La categoria dei beni relazionali, da cui il lavoro prende il titolo, è mutuata dalle scienze economiche e sociali; ma la ricerca si propone di cogliere, sia pure all’interno di una impostazione di taglio interdisciplinare, soprattutto l’importanza e la rilevanza che questi beni assumono anche da un punto di vista giuridico, con riferimento all’organizzazione dei servizi sociali, e più in generale in vista del nuovo ruolo che il diritto amministrativo si riserva di giocare nella riforma del welfare State . Il sistema assistenziale, senza mai avere risolto al suo interno il problema della intersezione con la beneficienza, ha scelto in passato di assolvere al proprio compito, monetizzando, con trasferimenti di denaro pubblico, i bisogni umani e le maggiori insicurezze e penosità del lavoro e finendo con l’affidare le situazioni più complesse a competenze ed istanze di tipo tecnico-professionale afferenti all’ambito medico-sanitario. Al fine di proporre un modello alternativo, è sembrato opportuno ripercorrere a grandi linee, nella parabola secolare dell’assistenza, e quindi nella normativa, giurisprudenza e prassi amministrative in tema di servizi sociali, le tappe che scandiscono il processo di emersione giuridica dei moti affettivi (dai sentimenti di carità a quelli di prossimità, a quelli di empatia). Per lungo tempo il diritto ha relegato i moti dello spirito ad un livello di rilevanza sociale sia pure alto, ma del tutto estraneo al proprio. Solo di recente, i fenomeni affettivi, sia pure sullo sfondo indifferenziato dei vari sentimenti che muovono il soggetto all’azione, hanno cominciato ad assumere il ruolo di criterio ispiratore della strutturazione degli istituti: il sentimento via via si affianca a o si compenetra con l’interesse principale sotteso alla ratio legis, che l’interprete dovrà tenere in considerazione nel determinare il significato delle norme. Tuttavia il progressivo ingresso dei moti dello spirito all’interno del mondo giuridico è stato contrassegnato dalla sottoposizione degli stessi ad un processo di oggettivazione prevalentemente unidirezionale: essi sono stati ammessi sub specie (della ratio) iuris, ossia della giustificazione di una decisione normativa, piuttosto che sub specie facti, ossia in ragione della peculiarità delle situazioni di fatto in cui essi si esprimono. Si è così pervenuti ad una nozione di assistenza standardizzata, in quanto imposta dall’alto e volta a riprodurre su tutto il territorio la fictio del sentire statale, anziché farsi interprete delle effettive necessità dei destinatari. Una nuova rilevanza giuridica, sia pure eccezionale, dei moti affettivi, quale quella sub specie facti, è stata favorita dalla diretta riconduzione alla concreta persona umana – nei termini verificatisi in Italia a seguito dell’entrata in vigore della Costituzione – del fulcro evolutivo dell’esperienza giuridica del nostro ordinamento. In particolare, l’irriducibilità a moduli meramente oggettivi dei valori etici giuridicamente formalizzati si manifestò con specifico riferimento al principio della solidarietà nel suo intreccio col principio di sussidiarietà, ricavabile in seno alla Carta fondamentale dal novero dei diritti-doveri fondamentali, e quindi dotato senza dubbio anche di valenza soggettiva. Le prestazioni non immediatamente esigibili sono state così ricondotte all’oggetto tipico dei diritti finanziariamente condizionati, la cui caratteristica consiste nel presentare, da un lato, il requisito della esigibilità propria dei diritti e, dall’altro, un nesso di causalità tra la soddisfazione dei diritti medesimi e l’entità delle risorse disponibili, nell’arco di un determinato periodo di tempo . In questa ponderazione tra esigenze soggettive e beni che possono soddisfarle si è ritenuto che la ragionevolezza delle scelte potesse essere fruttuosamente agevolata (o assistita) dal riannodarsi delle fila del processo di progressiva emersione giuridica dei fatti di sentimento e della valutazione dei beni relazionali, alla luce degli sviluppi teorici delle intuizioni risalenti a Pugliatti su beni e cose in senso giuridico, e nel contesto di una sempre più specifica configurazione di determinate fattispecie soggettive (come le entità del terzo settore). Negli atti costitutivi di queste figure soggettive la struttura intellettual-volontaristica – pur sempre necessaria per intervenire sulla realtà giuridica – è, tuttavia, utilizzata come semplice veicolo per esprimere e realizzare, già da un punto di vista programmatico, una particolare tensione/reazione emotiva (sentimento di solidarietà, prossimità, empatia ecc.), che accomuna ispira ed anima gli autori dell’atto, e caratterizza e qualifica quest’ultimo rispetto ad altre iniziative, mirate alla medesima finalità pratica (produzione di un determinato servizio), ma con una motivazione ed un animus diversi. Il pathos che investe tali fattispecie ne giustifica ragionevolmente un trattamento agevolato in ragione della circostanza che il bene/servizio da queste entità messo a disposizione degli utenti o dei fruitori risulta da questi ultimi preferito proprio in quanto essi si sentono personalmente coinvolti in progetti di prossimità e quindi ne rendono più vantaggiosa la resa, anche dal punto di vista economico . L’inquadramento dei beni relazionali nella prospettiva appena delineata non risponde semplicemente all’esigenza di una più compiuta e soddisfacente definizione e caratterizzazione dei servizi sociali, a quei beni correlati, all’interno della generica cornice dei servizi pubblici, ma risulta anche utile ad individuare una guide-line che serva a orientare, sul piano dei valori costituzionali, le politiche dei governanti nelle democrazie pluraliste. A tal fine si sono messi a contributo anche i risultati delle recenti analisi economiche del diritto, le quali evidenziano una realtà mercantile segnata da una sorta di crisi di coscienza ed aperta ad un modello di massimizzazione sufficientemente flessibile, così da includere, oltre l’interesse egoistico, esigenze etiche o ragioni sociali. In base a questi studi più recenti, vi sarebbe nella società degli umani come un interesse di fondo o d’insieme a considerarsi reciprocamente debitori. La categoria giuridica dei beni relazionali – definibili come risorse immateriali specifiche di un rapporto di reciprocità/prossimità e da questo inscindibili, e la cui ‘produzione’ si iscrive nel contesto degli incontri tra soggetti dotati di sensibilità comunicativo-affettive impegnate (e ‘consumate’) nel corso dell’interazione fra questi stessi soggetti –, è inquadrata in una rilettura della fenomenologia del diritto relativa ai valori dell’affettività, giovandosi, come si è detto, delle acquisizioni registrate nell’ambito della teoria generale con riferimento alle nozione di bene giuridico (oltre che alla categoria dei fatti di sentimento). Quest’ultimo profilo consente di mettere in evidenza l’opportunità di affrontare il piano di una più precisa definizione dei fondamenti teorici in grado di reggere un nuovo impianto che gli amministrativisti possono proporre per l’organizzazione dell’assistenza, giovandosi appunto delle coordinate dei fatti di sentimento e dei beni relazionali. Per altro, la ricerca ha condotto al reperimento di pratici riscontri delle impostazioni teoriche accolte, riscontri che, sotto il profilo della concorrenza, consentono di affrancare i servizi sociali dalla configurazione meramente negativa agli stessi assegnati da una ristretta accezione giurisprudenziale, che li aveva collegati, sul piano oggettivo, al carattere non economico dell’attività e, sul piano soggettivo, alla natura meramente non profit degli enti erogatori . Una rilettura ragionata e aggiornata dei dati normativi interni, ma soprattutto comunitari (il riferimento è, in particolare, ad alcune Comunicazioni della Commissione Europea del quadriennio 2004-2008 e al protocollo 26 del Trattato di Lisbona) consente di proporre il passaggio ad una nuova fase, quella di un vero e proprio processo di contaminazione del principio della concorrenza da parte del principio di reciprocità, che, all’interno delle stesse attività economiche, è in grado di individuare margini di manovra idonei ad assicurare rilevanza ai fattori emozionali . Lungo questo percorso si è riservata particolare attenzione alle procedure di appalto, allo statuto speciale dell’impresa sociale, al ruolo di autorità indipendente da assegnare all’Agenzia delle Onlus, nonché alla recente introduzione della class action. Tali istituti sono ritenuti idonei ad orientare alcune delle risposte con cui il diritto amministrativo può andare incontro ai disagi delle società coeve.
BENI RELAZIONALI. L'apporto dei fatti di sentimento all'organizzazione dei servizi sociali
BERLINGO', Vittoria
2010-01-01
Abstract
La categoria dei beni relazionali, da cui il lavoro prende il titolo, è mutuata dalle scienze economiche e sociali; ma la ricerca si propone di cogliere, sia pure all’interno di una impostazione di taglio interdisciplinare, soprattutto l’importanza e la rilevanza che questi beni assumono anche da un punto di vista giuridico, con riferimento all’organizzazione dei servizi sociali, e più in generale in vista del nuovo ruolo che il diritto amministrativo si riserva di giocare nella riforma del welfare State . Il sistema assistenziale, senza mai avere risolto al suo interno il problema della intersezione con la beneficienza, ha scelto in passato di assolvere al proprio compito, monetizzando, con trasferimenti di denaro pubblico, i bisogni umani e le maggiori insicurezze e penosità del lavoro e finendo con l’affidare le situazioni più complesse a competenze ed istanze di tipo tecnico-professionale afferenti all’ambito medico-sanitario. Al fine di proporre un modello alternativo, è sembrato opportuno ripercorrere a grandi linee, nella parabola secolare dell’assistenza, e quindi nella normativa, giurisprudenza e prassi amministrative in tema di servizi sociali, le tappe che scandiscono il processo di emersione giuridica dei moti affettivi (dai sentimenti di carità a quelli di prossimità, a quelli di empatia). Per lungo tempo il diritto ha relegato i moti dello spirito ad un livello di rilevanza sociale sia pure alto, ma del tutto estraneo al proprio. Solo di recente, i fenomeni affettivi, sia pure sullo sfondo indifferenziato dei vari sentimenti che muovono il soggetto all’azione, hanno cominciato ad assumere il ruolo di criterio ispiratore della strutturazione degli istituti: il sentimento via via si affianca a o si compenetra con l’interesse principale sotteso alla ratio legis, che l’interprete dovrà tenere in considerazione nel determinare il significato delle norme. Tuttavia il progressivo ingresso dei moti dello spirito all’interno del mondo giuridico è stato contrassegnato dalla sottoposizione degli stessi ad un processo di oggettivazione prevalentemente unidirezionale: essi sono stati ammessi sub specie (della ratio) iuris, ossia della giustificazione di una decisione normativa, piuttosto che sub specie facti, ossia in ragione della peculiarità delle situazioni di fatto in cui essi si esprimono. Si è così pervenuti ad una nozione di assistenza standardizzata, in quanto imposta dall’alto e volta a riprodurre su tutto il territorio la fictio del sentire statale, anziché farsi interprete delle effettive necessità dei destinatari. Una nuova rilevanza giuridica, sia pure eccezionale, dei moti affettivi, quale quella sub specie facti, è stata favorita dalla diretta riconduzione alla concreta persona umana – nei termini verificatisi in Italia a seguito dell’entrata in vigore della Costituzione – del fulcro evolutivo dell’esperienza giuridica del nostro ordinamento. In particolare, l’irriducibilità a moduli meramente oggettivi dei valori etici giuridicamente formalizzati si manifestò con specifico riferimento al principio della solidarietà nel suo intreccio col principio di sussidiarietà, ricavabile in seno alla Carta fondamentale dal novero dei diritti-doveri fondamentali, e quindi dotato senza dubbio anche di valenza soggettiva. Le prestazioni non immediatamente esigibili sono state così ricondotte all’oggetto tipico dei diritti finanziariamente condizionati, la cui caratteristica consiste nel presentare, da un lato, il requisito della esigibilità propria dei diritti e, dall’altro, un nesso di causalità tra la soddisfazione dei diritti medesimi e l’entità delle risorse disponibili, nell’arco di un determinato periodo di tempo . In questa ponderazione tra esigenze soggettive e beni che possono soddisfarle si è ritenuto che la ragionevolezza delle scelte potesse essere fruttuosamente agevolata (o assistita) dal riannodarsi delle fila del processo di progressiva emersione giuridica dei fatti di sentimento e della valutazione dei beni relazionali, alla luce degli sviluppi teorici delle intuizioni risalenti a Pugliatti su beni e cose in senso giuridico, e nel contesto di una sempre più specifica configurazione di determinate fattispecie soggettive (come le entità del terzo settore). Negli atti costitutivi di queste figure soggettive la struttura intellettual-volontaristica – pur sempre necessaria per intervenire sulla realtà giuridica – è, tuttavia, utilizzata come semplice veicolo per esprimere e realizzare, già da un punto di vista programmatico, una particolare tensione/reazione emotiva (sentimento di solidarietà, prossimità, empatia ecc.), che accomuna ispira ed anima gli autori dell’atto, e caratterizza e qualifica quest’ultimo rispetto ad altre iniziative, mirate alla medesima finalità pratica (produzione di un determinato servizio), ma con una motivazione ed un animus diversi. Il pathos che investe tali fattispecie ne giustifica ragionevolmente un trattamento agevolato in ragione della circostanza che il bene/servizio da queste entità messo a disposizione degli utenti o dei fruitori risulta da questi ultimi preferito proprio in quanto essi si sentono personalmente coinvolti in progetti di prossimità e quindi ne rendono più vantaggiosa la resa, anche dal punto di vista economico . L’inquadramento dei beni relazionali nella prospettiva appena delineata non risponde semplicemente all’esigenza di una più compiuta e soddisfacente definizione e caratterizzazione dei servizi sociali, a quei beni correlati, all’interno della generica cornice dei servizi pubblici, ma risulta anche utile ad individuare una guide-line che serva a orientare, sul piano dei valori costituzionali, le politiche dei governanti nelle democrazie pluraliste. A tal fine si sono messi a contributo anche i risultati delle recenti analisi economiche del diritto, le quali evidenziano una realtà mercantile segnata da una sorta di crisi di coscienza ed aperta ad un modello di massimizzazione sufficientemente flessibile, così da includere, oltre l’interesse egoistico, esigenze etiche o ragioni sociali. In base a questi studi più recenti, vi sarebbe nella società degli umani come un interesse di fondo o d’insieme a considerarsi reciprocamente debitori. La categoria giuridica dei beni relazionali – definibili come risorse immateriali specifiche di un rapporto di reciprocità/prossimità e da questo inscindibili, e la cui ‘produzione’ si iscrive nel contesto degli incontri tra soggetti dotati di sensibilità comunicativo-affettive impegnate (e ‘consumate’) nel corso dell’interazione fra questi stessi soggetti –, è inquadrata in una rilettura della fenomenologia del diritto relativa ai valori dell’affettività, giovandosi, come si è detto, delle acquisizioni registrate nell’ambito della teoria generale con riferimento alle nozione di bene giuridico (oltre che alla categoria dei fatti di sentimento). Quest’ultimo profilo consente di mettere in evidenza l’opportunità di affrontare il piano di una più precisa definizione dei fondamenti teorici in grado di reggere un nuovo impianto che gli amministrativisti possono proporre per l’organizzazione dell’assistenza, giovandosi appunto delle coordinate dei fatti di sentimento e dei beni relazionali. Per altro, la ricerca ha condotto al reperimento di pratici riscontri delle impostazioni teoriche accolte, riscontri che, sotto il profilo della concorrenza, consentono di affrancare i servizi sociali dalla configurazione meramente negativa agli stessi assegnati da una ristretta accezione giurisprudenziale, che li aveva collegati, sul piano oggettivo, al carattere non economico dell’attività e, sul piano soggettivo, alla natura meramente non profit degli enti erogatori . Una rilettura ragionata e aggiornata dei dati normativi interni, ma soprattutto comunitari (il riferimento è, in particolare, ad alcune Comunicazioni della Commissione Europea del quadriennio 2004-2008 e al protocollo 26 del Trattato di Lisbona) consente di proporre il passaggio ad una nuova fase, quella di un vero e proprio processo di contaminazione del principio della concorrenza da parte del principio di reciprocità, che, all’interno delle stesse attività economiche, è in grado di individuare margini di manovra idonei ad assicurare rilevanza ai fattori emozionali . Lungo questo percorso si è riservata particolare attenzione alle procedure di appalto, allo statuto speciale dell’impresa sociale, al ruolo di autorità indipendente da assegnare all’Agenzia delle Onlus, nonché alla recente introduzione della class action. Tali istituti sono ritenuti idonei ad orientare alcune delle risposte con cui il diritto amministrativo può andare incontro ai disagi delle società coeve.Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.