L’invenzione da parte di Chomsky del concetto matematico di grammatica ha avuto portata epocale, anzitutto nello studio delle lingue naturali, e poi in una ampia varietà di altri ambiti, dalla struttura dei programmi in informatica alla morfologia teorica delle piante. Come per ogni grande svolta scientifica, non è stata immune da distorsioni e la sua elegante semplicità teorica ha costituito una forte tentazione nell’adottarla in forme e circostanze inappropriate. La mossa epistemologicamente meno proficua riteniamo sia stata il transitare la grammatica chomskiana dal suo stato ontologico originario, di oggetto matematico astratto, a quello di oggetto fisico, ipotizzandone una realtà biologica. Naturalmente l’unico modo possibile per colmare il divario tra la biologia di una sola specie, homo sapiens, e la varietà di migliaia di lingue, è quello di definire la grammatica istanziata organicamente in termini universali, la ben nota UG. Sui modi con cui un ipotetico organo grammaticale dia luogo a parlanti di tante lingue diverse le proposte sono state molte e mai consolidate, a partire dall’idea chomskiana di “Principi e Parametri”, alle sintassi semplificate di Jackendoff, per finire al programma minimalista in cui un vago aggiustamento dei processi ricorsivi dovrebbe emergere apprendendo il lessico. Come hanno sottolineato Evans e Levinson (2009) per decenni le scienze cognitive hanno pagato l'errata supposizione che le lingue del mondo, viste ad un sufficiente livello di astrazione, fossero uguali. Altrettante, se non maggiori, sono le perplessità dal lato neurofisiologico. Sia il quadro attuale di conoscenze sull’azione genetica nello sviluppo del cervello, sia il suo assetto funzionale per quel che è oggi noto, trovano ben difficile far posto ad un organo grammaticale. Le speranze di individuare un angolo del cervello plasmato geneticamente per il linguaggio sembrano sempre affievolirsi man mano che lo si approfondisce, e una prospettiva più produttiva pare sia indagare “language as shaped by the brain” (Christiansen e Chater, 2008).

Moralità: una grammatica di troppo

PLEBE, Alessio;NUCERA, Sebastiano
2012-01-01

Abstract

L’invenzione da parte di Chomsky del concetto matematico di grammatica ha avuto portata epocale, anzitutto nello studio delle lingue naturali, e poi in una ampia varietà di altri ambiti, dalla struttura dei programmi in informatica alla morfologia teorica delle piante. Come per ogni grande svolta scientifica, non è stata immune da distorsioni e la sua elegante semplicità teorica ha costituito una forte tentazione nell’adottarla in forme e circostanze inappropriate. La mossa epistemologicamente meno proficua riteniamo sia stata il transitare la grammatica chomskiana dal suo stato ontologico originario, di oggetto matematico astratto, a quello di oggetto fisico, ipotizzandone una realtà biologica. Naturalmente l’unico modo possibile per colmare il divario tra la biologia di una sola specie, homo sapiens, e la varietà di migliaia di lingue, è quello di definire la grammatica istanziata organicamente in termini universali, la ben nota UG. Sui modi con cui un ipotetico organo grammaticale dia luogo a parlanti di tante lingue diverse le proposte sono state molte e mai consolidate, a partire dall’idea chomskiana di “Principi e Parametri”, alle sintassi semplificate di Jackendoff, per finire al programma minimalista in cui un vago aggiustamento dei processi ricorsivi dovrebbe emergere apprendendo il lessico. Come hanno sottolineato Evans e Levinson (2009) per decenni le scienze cognitive hanno pagato l'errata supposizione che le lingue del mondo, viste ad un sufficiente livello di astrazione, fossero uguali. Altrettante, se non maggiori, sono le perplessità dal lato neurofisiologico. Sia il quadro attuale di conoscenze sull’azione genetica nello sviluppo del cervello, sia il suo assetto funzionale per quel che è oggi noto, trovano ben difficile far posto ad un organo grammaticale. Le speranze di individuare un angolo del cervello plasmato geneticamente per il linguaggio sembrano sempre affievolirsi man mano che lo si approfondisce, e una prospettiva più produttiva pare sia indagare “language as shaped by the brain” (Christiansen e Chater, 2008).
2012
9788884434524
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