Nell’era contemporanea, per effetto della colonizzazione dei secoli precedenti, il mondo è divenuto sempre più un involucro per culture e vite che si sono intrecciate le une alle altre. L’Europa per secoli si è espansa verso le Americhe, l’Australia, l’Africa e l’Asia, per poi implodere lungo il corso del Novecento, importando arte, uomini, merci. Inoltre, per alcuni secoli per effetto della colonizzazione, per circa centoventi anni per effetto delle migrazioni industriali, il continente europeo ha esportato le lingue parlate dai suoi popoli negli altri quattro continenti. Il risultato, in alcuni casi, è stato di aggiungere una nuova lingua a quella indigena, in altri casi quello di sostituire del tutto o quasi gli idiomi locali. Non soltanto. All’interno stesso dell’Europa si è verificato un trasferimento di parlate dal sud verso il nord, dall’est verso l’ovest. Insomma, un effetto deflagrante di dimensioni estese. Nel corso del Novecento e, ancor di più, negli ultimi trenta anni, però, l’Europa è diventata sempre più continente che importa lingue nuove, come il cinese o l’hindi, per effetto di nuovi movimenti migratori, o lingue “di ritorno”, come il castigliano, il luso-portoghese, l’inglese o il francese, per effetto della decolonizzazione e della conseguente immigrazione dall’Africa, dall’America del Sud e dall’Asia. Si è determinata una dimensione diasporica e in viaggio di lingue, culture, immagini, rappresentazioni. L’articolo esamina queste forme contemporanee di intreccio e contaminazione, alla luce delle teorie antropologiche più accreditate.

Parole in viaggio. Minoranze, diaspora, migrazioni

BOLOGNARI, Mario
2008-01-01

Abstract

Nell’era contemporanea, per effetto della colonizzazione dei secoli precedenti, il mondo è divenuto sempre più un involucro per culture e vite che si sono intrecciate le une alle altre. L’Europa per secoli si è espansa verso le Americhe, l’Australia, l’Africa e l’Asia, per poi implodere lungo il corso del Novecento, importando arte, uomini, merci. Inoltre, per alcuni secoli per effetto della colonizzazione, per circa centoventi anni per effetto delle migrazioni industriali, il continente europeo ha esportato le lingue parlate dai suoi popoli negli altri quattro continenti. Il risultato, in alcuni casi, è stato di aggiungere una nuova lingua a quella indigena, in altri casi quello di sostituire del tutto o quasi gli idiomi locali. Non soltanto. All’interno stesso dell’Europa si è verificato un trasferimento di parlate dal sud verso il nord, dall’est verso l’ovest. Insomma, un effetto deflagrante di dimensioni estese. Nel corso del Novecento e, ancor di più, negli ultimi trenta anni, però, l’Europa è diventata sempre più continente che importa lingue nuove, come il cinese o l’hindi, per effetto di nuovi movimenti migratori, o lingue “di ritorno”, come il castigliano, il luso-portoghese, l’inglese o il francese, per effetto della decolonizzazione e della conseguente immigrazione dall’Africa, dall’America del Sud e dall’Asia. Si è determinata una dimensione diasporica e in viaggio di lingue, culture, immagini, rappresentazioni. L’articolo esamina queste forme contemporanee di intreccio e contaminazione, alla luce delle teorie antropologiche più accreditate.
2008
9788862740746
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