Il lavoro tenta di offrire un quadro della circolazione delle anfore di tipo punico tra Sicilia e Magna Grecia Tirrenica tra IV e III sec. a.C. Tradizionalmente poco note e quasi mai riconosciute nei contesti italici della Calabria e della Lucania, esse costituiscono una notevole quantità di attestazioni dei tipi Ramon T. 7.1.2.1. e 6.1.2.1. e la prova tangibile di rapporti commerciali ed economici tra le genti puniche dell’eparchia cartaginese della Sicilia nord-occidentale e le comunità italiche tirreniche. Tali rapporti, dimostrabili anche attraverso le fonti letterarie, i rinvenimenti numismatici e di tesoretti monetali, le sopravvivenze linguistiche ed epigrafiche, configurano solidi legami commerciali ed economici, ridottisi con la I guerra punica ed interrottisi definitivamente soltanto con la fine della guerra annibalica. L’analisi delle attestazioni anforiche ha permesso di ricostruire i circuiti commerciali e le rotte lungo la direttrice tirrenica, cui sembrano affiancarsi anche alcune ceramiche verniciate e figurate rinvenute nei relitti eoliani. Una merce di accompagno di questi carichi onerari sembra essere costituita da un’altra produzione figurata peculiare dell’area tirrenica, i piatti da pesce, elemento tipico del corredo delle tombe emergenti lucane degli ultimi decenni del IV sec. a.C. Nei contesti esaminati nella ricerca abbiamo evidenziato la presenza di prodotti di provenienza campana, pestana ed apula, e diversi prodotti riferibili alle officine del Pittore di Bastis e di Stromboli-Amantea, pittori attribuiti da Trendall all’area della Sicilia orientale e datati anacronisticamente nel secondo quarto del IV sec. a.C. Le nostre ricerche hanno dimostrato come i prodotti delle officine dei pittori di Stromboli-Amantea e di Bastis, la prima attiva nell’area eoliana e tirrenico-calabrese e la seconda attiva anche in ambito tirrenico, siano relative agli ultimi decenni del IV sec. a.C., soprattutto lungo la costa settentrionale e nord-occidentale della Sicilia, come anche la carta di distribuzione inequivocabilmente dimostra, con i prodotti noti provenienti da Palermo e da Mozia oltre che dalla Campania (Cuma) e soprattutto dalla Lucania tirrenica (Agropoli, Laos, Roccagloriosa). Si tratterebbe di prodotti di derivazione punica (analogamente alle anfore di produzione siculo-punica cui sembrano associarsi come merce di accompagno), seguono le rotte occidentali ed arrivano copiosi nei centri italici della costa tirrenica, ad arricchire i corredi delle élites indigene dominanti. Sicuramente sotto l’influenza dell’officina di Bastis dobbiamo collocare anche gran parte delle attestazioni dal Lagonegrese e di Tortora, sebbene vadano considerate produzioni frutto di un’originale rielaborazione iconografica e stilistica. Nella valle del Noce abbiamo riconosciuta la mano di un pittore che produce almeno cinque piatti alla fine del IV sec. a.C., che abbiamo proposto di identificare come il Pittore di Tortora-Rivello, un’officina sostanzialmente indipendente rispetto alla produzione siceliota e campana, collegata sicuramente alla fase di maggiore presenza lucana nel territorio di Rivello e di Tortora. La presenza di tali piatti, delle ceramiche figurate e delle anfore nell’area della valle del Noce e del Golfo di Policastro testimonia chiaramente il fatto che i siti italici dopo il 330 a.C. sono diventati tappe fondamentali nelle rotte commerciali Sicilia-Campania, anzi addirittura botteghe e ateliers trovano ragione d'essere e di impiantarsi con succursali nel golfo di Policastro perché ormai incontrano mercati recettivi e di qualità ed élites italiche capaci di dotarsi di prodotti di qualità per i loro corredi.
La circolazione di ceramiche fini e di anfore tra i centri italici del Tirreno calabrese e la Sicilia punica tra IV e III sec. a.C.: rotte commerciali ed ateliers produttivi
MOLLO, FABRIZIO
2011-01-01
Abstract
Il lavoro tenta di offrire un quadro della circolazione delle anfore di tipo punico tra Sicilia e Magna Grecia Tirrenica tra IV e III sec. a.C. Tradizionalmente poco note e quasi mai riconosciute nei contesti italici della Calabria e della Lucania, esse costituiscono una notevole quantità di attestazioni dei tipi Ramon T. 7.1.2.1. e 6.1.2.1. e la prova tangibile di rapporti commerciali ed economici tra le genti puniche dell’eparchia cartaginese della Sicilia nord-occidentale e le comunità italiche tirreniche. Tali rapporti, dimostrabili anche attraverso le fonti letterarie, i rinvenimenti numismatici e di tesoretti monetali, le sopravvivenze linguistiche ed epigrafiche, configurano solidi legami commerciali ed economici, ridottisi con la I guerra punica ed interrottisi definitivamente soltanto con la fine della guerra annibalica. L’analisi delle attestazioni anforiche ha permesso di ricostruire i circuiti commerciali e le rotte lungo la direttrice tirrenica, cui sembrano affiancarsi anche alcune ceramiche verniciate e figurate rinvenute nei relitti eoliani. Una merce di accompagno di questi carichi onerari sembra essere costituita da un’altra produzione figurata peculiare dell’area tirrenica, i piatti da pesce, elemento tipico del corredo delle tombe emergenti lucane degli ultimi decenni del IV sec. a.C. Nei contesti esaminati nella ricerca abbiamo evidenziato la presenza di prodotti di provenienza campana, pestana ed apula, e diversi prodotti riferibili alle officine del Pittore di Bastis e di Stromboli-Amantea, pittori attribuiti da Trendall all’area della Sicilia orientale e datati anacronisticamente nel secondo quarto del IV sec. a.C. Le nostre ricerche hanno dimostrato come i prodotti delle officine dei pittori di Stromboli-Amantea e di Bastis, la prima attiva nell’area eoliana e tirrenico-calabrese e la seconda attiva anche in ambito tirrenico, siano relative agli ultimi decenni del IV sec. a.C., soprattutto lungo la costa settentrionale e nord-occidentale della Sicilia, come anche la carta di distribuzione inequivocabilmente dimostra, con i prodotti noti provenienti da Palermo e da Mozia oltre che dalla Campania (Cuma) e soprattutto dalla Lucania tirrenica (Agropoli, Laos, Roccagloriosa). Si tratterebbe di prodotti di derivazione punica (analogamente alle anfore di produzione siculo-punica cui sembrano associarsi come merce di accompagno), seguono le rotte occidentali ed arrivano copiosi nei centri italici della costa tirrenica, ad arricchire i corredi delle élites indigene dominanti. Sicuramente sotto l’influenza dell’officina di Bastis dobbiamo collocare anche gran parte delle attestazioni dal Lagonegrese e di Tortora, sebbene vadano considerate produzioni frutto di un’originale rielaborazione iconografica e stilistica. Nella valle del Noce abbiamo riconosciuta la mano di un pittore che produce almeno cinque piatti alla fine del IV sec. a.C., che abbiamo proposto di identificare come il Pittore di Tortora-Rivello, un’officina sostanzialmente indipendente rispetto alla produzione siceliota e campana, collegata sicuramente alla fase di maggiore presenza lucana nel territorio di Rivello e di Tortora. La presenza di tali piatti, delle ceramiche figurate e delle anfore nell’area della valle del Noce e del Golfo di Policastro testimonia chiaramente il fatto che i siti italici dopo il 330 a.C. sono diventati tappe fondamentali nelle rotte commerciali Sicilia-Campania, anzi addirittura botteghe e ateliers trovano ragione d'essere e di impiantarsi con succursali nel golfo di Policastro perché ormai incontrano mercati recettivi e di qualità ed élites italiche capaci di dotarsi di prodotti di qualità per i loro corredi.Pubblicazioni consigliate
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