Il volume intende offrirsi come strumento critico interessato a ricostruire alcune delle linee genealogiche che hanno portato la nozione di intercultura a diventare, nella contemporaneità, un concetto sfuggente, dal significato apparentemente condiviso ma non sufficientemente indagato. Al vertice di una simile genealogia vengono individuati alcuni documenti ufficiali, prodotti da istituzioni transnazionali quali il Consiglio d'Europa e dall'UNESCO, capaci di contribuire alla traduzione della nozione di intercultura in sapere operativo e, dunque, di rendere possibile una sua ricezione da parte di agenzie formative nazionali come la scuola e l'università. Da questa ricostruzione emergono alcune criticità proprie dell'approccio interculturale. In primo luogo, nonostante esso si configuri accademicamente come discorso critico, contro-egemonico, democratico e antirazzista, letto dal punto di vista istituzionale sembra essere invece uno strumento europeo di formazione identitaria e di educazione alla cittadinanza che implicitamente obbedisce a logiche di appartenenza fondate sul principio di inclusione / esclusione. Quindi, mentre l'educazione interculturale sembra proporsi come una nuova prospettiva attraverso cui affrontare l'urgenza delle problematiche connesse ai temi dell'identità e dell'appartenenza, essa finisce spesso sia per riaffermare la centralità di categorie e di presupposti teorici entrati definitivamente in crisi in altre prospettive, sia per riproporre sistemi onnicomprensivi di lettura del (e di azione sul) mondo che tendono a volte a tradursi in un repertorio di buoni sentimenti e di buone prassi. Infine, la nozione di intercultura, insieme alle categorie di “differenza”, “complessità” ed “ecologia”, è considerata centrale e, anzi, necessaria nella cultura post-moderna. Il volume ribadisce, però, come senza un attento lavoro di decostruzione e di ricostruzione dei pilastri concettuali e ideologici su cui la nozione stessa di intercultura si fonda, difficilmente si potranno indicare dei nuovi percorsi educativi attraverso cui ripensare i profili identitari, le relazioni interculturali e gli approcci sostenibili nel terzo millennio. Allora, contro il rischio che la pedagogia interculturale diventi uno strumento di disciplinamento istituzionale, di formazione identitaria e di supporto alle logiche globali, solo apparentemente ecologiche, si propone la strada maestra del dialogo, autentico e serrato, con i discorsi post-coloniali, con le scienze sociali e con le prospettive comparative ed etnografiche dei soggetti di cui si occupa, in modo da tenere nel giusto conto i processi più ampi dentro cui si collocano inevitabilmente le dimensioni contestuali e politiche, oltre che educative e formative, del suo agire.

L’educazione all’intercultura e alla sostenibilità.Le politiche dell’Unione Europea e dell’UNESCO

PANARELLO, Patrizia
2012-01-01

Abstract

Il volume intende offrirsi come strumento critico interessato a ricostruire alcune delle linee genealogiche che hanno portato la nozione di intercultura a diventare, nella contemporaneità, un concetto sfuggente, dal significato apparentemente condiviso ma non sufficientemente indagato. Al vertice di una simile genealogia vengono individuati alcuni documenti ufficiali, prodotti da istituzioni transnazionali quali il Consiglio d'Europa e dall'UNESCO, capaci di contribuire alla traduzione della nozione di intercultura in sapere operativo e, dunque, di rendere possibile una sua ricezione da parte di agenzie formative nazionali come la scuola e l'università. Da questa ricostruzione emergono alcune criticità proprie dell'approccio interculturale. In primo luogo, nonostante esso si configuri accademicamente come discorso critico, contro-egemonico, democratico e antirazzista, letto dal punto di vista istituzionale sembra essere invece uno strumento europeo di formazione identitaria e di educazione alla cittadinanza che implicitamente obbedisce a logiche di appartenenza fondate sul principio di inclusione / esclusione. Quindi, mentre l'educazione interculturale sembra proporsi come una nuova prospettiva attraverso cui affrontare l'urgenza delle problematiche connesse ai temi dell'identità e dell'appartenenza, essa finisce spesso sia per riaffermare la centralità di categorie e di presupposti teorici entrati definitivamente in crisi in altre prospettive, sia per riproporre sistemi onnicomprensivi di lettura del (e di azione sul) mondo che tendono a volte a tradursi in un repertorio di buoni sentimenti e di buone prassi. Infine, la nozione di intercultura, insieme alle categorie di “differenza”, “complessità” ed “ecologia”, è considerata centrale e, anzi, necessaria nella cultura post-moderna. Il volume ribadisce, però, come senza un attento lavoro di decostruzione e di ricostruzione dei pilastri concettuali e ideologici su cui la nozione stessa di intercultura si fonda, difficilmente si potranno indicare dei nuovi percorsi educativi attraverso cui ripensare i profili identitari, le relazioni interculturali e gli approcci sostenibili nel terzo millennio. Allora, contro il rischio che la pedagogia interculturale diventi uno strumento di disciplinamento istituzionale, di formazione identitaria e di supporto alle logiche globali, solo apparentemente ecologiche, si propone la strada maestra del dialogo, autentico e serrato, con i discorsi post-coloniali, con le scienze sociali e con le prospettive comparative ed etnografiche dei soggetti di cui si occupa, in modo da tenere nel giusto conto i processi più ampi dentro cui si collocano inevitabilmente le dimensioni contestuali e politiche, oltre che educative e formative, del suo agire.
2012
BIBLIOTECA DI TESTI E DI STUDI. SCIENZE DELL’EDUCAZIONE
9788843066827
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