Fra il tardo secolo XII e i primi decenni del ‘200, per una molteplicità di cause endogene ed esogene, mutarono nell’Occitania le condizioni politiche, sociali, economiche, istituzionali, amministrative, che avevano consentito la fioritura della poesia trobadorica e i superstiti cultori locali per professione dell’arte lirica cominciarono ad affacciarsi con sempre maggiore frequenza da questa parte delle Alpi, richiamati da una terra che si mostrò subito assai ospitale verso artisti capaci di far conoscere le esperienze civili, le conquiste dello spirito, le riflessioni sulla vita interiore dell’individuo maturate nelle non lontane e risaputamente più progredite contrade del Sud della Francia e di organizzare eventi e passatempi consoni alle domande di istruzione (laica), provenienti da una realtà vogliosa di sfruttare al meglio la sua posizione di tramite fra occidente ed oriente, fra meridione e settentrione, aperta alle sopravvenienti e innovative correnti di cultura europea. Fu soprattutto la parte nord-orientale dell’Italia, ove la casta nobiliare si era di buon’ora impiantata nelle città e aveva con facilità dischiuso le proprie case-torri a quanti erano in grado di allestire raffinati e dilettosi intrattenimenti, quella che si manifestò la più prorompente di vitalità, di iniziative, di esigenze e la più pronta ad assumere la cortesia come canone e paradigma comportamentale se non nella vita di tutti i giorni almeno nelle situazioni festive collettive. I trovatori vennero accolti e riguardati come disseminatori di fermenti utili per l’intera società, come maestri di relazioni interpersonali e di buone maniere, come educatori idonei a orientare e indirizzare verso principî e obiettivi considerati esemplari una composita élite in cerca di punti di riferimento e di valori cui conformarsi.

Esperienza trobadorica e realtà veneta

GUIDA, Saverio
2008-01-01

Abstract

Fra il tardo secolo XII e i primi decenni del ‘200, per una molteplicità di cause endogene ed esogene, mutarono nell’Occitania le condizioni politiche, sociali, economiche, istituzionali, amministrative, che avevano consentito la fioritura della poesia trobadorica e i superstiti cultori locali per professione dell’arte lirica cominciarono ad affacciarsi con sempre maggiore frequenza da questa parte delle Alpi, richiamati da una terra che si mostrò subito assai ospitale verso artisti capaci di far conoscere le esperienze civili, le conquiste dello spirito, le riflessioni sulla vita interiore dell’individuo maturate nelle non lontane e risaputamente più progredite contrade del Sud della Francia e di organizzare eventi e passatempi consoni alle domande di istruzione (laica), provenienti da una realtà vogliosa di sfruttare al meglio la sua posizione di tramite fra occidente ed oriente, fra meridione e settentrione, aperta alle sopravvenienti e innovative correnti di cultura europea. Fu soprattutto la parte nord-orientale dell’Italia, ove la casta nobiliare si era di buon’ora impiantata nelle città e aveva con facilità dischiuso le proprie case-torri a quanti erano in grado di allestire raffinati e dilettosi intrattenimenti, quella che si manifestò la più prorompente di vitalità, di iniziative, di esigenze e la più pronta ad assumere la cortesia come canone e paradigma comportamentale se non nella vita di tutti i giorni almeno nelle situazioni festive collettive. I trovatori vennero accolti e riguardati come disseminatori di fermenti utili per l’intera società, come maestri di relazioni interpersonali e di buone maniere, come educatori idonei a orientare e indirizzare verso principî e obiettivi considerati esemplari una composita élite in cerca di punti di riferimento e di valori cui conformarsi.
2008
9788884556233
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