Un dilemma. Quello che preso singolarmente si presenta come autentico dramma sociale, se letto come fenomeno diventa un elemento di straordinaria densità la cui corretta analisi può fornire implicazioni molto più estese del fenomeno stesso che chiamano in causa direttamente il milieu, e il sistema, che lo ha generato. Il lavoro si articolerà in due sezioni. Nella prima si proporrà un discorso archeologico (Foucault 1969) sull'“emergere” del fenomeno dei senza fissa dimora seguendo la linea europea e quella americana. Si attraverserà la letteratura sociologica di riferimento e si cercherà di piegarla verso una semiotica dell'esclusione con forti implicazioni spaziali e “culturali”. Europa: dalla rinascita urbana al grande internamento (Gemerek 1988, Foucault 1969). La fine dell'episteme del medioevo vede i primi grandi flussi di poveri che dalle campagne si riversano nelle città contribuendo alla “rinascita” delle città. Si apre la grande stagione della modernità che sfocerà nella creazione dello stato-nazione e nella codificazione del soggetto burocraticamente legato alla residenza. Sotto il nuovo paradigma economicista il vagabondaggio verrà duramente perseguito e la povertà estrema assumerà sempre di più il profilo della colpa. Da un affare di chiesa la questione diventa un affare di stato con i suoi potenti dispositivi di normalizzazione prima e le sue politiche di welfare dopo. Dalle istituzioni totali si passa a quelle immateriali (Zampieri 2010). L'emergere archeologico della questione dei senza fissa dimora in America si presenta con sensibili differenze ma con eguale densità significativa. La pionieristica sociologia dell'uomo senza fissa dimora di Anderson (1923) è emblematicamente il primo lavoro prodotto da quel grande laboratorio urbano che è stata la “scuola di Chicago”. Sembra proprio che la questione della metropoli e dei senza fissa dimora non possa essere affrontata separatamente. Anche qui, se si sposta la descrizione etnografica del fenomeno ad un piano di più ampia significazione, ci troviamo davanti ad una vera figura tragica che lungi da essere oggetto di mera esclusione incarna tout court le forze in azione in quel contesto. L' Hobo descritto da Anderson è forse il primo lavoratore flessibile della storia (Rauty 1994 introduzione in Anderson 1923), la grande forza di lavoro deterritorializzata che ha contribuito in maniera decisiva alla costruzione di quella ferrovia che ha permesso a Chicago di diventare un nodo strategico e una metropoli di prima grandezza. Poche cose come la linea retta della ferrovia che buca il mito della frontiera simbolizza la metamorfosi dell'America nella “terra del futuro” e impone un modello modernista fondato sull'idea di “progresso”. Per contro il tramonto della figura dell'Hobo come uomo abitante e abitato dalla frontiera è da mettere in relazione col nascente sistema Fordista (1914) che rappresenta il grande patto di stabilità tra Stato e mercato. Il tramonto nella seconda metà del novecento di questo modello annuncia una nuova era, quella della flessibilità dove, senza più le garanzie del welfare, l'instabilità economica diventa l'imbuto in cui strati sempre crescenti di popolazioni rischiano di cadere nella death line dei senza fissa dimora. A chiudere il lavoro cercherò di trarre qualche breve considerazione con questo apparato teorico su di una ricerca studio di fattibilità condotta alla Stazione di Messina nel 2008, commissionata dall’O.N.D.S. che chiama in causa la posizione stessa della Stazione nel complesso scenario del sistema porto della città di Messina.

Vulnerabilità sociale o sensori urbani? Verso una semiotica dell'esclusione sociale. Una questione archeologica

ZAMPIERI, PIER PAOLO
2013-01-01

Abstract

Un dilemma. Quello che preso singolarmente si presenta come autentico dramma sociale, se letto come fenomeno diventa un elemento di straordinaria densità la cui corretta analisi può fornire implicazioni molto più estese del fenomeno stesso che chiamano in causa direttamente il milieu, e il sistema, che lo ha generato. Il lavoro si articolerà in due sezioni. Nella prima si proporrà un discorso archeologico (Foucault 1969) sull'“emergere” del fenomeno dei senza fissa dimora seguendo la linea europea e quella americana. Si attraverserà la letteratura sociologica di riferimento e si cercherà di piegarla verso una semiotica dell'esclusione con forti implicazioni spaziali e “culturali”. Europa: dalla rinascita urbana al grande internamento (Gemerek 1988, Foucault 1969). La fine dell'episteme del medioevo vede i primi grandi flussi di poveri che dalle campagne si riversano nelle città contribuendo alla “rinascita” delle città. Si apre la grande stagione della modernità che sfocerà nella creazione dello stato-nazione e nella codificazione del soggetto burocraticamente legato alla residenza. Sotto il nuovo paradigma economicista il vagabondaggio verrà duramente perseguito e la povertà estrema assumerà sempre di più il profilo della colpa. Da un affare di chiesa la questione diventa un affare di stato con i suoi potenti dispositivi di normalizzazione prima e le sue politiche di welfare dopo. Dalle istituzioni totali si passa a quelle immateriali (Zampieri 2010). L'emergere archeologico della questione dei senza fissa dimora in America si presenta con sensibili differenze ma con eguale densità significativa. La pionieristica sociologia dell'uomo senza fissa dimora di Anderson (1923) è emblematicamente il primo lavoro prodotto da quel grande laboratorio urbano che è stata la “scuola di Chicago”. Sembra proprio che la questione della metropoli e dei senza fissa dimora non possa essere affrontata separatamente. Anche qui, se si sposta la descrizione etnografica del fenomeno ad un piano di più ampia significazione, ci troviamo davanti ad una vera figura tragica che lungi da essere oggetto di mera esclusione incarna tout court le forze in azione in quel contesto. L' Hobo descritto da Anderson è forse il primo lavoratore flessibile della storia (Rauty 1994 introduzione in Anderson 1923), la grande forza di lavoro deterritorializzata che ha contribuito in maniera decisiva alla costruzione di quella ferrovia che ha permesso a Chicago di diventare un nodo strategico e una metropoli di prima grandezza. Poche cose come la linea retta della ferrovia che buca il mito della frontiera simbolizza la metamorfosi dell'America nella “terra del futuro” e impone un modello modernista fondato sull'idea di “progresso”. Per contro il tramonto della figura dell'Hobo come uomo abitante e abitato dalla frontiera è da mettere in relazione col nascente sistema Fordista (1914) che rappresenta il grande patto di stabilità tra Stato e mercato. Il tramonto nella seconda metà del novecento di questo modello annuncia una nuova era, quella della flessibilità dove, senza più le garanzie del welfare, l'instabilità economica diventa l'imbuto in cui strati sempre crescenti di popolazioni rischiano di cadere nella death line dei senza fissa dimora. A chiudere il lavoro cercherò di trarre qualche breve considerazione con questo apparato teorico su di una ricerca studio di fattibilità condotta alla Stazione di Messina nel 2008, commissionata dall’O.N.D.S. che chiama in causa la posizione stessa della Stazione nel complesso scenario del sistema porto della città di Messina.
2013
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11570/2619568
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