La misurazione del reddito d’impresa secondo criteri di effettività costituisce una esigenza sentita dal legislatore tributario fin dalla riforma tributaria prevista dalla legge delega 9 ottobre 1971, n. 825. Al raggiungimento dell’obbiettivo di una misurazione del reddito d’impresa secondo criteri di effettività concorre la previsione di un sistema di regole finalizzate alla esatta quantificazione della materia imponibile. Tale sistema di regole è finalizzato a limitare quanto più possibile la discrezionalità dei soggetti che sono preposti alla redazione del bilancio che presuppone, ovviamente, un preventivo processo di valutazione delle componenti del bilancio medesimo, che non è fine a se stesso ma incide e si ripercuote direttamente sulla quantificazione del reddito di esercizio, ed in buona sostanza, sulle imposte da pagare. Il legislatore tributario, in materia di reddito d’impresa, ha compiuto una netta scelta di campo, scartando l’ipotesi di un impianto normativo capace di realizzare un organico sistema di regole di determinazione del reddito d’impresa parallelo a quello civilistico. È stato preferito, viceversa, un assetto normativo volto a disciplinare quei “segmenti” della più complessa fattispecie della determinazione del reddito d’impresa, che, nel contesto di una visione sistematica della disciplina tributaria, avrebbero potuto dar luogo a “criticità applicative” e per i quali si è ritenuto necessario prevedere una specifica regolamentazione tributaria, concorrente con quella civilistica, ma caratterizzata da una minore flessibilità nel processo di valutazione. In buona sostanza, le norme fiscali che disciplinano i componenti positivi di reddito non hanno lo scopo di istituire la loro tassabilità, ma di determinare le modalità della tassazione, così come le norme che disciplinano i componenti negativi non sanciscono la loro deducibilità, ma determinano, nel contesto di norme generali sui componenti del reddito d’impresa e sulle valutazioni, le particolari condizioni, tempi e modalità a cui è subordinata la loro deducibilità. Le valutazioni di bilancio effettuate, quindi, sulla base di norme civilistiche devono, nell’ottica della disciplina tributaria, essere confrontate con i criteri di valutazione dettati dalla normativa fiscale o, meglio, con le limitazioni ai criteri di valutazione imposti dalla normativa fiscale. Qualora le limitazioni imposte dalla disciplina fiscale vengano superate è necessario procedere all’adeguamento del risultato di esercizio, nella sua accezione civilistica, ai criteri di valutazione fiscale, pervenendo a quella entità giuridica, rilevante ai fini tributari, costituita dal reddito d’impresa. In questo contesto assumono rilevanza fiscale non solo le valutazioni soggette a variazioni in sede di determinazione del reddito d’impresa (redazione della dichiarazione annuale), ma anche quelle che non generano variazioni in quanto compatibili e coerenti con i criteri dettati dal legislatore tributario.

RILEVANZA FISCALE DELLE VALUTAZIONI DI BILANCIO

DE DOMENICO, Francesco
2008-01-01

Abstract

La misurazione del reddito d’impresa secondo criteri di effettività costituisce una esigenza sentita dal legislatore tributario fin dalla riforma tributaria prevista dalla legge delega 9 ottobre 1971, n. 825. Al raggiungimento dell’obbiettivo di una misurazione del reddito d’impresa secondo criteri di effettività concorre la previsione di un sistema di regole finalizzate alla esatta quantificazione della materia imponibile. Tale sistema di regole è finalizzato a limitare quanto più possibile la discrezionalità dei soggetti che sono preposti alla redazione del bilancio che presuppone, ovviamente, un preventivo processo di valutazione delle componenti del bilancio medesimo, che non è fine a se stesso ma incide e si ripercuote direttamente sulla quantificazione del reddito di esercizio, ed in buona sostanza, sulle imposte da pagare. Il legislatore tributario, in materia di reddito d’impresa, ha compiuto una netta scelta di campo, scartando l’ipotesi di un impianto normativo capace di realizzare un organico sistema di regole di determinazione del reddito d’impresa parallelo a quello civilistico. È stato preferito, viceversa, un assetto normativo volto a disciplinare quei “segmenti” della più complessa fattispecie della determinazione del reddito d’impresa, che, nel contesto di una visione sistematica della disciplina tributaria, avrebbero potuto dar luogo a “criticità applicative” e per i quali si è ritenuto necessario prevedere una specifica regolamentazione tributaria, concorrente con quella civilistica, ma caratterizzata da una minore flessibilità nel processo di valutazione. In buona sostanza, le norme fiscali che disciplinano i componenti positivi di reddito non hanno lo scopo di istituire la loro tassabilità, ma di determinare le modalità della tassazione, così come le norme che disciplinano i componenti negativi non sanciscono la loro deducibilità, ma determinano, nel contesto di norme generali sui componenti del reddito d’impresa e sulle valutazioni, le particolari condizioni, tempi e modalità a cui è subordinata la loro deducibilità. Le valutazioni di bilancio effettuate, quindi, sulla base di norme civilistiche devono, nell’ottica della disciplina tributaria, essere confrontate con i criteri di valutazione dettati dalla normativa fiscale o, meglio, con le limitazioni ai criteri di valutazione imposti dalla normativa fiscale. Qualora le limitazioni imposte dalla disciplina fiscale vengano superate è necessario procedere all’adeguamento del risultato di esercizio, nella sua accezione civilistica, ai criteri di valutazione fiscale, pervenendo a quella entità giuridica, rilevante ai fini tributari, costituita dal reddito d’impresa. In questo contesto assumono rilevanza fiscale non solo le valutazioni soggette a variazioni in sede di determinazione del reddito d’impresa (redazione della dichiarazione annuale), ma anche quelle che non generano variazioni in quanto compatibili e coerenti con i criteri dettati dal legislatore tributario.
2008
9788834886076
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