La disciplina giuridica del diporto nautico si è evoluta parallelamente alla crescita della navigazione a fini ricreativi o sportivi che, da fenomeno elitario fino al secondo dopoguerra, si è progressivamente diffusa a partire dagli anni ’70. Non è un caso, infatti, che la prima normativa specifica di settore si ha con la legge 11 febbraio 1971 n. 50 recante “Norme sulla navigazione da diporto”, in un periodo di piena crescita economica. Fino a tale intervento legislativo, invero, la disciplina della nautica da diporto era recata dal codice della navigazione, negli articoli da 213 a 218 relativi al comando e alla condotta di navi da diporto e di battelli a remi, al personale di camera e di famiglia, alla costruzione delle navi da diporto ed alla pesca effettuata con l’impiego delle stesse, nonché nell’art. 1212 che sanciva le pene per l’inosservanza delle disposizioni sulla navigazione da diporto. D’altra parte, il ridotto interesse del legislatore per la materia trovava plausibile spiegazione nel fatto che tale tipo di navigazione, da un lato, era esercitata per svago o finalità sportive e non mirava al soddisfacimento di esigenze generali di mobilità di cose e persone, e dall’altro, si trattava, come detto, di una pratica, all’epoca, di esigua diffusione. Nel periodo del “boom economico”, la crescita del comparto diportistico ha determinato le condizioni per una maggiore attenzione del legislatore alla materia, che si è tradotta nella emanazione di normative speciali a sostegno del relativo comparto, ma anche finalizzate a garantire la sicurezza della navigazione, a fronte del maggior numero di unità in circolazione. Più di recente, il diffondersi di un uso commerciale delle unità da diporto, non contemplato né nelle originarie previsioni del codice della navigazione, né nella legge speciale n. 50/71, ha determinato l’esigenza di una profonda revisione di tutta la disciplina, oggi raccolta nel “Codice della nautica da diporto” adottato con D.lgs. 171/2005 e nel regolamento di attuazione, emanato con d.m. 29 luglio 2008, n 146. Salvo lo scopo ultimo della finalità ricreativa o sportiva, il Codice della nautica ammette un uso “commerciale” dei mezzi allorquando un’unità da diporto è impiegata dai proprietari per fini di lucro attraverso, ad esempio, la stipula di contratti di locazione e noleggio, a condizione che il natante venga utilizzato dal consumatore finale che ne ottiene il possesso o la detenzione per fini esclusivamente lusorii. Il panorama degli strumenti relativi all’uso commerciale delle unità da diporto si è, peraltro, arricchito di ulteriori figure contrattuali, quali il noleggio occasionale, introdotte a seguito delle modifiche apportate al codice della nautica dalla recente legge n. 27 del 2012; modifiche che impongono una precisa ricognizione dei possibili utilizzi dell’imbarcazione e delle fonti di disciplina corrispondenti. Dalle considerazioni brevemente sviluppate, emerge infatti con chiarezza che la navigazione da diporto, per le caratteristiche dei mezzi, la natura non professionale dei soggetti ammessi ad utilizzarli e le modalità ed i fini dell’esercizio, pone una serie di problematiche specifiche inerenti – tra l’altro – all’organizzazione dell’attività ed alla gestione dei profili di sicurezza. Problematiche che hanno trovato una risposta, sia pure parziale, nel decreto n. 146 del 2008, che detta norme di sicurezza per la navigazione da diporto e fissa le condizioni per il rilascio del certificato di sicurezza, distinguendo a seconda dell’uso commerciale, o meno, delle unità. Si tratta, indubbiamente, di un complesso di regole speciali rispetto a quelle, ben più numerose e articolate, che presiedono alla sicurezza nella navigazione “comune”, le quali ultime, però, non escludono le navi da diporto (in considerazione delle loro caratteristiche strutturali) dal proprio ambito di applicazione, quando l’imbarcazione è utilizzata per fini commerciali e trasporta un certo numero di persone a bordo. Si pone, quindi, un problema di coordinamento della normativa in materia di sicurezza nella navigazione, da affrontare alla luce dei criteri di “primauté”, per il caso delle (numerosissime) disposizioni di origine comunitaria, e di specialità con riferimento alle norme interne di diritto marittimo. Sul punto, particolare interesse rivestono, peraltro, le previsioni della recente direttiva 2013/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle imbarcazioni da diporto e alle moto d’acqua, che fissa i principi per la progettazione e la fabbricazione dei prodotti in uso nella navigazione da diporto nonché le norme sulla loro libera circolazione. Da ultimo, la difficile congiuntura economica in corso, incidendo significativamente sul settore de quo, ha fatto emergere la necessità di una revisione delle, pur recenti, norme codicistiche e l’introduzione di misure fiscali di favore. Il DDL n. 1167 relativo alla delega al Governo per la riforma del codice del 2005, allo stato all’esame della Commissione Lavori Pubblici e Trasporti del Senato, si pone proprio nell’ottica di un rilancio della nautica, da conseguire attraverso una semplificazione del regime amministrativo e di utilizzazione delle unità, cui si accompagna, però, una più estesa attività di controllo in materia di sicurezza e prevenzione dei sinistri, in un settore di fatto trascurato delle disposizioni (nazionali e comunitarie) sulla valutazione del rischio pur essendo connotato da livelli di incidentalità significativi e crescenti.
Profili giuridici della sicurezza nella nautica da diporto
INGRATOCI SCORCIAPINO, Cinzia;PELLEGRINO, Francesca
2014-01-01
Abstract
La disciplina giuridica del diporto nautico si è evoluta parallelamente alla crescita della navigazione a fini ricreativi o sportivi che, da fenomeno elitario fino al secondo dopoguerra, si è progressivamente diffusa a partire dagli anni ’70. Non è un caso, infatti, che la prima normativa specifica di settore si ha con la legge 11 febbraio 1971 n. 50 recante “Norme sulla navigazione da diporto”, in un periodo di piena crescita economica. Fino a tale intervento legislativo, invero, la disciplina della nautica da diporto era recata dal codice della navigazione, negli articoli da 213 a 218 relativi al comando e alla condotta di navi da diporto e di battelli a remi, al personale di camera e di famiglia, alla costruzione delle navi da diporto ed alla pesca effettuata con l’impiego delle stesse, nonché nell’art. 1212 che sanciva le pene per l’inosservanza delle disposizioni sulla navigazione da diporto. D’altra parte, il ridotto interesse del legislatore per la materia trovava plausibile spiegazione nel fatto che tale tipo di navigazione, da un lato, era esercitata per svago o finalità sportive e non mirava al soddisfacimento di esigenze generali di mobilità di cose e persone, e dall’altro, si trattava, come detto, di una pratica, all’epoca, di esigua diffusione. Nel periodo del “boom economico”, la crescita del comparto diportistico ha determinato le condizioni per una maggiore attenzione del legislatore alla materia, che si è tradotta nella emanazione di normative speciali a sostegno del relativo comparto, ma anche finalizzate a garantire la sicurezza della navigazione, a fronte del maggior numero di unità in circolazione. Più di recente, il diffondersi di un uso commerciale delle unità da diporto, non contemplato né nelle originarie previsioni del codice della navigazione, né nella legge speciale n. 50/71, ha determinato l’esigenza di una profonda revisione di tutta la disciplina, oggi raccolta nel “Codice della nautica da diporto” adottato con D.lgs. 171/2005 e nel regolamento di attuazione, emanato con d.m. 29 luglio 2008, n 146. Salvo lo scopo ultimo della finalità ricreativa o sportiva, il Codice della nautica ammette un uso “commerciale” dei mezzi allorquando un’unità da diporto è impiegata dai proprietari per fini di lucro attraverso, ad esempio, la stipula di contratti di locazione e noleggio, a condizione che il natante venga utilizzato dal consumatore finale che ne ottiene il possesso o la detenzione per fini esclusivamente lusorii. Il panorama degli strumenti relativi all’uso commerciale delle unità da diporto si è, peraltro, arricchito di ulteriori figure contrattuali, quali il noleggio occasionale, introdotte a seguito delle modifiche apportate al codice della nautica dalla recente legge n. 27 del 2012; modifiche che impongono una precisa ricognizione dei possibili utilizzi dell’imbarcazione e delle fonti di disciplina corrispondenti. Dalle considerazioni brevemente sviluppate, emerge infatti con chiarezza che la navigazione da diporto, per le caratteristiche dei mezzi, la natura non professionale dei soggetti ammessi ad utilizzarli e le modalità ed i fini dell’esercizio, pone una serie di problematiche specifiche inerenti – tra l’altro – all’organizzazione dell’attività ed alla gestione dei profili di sicurezza. Problematiche che hanno trovato una risposta, sia pure parziale, nel decreto n. 146 del 2008, che detta norme di sicurezza per la navigazione da diporto e fissa le condizioni per il rilascio del certificato di sicurezza, distinguendo a seconda dell’uso commerciale, o meno, delle unità. Si tratta, indubbiamente, di un complesso di regole speciali rispetto a quelle, ben più numerose e articolate, che presiedono alla sicurezza nella navigazione “comune”, le quali ultime, però, non escludono le navi da diporto (in considerazione delle loro caratteristiche strutturali) dal proprio ambito di applicazione, quando l’imbarcazione è utilizzata per fini commerciali e trasporta un certo numero di persone a bordo. Si pone, quindi, un problema di coordinamento della normativa in materia di sicurezza nella navigazione, da affrontare alla luce dei criteri di “primauté”, per il caso delle (numerosissime) disposizioni di origine comunitaria, e di specialità con riferimento alle norme interne di diritto marittimo. Sul punto, particolare interesse rivestono, peraltro, le previsioni della recente direttiva 2013/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle imbarcazioni da diporto e alle moto d’acqua, che fissa i principi per la progettazione e la fabbricazione dei prodotti in uso nella navigazione da diporto nonché le norme sulla loro libera circolazione. Da ultimo, la difficile congiuntura economica in corso, incidendo significativamente sul settore de quo, ha fatto emergere la necessità di una revisione delle, pur recenti, norme codicistiche e l’introduzione di misure fiscali di favore. Il DDL n. 1167 relativo alla delega al Governo per la riforma del codice del 2005, allo stato all’esame della Commissione Lavori Pubblici e Trasporti del Senato, si pone proprio nell’ottica di un rilancio della nautica, da conseguire attraverso una semplificazione del regime amministrativo e di utilizzazione delle unità, cui si accompagna, però, una più estesa attività di controllo in materia di sicurezza e prevenzione dei sinistri, in un settore di fatto trascurato delle disposizioni (nazionali e comunitarie) sulla valutazione del rischio pur essendo connotato da livelli di incidentalità significativi e crescenti.Pubblicazioni consigliate
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