La dimensione sociale della cognizione ha costituito uno degli argomenti principali per giustificare in termini evoluzionistici la presenza di funzioni cognitive complesse come il linguaggio negli esseri umani. In realtà in questi anni si è molto discusso sulla direzione causale da assegnare alla relazione tra comunicazione e cognizione sociale in molte specie animali (Pennisi, Falzone 2010) propendendo per una spiegazione di codeterminazione evolutiva (Gould 2002). Che i primati non umani mostrino sistemi referenziali di comunicazione (Premack 1986) chiaramente adattativi (difesa del gruppo, segnalazione predatori/prede, etc) è noto, ma che tramite la comunicazione vocale vengano stabiliti tipologie di relazioni “speciali” è una acquisizione recente (i babbuini, e.g., considerano non solo l’identità di chi emette il segnale, ma anche di chi è oggetto della loro attenzione Engh et al 2006) che illustrerebbe il ruolo privilegiato della comunicazione vocale nella costruzione delle relazioni sociali almeno a partire dai primati. Ovviamente la modalità di vocalizzazione e il suo impiego nella costruzione sociale varia a seconda delle peculiarità strutturali di ogni specie: è evidente, infatti, che ogni specie animale abbia il suo “corredo fonatorio” che viene applicato a contesti ecologico-sociali differenti (ad esempio, la gerarchia sociale degli Indri Indri stabilita per sesso ed età, rispecchia la funzionalità sociale della song la quale conterrebbe specifiche informazioni contestuali, Maretti et al 2010). La comparazione etologica permette non solo di individuare differenze anatomiche e derivazioni filogenetiche di tratti morfologici centrali e periferici che consentono la produzione vocale umana (Fitch, 2010) ma di comprendere anche come e in che misura i vincoli biologici di una vocalità specie-specifica consentano di impiegarla nella costruzione di relazioni sociali. Emblematico è ad esempio il duetto dei gibboni, la cui accuratezza consente di individuare le relazioni sistematiche all’interno del gruppo (richiamo al grado di parentela, Geissman 1993). Ciò che sembra caratterizzare in maniera specie-specifica la vocalità umana, in particolare, non è soltanto una tipologia articolata di produzione verbale, ma l’impiego di tale vocalità in contesti cognitivi specifici come le relazioni primarie. In questo caso in particolare diversi studi hanno dimostrato come nel sapiens la vocalità costituisca un vincolo cognitivo fortissimo, che nei primati non umani (scimpanzé in particolare) si realizza tramite un vitale attaccamento fisico (Falk 2009). In sostanza la vocalità umana rappresenta nella costruzione delle relazioni sociali un vincolo cognitivo molto forte che consente una sorta di legame comunicativo coevolutosi con quello corporeo ma rifunzionalizzato per scopi cognitivi complessi.

Il ruolo della comunicazione vocale nella costruzione della cognizione sociale: dai primati all'uomo

ANASTASI, ALESSANDRA;FALZONE, Alessandra
In corso di stampa

Abstract

La dimensione sociale della cognizione ha costituito uno degli argomenti principali per giustificare in termini evoluzionistici la presenza di funzioni cognitive complesse come il linguaggio negli esseri umani. In realtà in questi anni si è molto discusso sulla direzione causale da assegnare alla relazione tra comunicazione e cognizione sociale in molte specie animali (Pennisi, Falzone 2010) propendendo per una spiegazione di codeterminazione evolutiva (Gould 2002). Che i primati non umani mostrino sistemi referenziali di comunicazione (Premack 1986) chiaramente adattativi (difesa del gruppo, segnalazione predatori/prede, etc) è noto, ma che tramite la comunicazione vocale vengano stabiliti tipologie di relazioni “speciali” è una acquisizione recente (i babbuini, e.g., considerano non solo l’identità di chi emette il segnale, ma anche di chi è oggetto della loro attenzione Engh et al 2006) che illustrerebbe il ruolo privilegiato della comunicazione vocale nella costruzione delle relazioni sociali almeno a partire dai primati. Ovviamente la modalità di vocalizzazione e il suo impiego nella costruzione sociale varia a seconda delle peculiarità strutturali di ogni specie: è evidente, infatti, che ogni specie animale abbia il suo “corredo fonatorio” che viene applicato a contesti ecologico-sociali differenti (ad esempio, la gerarchia sociale degli Indri Indri stabilita per sesso ed età, rispecchia la funzionalità sociale della song la quale conterrebbe specifiche informazioni contestuali, Maretti et al 2010). La comparazione etologica permette non solo di individuare differenze anatomiche e derivazioni filogenetiche di tratti morfologici centrali e periferici che consentono la produzione vocale umana (Fitch, 2010) ma di comprendere anche come e in che misura i vincoli biologici di una vocalità specie-specifica consentano di impiegarla nella costruzione di relazioni sociali. Emblematico è ad esempio il duetto dei gibboni, la cui accuratezza consente di individuare le relazioni sistematiche all’interno del gruppo (richiamo al grado di parentela, Geissman 1993). Ciò che sembra caratterizzare in maniera specie-specifica la vocalità umana, in particolare, non è soltanto una tipologia articolata di produzione verbale, ma l’impiego di tale vocalità in contesti cognitivi specifici come le relazioni primarie. In questo caso in particolare diversi studi hanno dimostrato come nel sapiens la vocalità costituisca un vincolo cognitivo fortissimo, che nei primati non umani (scimpanzé in particolare) si realizza tramite un vitale attaccamento fisico (Falk 2009). In sostanza la vocalità umana rappresenta nella costruzione delle relazioni sociali un vincolo cognitivo molto forte che consente una sorta di legame comunicativo coevolutosi con quello corporeo ma rifunzionalizzato per scopi cognitivi complessi.
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