Nato nell’ambito della psicologia dello sviluppo e della memoria (Flavell, 1979), lo studio della metacognizione ha assunto un ruolo centrale per comprendere la genesi e il mantenimento di diversi disturbi psicologici, in particolare quelli riconducibili alla sfera ansiosa (Ellis e Hudson, 2010). La metacognizione, come consapevolezza dei propri contenuti e processi cognitivi, orienta l’attenzione dell’individuo sugli stati interni e regola uno stile di coping centrato sul monitoraggio dei pensieri e delle emozioni. Il modello della funzione autoregolatoria di Wells e Matthews (1994) considera cruciali le credenze, le esperienze e le strategie metacognitive nel determinare stili di pensiero disfunzionali e il persistere di emozioni negative. Alcune persone rimangono imprigionate nel vortice della sofferenza emotiva perché, di fronte a particolari esperienze, i processi metacognitivi danno vita a un pattern di risposta che si manifesta con fenomeni di preoccupazione (worry), ruminazione, focalizzazione dell’attenzione su pensieri ed emozioni negative, uso di strategie di coping e/o di autoregolazione disfunzionali fra le quali il monitoraggio di questi processi. L’approccio metacognitivo sostiene che le credenze positive sui vantaggi del worry (“Preoccuparmi mi aiuta ad evitare i problemi”) e negative sull’incontrollabilità e la pericolosità del worry (“Preoccuparmi potrebbe farmi impazzire”) sono associate a “rimuginio patologico” quale caratteristica principale del disturbo d’ansia generalizzato e di altre manifestazioni dell’ansia. Studi evolutivi hanno dimostrato che il fenomeno del worry è presente già in bambini di età prescolare e che la capacità di rimuginare si affina con il progredire dello sviluppo cognitivo e della metacognizione (Ellis e Hudson, 2010). Scopo della ricerca è indagare la relazione tra ansia e worry in un campione non clinico di preadolescenti (età compresa tra gli 11 e i 13 anni) equamente distribuiti in base al genere. L’ipotesi è che soggetti con elevati livelli d’ansia presentino più frequentemente il fenomeno del worry e credenze metacognitive disfunzionali (quale l’idea che preoccuparsi aiuta a risolvere i problemi). Sono stati proposti a 184 studenti di scuola secondaria di I grado: a) la Revised Children’s Manifest Anxiety Scale (RCMAS-2; Reynolds e Richmand, ad. it. 2012) per valutare i livelli dell’ansia; b) il Penn State Worry Questionnaire for Children (PSWQ-C; Chorpita et al., 1997) e c) il Metacognitions Questionnaire for Children (MCQ-C; Bacow et al., 2009) nell’adattamento italiano realizzato con il consenso degli autori per questa ricerca. Il PSWQ-C è una scala monofattoriale (14 item, Alpha = .86 in questo campione) che misura la frequenza con cui bambini e ragazzi provano preoccupazioni eccessive, generalizzate e incontrollabili (“Appena finisco una cosa, inizio a preoccuparmi per un’altra”). Il MCQ-C misura il contenuto del worry nelle seguenti scale: positive meta-worry (Alpha = .61, “Preoccuparmi mi aiuta a stare meglio”), negative meta-worry (Alpha = .78, “Se mi preoccupo molto potrei stare male”), superstitious, punishment and responsibility beliefs (Alpha = .70, “Se non riesco a bloccare i miei pensieri, potrebbe accadere qualcosa di brutto”) e cognitive monitoring (Alpha = .72, “Presto molta attenzione al mio modo di pensare”). I soggetti, che hanno risposto ai questionari in formato self-report, sono stati in seguito suddivisi in base ai punteggi ottenuti al RCMAS-2 in due gruppi, coloro che riportavano “ansia elevata” (punteggi T> 60, n= 19) e i rimanenti con livelli di “ansia normale” (n = 165). I punteggi ottenuti al PSWQ-C e al MCQ-C dai due gruppi (ansia elevata vs. normale) e tra generi sono stati quindi messi a confronto con l’ANOVA e la MANOVA. Dai risultati è emerso che i ragazzi con alti livelli di ansia riportano punteggi significativamente maggiori (p <.01) al PSWQ-C [F(1, 183) = 57,981] e in tutte le sottoscale del MCQ-C – negative meta-worry [F(1, 182) = 52,38], superstitious beliefs [F(1, 182) = 13,96] e monitoring [F(1, 182) = 4,35] – ad eccezione del positive meta-worry. Nei preadolescenti, le credenze positive sul worry non sembrano avere un ruolo specifico nelle manifestazioni d’ansia non patologiche, in linea con i dati riportati da Wells (2005) con adulti. Al contrario, le credenze negative sul “rimuginio”, il monitoraggio cognitivo e le credenze metacognitive superstiziose, di punizione e responsabilità sono presenti in bambini con elevati livelli d’ansia, come già osservato da Bacow et al. (2009) con gli adolescenti. Contrariamente a quanto riportato da Muris et al. (2004) nelle ragazze non sono stati riscontrati livelli di worry più elevati rispetto ai ragazzi. Infine, questi risultati supportano l’affidabilità dei due strumenti (PSWQ-C e MCQ-C) nella versione italiana e ne incoraggiano ulteriori applicazioni nella ricerca evolutiva e clinica.
Il ruolo della metacognizione nelle manifestazioni d'ansia in preadolescenza
BENEDETTO, Loredana;
2013-01-01
Abstract
Nato nell’ambito della psicologia dello sviluppo e della memoria (Flavell, 1979), lo studio della metacognizione ha assunto un ruolo centrale per comprendere la genesi e il mantenimento di diversi disturbi psicologici, in particolare quelli riconducibili alla sfera ansiosa (Ellis e Hudson, 2010). La metacognizione, come consapevolezza dei propri contenuti e processi cognitivi, orienta l’attenzione dell’individuo sugli stati interni e regola uno stile di coping centrato sul monitoraggio dei pensieri e delle emozioni. Il modello della funzione autoregolatoria di Wells e Matthews (1994) considera cruciali le credenze, le esperienze e le strategie metacognitive nel determinare stili di pensiero disfunzionali e il persistere di emozioni negative. Alcune persone rimangono imprigionate nel vortice della sofferenza emotiva perché, di fronte a particolari esperienze, i processi metacognitivi danno vita a un pattern di risposta che si manifesta con fenomeni di preoccupazione (worry), ruminazione, focalizzazione dell’attenzione su pensieri ed emozioni negative, uso di strategie di coping e/o di autoregolazione disfunzionali fra le quali il monitoraggio di questi processi. L’approccio metacognitivo sostiene che le credenze positive sui vantaggi del worry (“Preoccuparmi mi aiuta ad evitare i problemi”) e negative sull’incontrollabilità e la pericolosità del worry (“Preoccuparmi potrebbe farmi impazzire”) sono associate a “rimuginio patologico” quale caratteristica principale del disturbo d’ansia generalizzato e di altre manifestazioni dell’ansia. Studi evolutivi hanno dimostrato che il fenomeno del worry è presente già in bambini di età prescolare e che la capacità di rimuginare si affina con il progredire dello sviluppo cognitivo e della metacognizione (Ellis e Hudson, 2010). Scopo della ricerca è indagare la relazione tra ansia e worry in un campione non clinico di preadolescenti (età compresa tra gli 11 e i 13 anni) equamente distribuiti in base al genere. L’ipotesi è che soggetti con elevati livelli d’ansia presentino più frequentemente il fenomeno del worry e credenze metacognitive disfunzionali (quale l’idea che preoccuparsi aiuta a risolvere i problemi). Sono stati proposti a 184 studenti di scuola secondaria di I grado: a) la Revised Children’s Manifest Anxiety Scale (RCMAS-2; Reynolds e Richmand, ad. it. 2012) per valutare i livelli dell’ansia; b) il Penn State Worry Questionnaire for Children (PSWQ-C; Chorpita et al., 1997) e c) il Metacognitions Questionnaire for Children (MCQ-C; Bacow et al., 2009) nell’adattamento italiano realizzato con il consenso degli autori per questa ricerca. Il PSWQ-C è una scala monofattoriale (14 item, Alpha = .86 in questo campione) che misura la frequenza con cui bambini e ragazzi provano preoccupazioni eccessive, generalizzate e incontrollabili (“Appena finisco una cosa, inizio a preoccuparmi per un’altra”). Il MCQ-C misura il contenuto del worry nelle seguenti scale: positive meta-worry (Alpha = .61, “Preoccuparmi mi aiuta a stare meglio”), negative meta-worry (Alpha = .78, “Se mi preoccupo molto potrei stare male”), superstitious, punishment and responsibility beliefs (Alpha = .70, “Se non riesco a bloccare i miei pensieri, potrebbe accadere qualcosa di brutto”) e cognitive monitoring (Alpha = .72, “Presto molta attenzione al mio modo di pensare”). I soggetti, che hanno risposto ai questionari in formato self-report, sono stati in seguito suddivisi in base ai punteggi ottenuti al RCMAS-2 in due gruppi, coloro che riportavano “ansia elevata” (punteggi T> 60, n= 19) e i rimanenti con livelli di “ansia normale” (n = 165). I punteggi ottenuti al PSWQ-C e al MCQ-C dai due gruppi (ansia elevata vs. normale) e tra generi sono stati quindi messi a confronto con l’ANOVA e la MANOVA. Dai risultati è emerso che i ragazzi con alti livelli di ansia riportano punteggi significativamente maggiori (p <.01) al PSWQ-C [F(1, 183) = 57,981] e in tutte le sottoscale del MCQ-C – negative meta-worry [F(1, 182) = 52,38], superstitious beliefs [F(1, 182) = 13,96] e monitoring [F(1, 182) = 4,35] – ad eccezione del positive meta-worry. Nei preadolescenti, le credenze positive sul worry non sembrano avere un ruolo specifico nelle manifestazioni d’ansia non patologiche, in linea con i dati riportati da Wells (2005) con adulti. Al contrario, le credenze negative sul “rimuginio”, il monitoraggio cognitivo e le credenze metacognitive superstiziose, di punizione e responsabilità sono presenti in bambini con elevati livelli d’ansia, come già osservato da Bacow et al. (2009) con gli adolescenti. Contrariamente a quanto riportato da Muris et al. (2004) nelle ragazze non sono stati riscontrati livelli di worry più elevati rispetto ai ragazzi. Infine, questi risultati supportano l’affidabilità dei due strumenti (PSWQ-C e MCQ-C) nella versione italiana e ne incoraggiano ulteriori applicazioni nella ricerca evolutiva e clinica.Pubblicazioni consigliate
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