All’uomo futuro è assegnato il compito di meditare sull’essenza della metafisica occidentale e sulla sua storia. Gli Holzwege sono tentativi di tale meditazione. Visti dall’esterno, si presentano come una raccolta di discorsi su temi che non hanno alcuna relazione tra loro. Se li si pensa invece intrinsecamente nel loro insieme, il tutto si rivela come una sinfonia orchestrata in modo rigoroso. Nessuno dei sentieri può essere battuto se non vengono percorsi anche gli altri. Nella loro unità, essi mostrano un tratto del sentiero speculativo su cui l’autore si è nel frattempo incamminato dopo Essere e tempo. ¬– Così recita, in parafrasi, un brano che Martin Heidegger scrive nel 1949, nell’imminenza della pubblicazione di Holzwege, e che si conclude con due versi: “I sentieri vanno errando. / Ma non si smarriscono.” Una singolare prosopopea. Che però va presa alla lettera. Sono infatti i sentieri stessi a vagare, ad appellarsi e dischiudersi –insieme, per gradi, improvvisi – al viandante; mai che quest’ultimo possa imboccarli di proposito. Né sono sentieri metaforici, se in una lettera all’amica Elisabeth Blochmann, datata 19 dicembre 1950, Heidegger confessa: “Qualcosa del mio cammino durante gli ultimi quindici anni è mostrato dagli Holzwege ... Credo che nel libro si nasconda molto della Foresta Nera e dei suoi sentieri.” Sono sentieri silvani. Due a tema: celeberrimo quello relativo all’origine dell’opera d’arte, con la sua memorabile analisi del quadro delle “scarpe contadine” di Van Gogh; seguìto dal saggio sulla scienza, indagata quale fenomeno essenziale dell’Età moderna. E quattro di impostazione esegetica, dunque ripercorrenti in parte vie già frequentate: Anassimandro e la Fruizione, Hegel e la parusìa dell’Assoluto, Nietzsche e “Dio è morto”, Rilke e l’Angelo. Sentieri erranti nella selva dell’Ereignis, che dal 1936 è divenuto l’emblema della “svolta” del pensiero di Heidegger, la sua parola-guida.
Holzwege. Sentieri erranti nella selva
CICERO, Vincenzo
2006-01-01
Abstract
All’uomo futuro è assegnato il compito di meditare sull’essenza della metafisica occidentale e sulla sua storia. Gli Holzwege sono tentativi di tale meditazione. Visti dall’esterno, si presentano come una raccolta di discorsi su temi che non hanno alcuna relazione tra loro. Se li si pensa invece intrinsecamente nel loro insieme, il tutto si rivela come una sinfonia orchestrata in modo rigoroso. Nessuno dei sentieri può essere battuto se non vengono percorsi anche gli altri. Nella loro unità, essi mostrano un tratto del sentiero speculativo su cui l’autore si è nel frattempo incamminato dopo Essere e tempo. ¬– Così recita, in parafrasi, un brano che Martin Heidegger scrive nel 1949, nell’imminenza della pubblicazione di Holzwege, e che si conclude con due versi: “I sentieri vanno errando. / Ma non si smarriscono.” Una singolare prosopopea. Che però va presa alla lettera. Sono infatti i sentieri stessi a vagare, ad appellarsi e dischiudersi –insieme, per gradi, improvvisi – al viandante; mai che quest’ultimo possa imboccarli di proposito. Né sono sentieri metaforici, se in una lettera all’amica Elisabeth Blochmann, datata 19 dicembre 1950, Heidegger confessa: “Qualcosa del mio cammino durante gli ultimi quindici anni è mostrato dagli Holzwege ... Credo che nel libro si nasconda molto della Foresta Nera e dei suoi sentieri.” Sono sentieri silvani. Due a tema: celeberrimo quello relativo all’origine dell’opera d’arte, con la sua memorabile analisi del quadro delle “scarpe contadine” di Van Gogh; seguìto dal saggio sulla scienza, indagata quale fenomeno essenziale dell’Età moderna. E quattro di impostazione esegetica, dunque ripercorrenti in parte vie già frequentate: Anassimandro e la Fruizione, Hegel e la parusìa dell’Assoluto, Nietzsche e “Dio è morto”, Rilke e l’Angelo. Sentieri erranti nella selva dell’Ereignis, che dal 1936 è divenuto l’emblema della “svolta” del pensiero di Heidegger, la sua parola-guida.Pubblicazioni consigliate
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