Quota zero è uno studio sulla lunga durata di un disastro e sull’ordine sociale derivato da un evento apocalittico come il terremoto di Messina del 1908. La città dello Stretto viene qui vista come uno dei primi spazi di applicazione di quella “shock economy” che, secondo orientamenti prevalenti, sarebbero tipici della contemporaneità e del neoliberismo. Secondo l’autore, però, molte delle forze attive nel contemporaneo capitalismo dei disastri sarebbero state all’opera nella città siciliana già all’inizio del secolo scorso. Al punto che Messina ha finito con l’anticipare di decenni tutte le contraddizioni del capitalismo contemporaneo: quelle della speculazione urbana, della segregazione abitativa, dei servizi e dei lavori temporanei, privi di garanzia, a bassissimo salario e fondati sull’autosfruttamento. L’autore pone in discussione le più comuni cronologie sul neoliberismo ripercorrendo la storia di Messina, dei suoi abitanti marginali e del Mezzogiorno alla luce di categorie analitiche mutuate dagli studi postcoloniali e subalterni, oltre che dalle teorie sul sistema-mondo. Testimoni privilegiati e diretti dei modi di strutturazione e riproduzione di questo particolare ordine dall’infinita durata sono differenti generazioni di reietti dei cantieri edili, di abitanti delle baracche e simili figure ugualmente impegnate a sopravvivere e “resistere”, sfruttando gli interstizi lasciati liberi da un sistema pervasivo e spietato che si rinnova da decenni. Quel che discende da questo sforzo è una visione originale intorno a un evento centrale della storia nazionale, delle utili osservazioni comparative sulla gestione dei disastri in questo Paese e, infine, l’avanzamento di una rilevante proposta metodologica nei termini di un approccio alla ricerca sociale teso a coniugare storiografia, sociologia urbana, etnografia e storie di vita.

Quota zero. Messina dopo il terremoto: la ricostruzione infinita

SAITTA, Pietro
2013-01-01

Abstract

Quota zero è uno studio sulla lunga durata di un disastro e sull’ordine sociale derivato da un evento apocalittico come il terremoto di Messina del 1908. La città dello Stretto viene qui vista come uno dei primi spazi di applicazione di quella “shock economy” che, secondo orientamenti prevalenti, sarebbero tipici della contemporaneità e del neoliberismo. Secondo l’autore, però, molte delle forze attive nel contemporaneo capitalismo dei disastri sarebbero state all’opera nella città siciliana già all’inizio del secolo scorso. Al punto che Messina ha finito con l’anticipare di decenni tutte le contraddizioni del capitalismo contemporaneo: quelle della speculazione urbana, della segregazione abitativa, dei servizi e dei lavori temporanei, privi di garanzia, a bassissimo salario e fondati sull’autosfruttamento. L’autore pone in discussione le più comuni cronologie sul neoliberismo ripercorrendo la storia di Messina, dei suoi abitanti marginali e del Mezzogiorno alla luce di categorie analitiche mutuate dagli studi postcoloniali e subalterni, oltre che dalle teorie sul sistema-mondo. Testimoni privilegiati e diretti dei modi di strutturazione e riproduzione di questo particolare ordine dall’infinita durata sono differenti generazioni di reietti dei cantieri edili, di abitanti delle baracche e simili figure ugualmente impegnate a sopravvivere e “resistere”, sfruttando gli interstizi lasciati liberi da un sistema pervasivo e spietato che si rinnova da decenni. Quel che discende da questo sforzo è una visione originale intorno a un evento centrale della storia nazionale, delle utili osservazioni comparative sulla gestione dei disastri in questo Paese e, infine, l’avanzamento di una rilevante proposta metodologica nei termini di un approccio alla ricerca sociale teso a coniugare storiografia, sociologia urbana, etnografia e storie di vita.
2013
Saggi. Storia e scienze sociali
9788860369673
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