Questo libro intende ripercorrere attraverso la presentazione di quattro figure chiave (Cacciatore, Cattafi, Insana ed Isgrò), controverse e complesse, la funzione antilirica di un filone fecondo della poesia siciliana del secondo novecento. La prospettiva adottata sceglie di indagare un racconto plausibile dell’Isola nei termini, non di una celebrazione autoreferenziale, ma di una sua spiazzante esperienza. C’è, a tal riguardo, un’isola il cui ricordo costituisce la scaturigine meno genuina, dunque più rischiosa, della scrittura. Tanto teatrale da risultare o-scena. Un’oscenità, certo, che indica insieme ad un’oltranza (un’impossibilità di stare nella fotogenia consueta, ora dolce ora tragica, dell’Isola) un oltraggio, l’empito di una rabbiosa invettiva incapace non solo di qualsivoglia idillio, ma anche del sollievo di una cifra metaforica. Una Sicilia senza metafora, rutilante e remota, rimane inesorabilmente estromessa dalla rappresentazione, nei termini financo di una rimozione onomastica (quanti luoghi reali sono denunciati da una dissimulazione mai davvero così onesta?), come un segreto che la finzione letteraria sciuperebbe, come una scena troppo vasta per essere contenuta da un palcoscenico. Il deserto che ne consegue ha un effetto sorprendente, quasi di perturbante familiarità con altri paesaggi “cancellati”, provvisoriamente o definitivamente, dal mondo.

L'Isola o-scena. Un'idea di Sicilia nella poesia contemporanea

TOMASELLO, Dario
2012-01-01

Abstract

Questo libro intende ripercorrere attraverso la presentazione di quattro figure chiave (Cacciatore, Cattafi, Insana ed Isgrò), controverse e complesse, la funzione antilirica di un filone fecondo della poesia siciliana del secondo novecento. La prospettiva adottata sceglie di indagare un racconto plausibile dell’Isola nei termini, non di una celebrazione autoreferenziale, ma di una sua spiazzante esperienza. C’è, a tal riguardo, un’isola il cui ricordo costituisce la scaturigine meno genuina, dunque più rischiosa, della scrittura. Tanto teatrale da risultare o-scena. Un’oscenità, certo, che indica insieme ad un’oltranza (un’impossibilità di stare nella fotogenia consueta, ora dolce ora tragica, dell’Isola) un oltraggio, l’empito di una rabbiosa invettiva incapace non solo di qualsivoglia idillio, ma anche del sollievo di una cifra metaforica. Una Sicilia senza metafora, rutilante e remota, rimane inesorabilmente estromessa dalla rappresentazione, nei termini financo di una rimozione onomastica (quanti luoghi reali sono denunciati da una dissimulazione mai davvero così onesta?), come un segreto che la finzione letteraria sciuperebbe, come una scena troppo vasta per essere contenuta da un palcoscenico. Il deserto che ne consegue ha un effetto sorprendente, quasi di perturbante familiarità con altri paesaggi “cancellati”, provvisoriamente o definitivamente, dal mondo.
2012
Polinnia. Testi, studi e manuali di letterature europee
9788822261878
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