Luogo: Pantano di Faro Nord Data e ora: 11/06/2007 – (12:10) pH: 8,21 Temp. (C°): 25,1 Conducibilità (mS/cm): 51,6 Ossigeno (mg/l): 2,98 Salinità PSU: 1026 Il nanomicrofitoplancton ha mostrato una ampia dominanza delle diatomee con 2,79 x 106 cell/l che si esprimevano fondamentalmente con catene di piccoli Chaetoceros sp seguite, a grande distanza da Pseudonitzschia sp.. Presenti anche Criptophyceae (1,86 x 105 cell/l), altri fitoflagellati (4 x 105 cell/l) ed occasionali Peridinee. Sono stati osservati anche organismi appartenenti al nanomicrozoplancton come piccoli Protozoi Ciliati (2,24 x 104 cell/l). Le analisi e le osservazioni effettuate su Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud ci inducono a considerarla un discreto accumulatore di metalli pesanti, anche se il rilevamento all’assorbimento atomico è stato realizzato solo a livello fogliare, con 53 μg/Kg di Ni, 3.4 μg/Kg di Cd e 145 μg/Kg di Pb. Istologicamente abbiamo osservato, a livello del tessuto epidermico fogliare e del parenchima clorofilliano, accumulo di metalli con Benzothiazolylazonaphthol (Y. Sumi et al. 1982). La presenza di Ni è stata rilevata con Dimethylglioxime (A. G. Pearse 1981) nelle pareti tangenziali esterne delle cellule dell’epidermide fogliare. Nel fusto della Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud l’accumulo di Nickel è stato osservato nelle pareti di alcune cellule del parenchima fondamentale. Le osservazioni istologiche sul rizoma e sulle radici e sulle foglie di Cymodocea nodosa (Ucria) Asch mostrano presenza e accumulo di metalli nelle cellule dell’epidermide delle foglie, ed in particolare in quelle del rizoma e del rizoderma (Y. Sumi et al. 1982). A livello del tessuto epidermico, in particolare nella parete tangenziale esterna delle cellule epidermiche è stato rilevato Nickel (A. G. Pearse 1981). Le analisi con l’assorbimento atomico confermano i dati istologici e mostrano una netta differenza tra rizoma e radici da una parte con 94 μg/Kg di Ni, 8,2 μg/Kg di Cd e 400 μg/Kg di Pb e l’apparato fogliare dall’altra con 23 μg/Kg di Ni, 10 μg/Kg di Cd e 174 μg/Kg di Pb. Ulva lactuca L. all’assorbimento atomico ha mostrato di essere una discreta accumulatrice di Ni con 75 μg/Kg, mentre Cd e Pb sono rimasti sotto i limiti di rivelabilità. Per quanto riguarda il Plancton, sono risultati valori di accumulo solo per quanto riguarda il Ni con 17 μg/Kg per il picoplancton e 41 μg/Kg per il nanomicroplancton. Nei filtratori è stato rilevato un modesto accumulo nell’ascidia Styela plicata (Lesueur) con 56 μg/Kg di Ni e 3,2 μg/Kg di Cd mentre il Pb è rimasto sotto i limiti di rivelabilità, di contro Mytilus galloprovincialis (Lamarck) ha mostrato di essere un buon accumulatore di metalli pesanti con 607 μg/Kg di Ni, 30 μg/Kg di Cd e 226 μg/Kg di Pb. I presenti valori, relativamente al Pb, sono decisamente più alti rispetto a quelli rilevati nel Lago di Faro nel 2002 (Licata et al. 2004) allorché in M. galloprovincialis si rilevavano mediamente nella stazione Nord 63,2 ng/g di Cd e 85,2 di Pb. Questa ricerca preliminare conferma il ruolo di bioindicatore di Mytilus galloprovincialis. Sembra che l’apparato radicale della fanerogama marina Cymodocea nodosa (Ucria) Asch giochi un ruolo attivo nell’assorbimento dei metalli pesanti presenti nei sedimenti. Tra i filter feeders esistono sostanziali differenze nelle capacità di accumulo.
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