La ricerca percorre un innovativo iter metodologico, che rifiuta di leggere, aprioristicamente, la novella dell'art. 111 Cost. come positivizzazione dell'esistente (che verrebbe meramente eretto a rango costituzionale). e valorizza l'innesto della formula del "giusto processo" (e delle relative specificazioni) nel dettato costituzionale, considerandone le ripercussioni sistematiche. Si mette al riparo così l'indagine da errori di inquadramento e si aprono nuove prospettive. L'esistente al momento della revisione costituzionale, infatti, appariva ancora influenzato dalla vischiosità della cultura processualistica tipica del passato, nella quale le garanzie processuali si erano sviluppate come difesa contro la pretesa punitiva di uno Stato dall'originario volto autoritario, carico ancora dell'impronta hobbesiana e non ancora compiutamente affermatosi in senso liberal-democratico. Ne è conferma il fatto che esse erano state ricavate prevalentemente quali diramazioni dell'art. 24 Cost., dedicato al diritto inviolabile di difesa in giudizio, caratterizzandosi in senso unilaterale e unidirezionale. Tale approccio non risultava però più giustificato, dal punto di vista teorico, nello Stato costituzionale contemporaneo, in cui la pretesa punitiva non assume carattere arbitrario o peggio vessatorio, ma si fonda su un diritto penale che ha ragion d'essere solo se orientato alla tutela di beni costituzionalmente rilevanti. Su tali basi, si perviene ad esiti originali, in quanto si apre la strada ad una ricostruzione della geometria del processo in cui - dispiegando così appieno il significato della nuova formulazione letterale dell'art. 111 Cost. - l'istanza di difesa dell'imputato e l'istanza pubblica del perseguimento della giustizia sono poste effettivamente su un piede di parità, poiché riconosciute parimenti fondate sul piano assiologico: la prima, volta a tutelare la libertà personale minacciata dalla sanzione penale, la seconda tesa a ripristinare il vulnus a beni costituzionali di pari rango lesi dal reato. La prospettiva risulta feconda rispetto a tanti versanti ed ambiti problematici dell'odierna riflessione del processo, dalla ragionevole durata all'inquadramento dell'appello, fino agli sbocchi dischiusi dall'approfondimento della categoria dell'abuso del processo.

Giustizia e processo nell'ordinamento costituzionale

SORRENTI, Giuseppa
2013-01-01

Abstract

La ricerca percorre un innovativo iter metodologico, che rifiuta di leggere, aprioristicamente, la novella dell'art. 111 Cost. come positivizzazione dell'esistente (che verrebbe meramente eretto a rango costituzionale). e valorizza l'innesto della formula del "giusto processo" (e delle relative specificazioni) nel dettato costituzionale, considerandone le ripercussioni sistematiche. Si mette al riparo così l'indagine da errori di inquadramento e si aprono nuove prospettive. L'esistente al momento della revisione costituzionale, infatti, appariva ancora influenzato dalla vischiosità della cultura processualistica tipica del passato, nella quale le garanzie processuali si erano sviluppate come difesa contro la pretesa punitiva di uno Stato dall'originario volto autoritario, carico ancora dell'impronta hobbesiana e non ancora compiutamente affermatosi in senso liberal-democratico. Ne è conferma il fatto che esse erano state ricavate prevalentemente quali diramazioni dell'art. 24 Cost., dedicato al diritto inviolabile di difesa in giudizio, caratterizzandosi in senso unilaterale e unidirezionale. Tale approccio non risultava però più giustificato, dal punto di vista teorico, nello Stato costituzionale contemporaneo, in cui la pretesa punitiva non assume carattere arbitrario o peggio vessatorio, ma si fonda su un diritto penale che ha ragion d'essere solo se orientato alla tutela di beni costituzionalmente rilevanti. Su tali basi, si perviene ad esiti originali, in quanto si apre la strada ad una ricostruzione della geometria del processo in cui - dispiegando così appieno il significato della nuova formulazione letterale dell'art. 111 Cost. - l'istanza di difesa dell'imputato e l'istanza pubblica del perseguimento della giustizia sono poste effettivamente su un piede di parità, poiché riconosciute parimenti fondate sul piano assiologico: la prima, volta a tutelare la libertà personale minacciata dalla sanzione penale, la seconda tesa a ripristinare il vulnus a beni costituzionali di pari rango lesi dal reato. La prospettiva risulta feconda rispetto a tanti versanti ed ambiti problematici dell'odierna riflessione del processo, dalla ragionevole durata all'inquadramento dell'appello, fino agli sbocchi dischiusi dall'approfondimento della categoria dell'abuso del processo.
2013
Collana delle Pubblicazioni della Facoltà di Giurisprudenza della Università di Messina
8814182558
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