Il tessuto osseo autologo è considerato unanimemente il gold standard negli interventi di ricostruzione ossea preimplantare con capacità osteoconduttive, osteoinduttive, parziale capacità osteogenica diretta . Recenti acquisizioni in Letteratura mostrano però che sia l’osso autologo sia l’osso omologo siano sostanzialmente privi di osteociti vitali rimarcando l’assenza di una funzione osteogenetica degli innesti e suggerendo che entrambi svolgano quasi esclusivamente una funzione di mantenimento di spazio e di osteoconduzione. MATERIALI E METODI Il nostro studio è stato effettuato presso l’UOSD di Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Università degli Studi “G. Martino” di Messina nel periodo compreso fra il 2009 e il 2014 durante il quale sono stati trattati 40 casi con perdite di sostanza ossea mascellare , post-traumatica . Tutti i pazienti sono stati pre-operatoriamente valutati clinicamente e mediante analisi radiografica (OPT e TC dentascan) e analisi gipsometrica con studio dei modelli in gesso . Tutti i pazienti sono stati trattati mediante osso omologo di banca addizionato di fattori di crescita autologhi (AGF) . In tutti i casi è stato eseguito controllo clinico-radiografico (CT scans / SPECT analysis) peri- e post-operatorio trimestrale, indagini istologiche . RISULTATI Clinicamente, nella nostra esperienza l’uso dell’osso omologo associato al gel piastrinico è un procedimento privo di complicanze, ben tollerato da tutti i pazienti, di facile applicazione chirurgica, e che permette un pronto recupero morfo-funzionale . Radiograficamente, già al controllo effettuato dopo tre mesi, era evidente in tutte le sedi uno stadio medio-avanzato di integrazione ossea . Particolarmente rilevante è stata la ricostruzione della normale anatomia loco-regionale. A nove mesi era manifesta la corticalizzazione quasi completa dell’innesto. CONCLUSIONI In attesa di acquisire ulteriori e definitivi risultati istomorfologici di confronto riguardo la vitalità cellulare, la nostra esperienza clinica preliminare sembra ci possa permettere di affermare che può essere vantaggiosamente sostituito da sostituti ossei di origine omologa come materiale di 1a scelta, bypassando gli svantaggi della tecnica con osso autologo, non ultimo la necessità di un 2° sito chirurgico per il prelievo. Qualora confermate i primi riscontri sulla vitalità cellulare negli innesti autologhi è possibile sostenere che l’osso autologo perde quella valenza di gold standard in tema di ripristino anatomico nelle perdite di sostanza ossee . Alla luce degli sviluppi nel campo dell’ingegneria tissutale, si segnala inoltre un incremento delle performances in caso di uso combinato : osso omologo + fattori di crescita piastrinici (AGF) allo scopo di aumentare la capacità osteoinduttiva e per stimolare l’osteogenesi del tessuto osseo di banca , in accordo con alcuni studi sperimentali presentati in Letteratura. Ulteriori studi, possibilmente su casistiche più ampie, sono in corso per confermare i risultati ottenuti .

L’OSSO AUTOLOGO VERSUS L’OSSO OMOLOGO - DALLA CHIRURGIA DEI TRAUMI E DEGLI ESITI ALLA PRE-PROTESICA: E’ ANCORA IL GOLD STANDARD NELLA CHIRURGIA RIGENERATIVA OSSEA?NOSTRA ESPERIENZA .

MICALI, GREGORIO;CATALFAMO, Luciano Maria;FALZEA, Renato;MATYASOVA, JANA;CALVO, ALESSANDRO;CRIMI, SALVATORE;D'ALESSANDRO, BIANCA;RUNCI, MICHELE;
2015-01-01

Abstract

Il tessuto osseo autologo è considerato unanimemente il gold standard negli interventi di ricostruzione ossea preimplantare con capacità osteoconduttive, osteoinduttive, parziale capacità osteogenica diretta . Recenti acquisizioni in Letteratura mostrano però che sia l’osso autologo sia l’osso omologo siano sostanzialmente privi di osteociti vitali rimarcando l’assenza di una funzione osteogenetica degli innesti e suggerendo che entrambi svolgano quasi esclusivamente una funzione di mantenimento di spazio e di osteoconduzione. MATERIALI E METODI Il nostro studio è stato effettuato presso l’UOSD di Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Università degli Studi “G. Martino” di Messina nel periodo compreso fra il 2009 e il 2014 durante il quale sono stati trattati 40 casi con perdite di sostanza ossea mascellare , post-traumatica . Tutti i pazienti sono stati pre-operatoriamente valutati clinicamente e mediante analisi radiografica (OPT e TC dentascan) e analisi gipsometrica con studio dei modelli in gesso . Tutti i pazienti sono stati trattati mediante osso omologo di banca addizionato di fattori di crescita autologhi (AGF) . In tutti i casi è stato eseguito controllo clinico-radiografico (CT scans / SPECT analysis) peri- e post-operatorio trimestrale, indagini istologiche . RISULTATI Clinicamente, nella nostra esperienza l’uso dell’osso omologo associato al gel piastrinico è un procedimento privo di complicanze, ben tollerato da tutti i pazienti, di facile applicazione chirurgica, e che permette un pronto recupero morfo-funzionale . Radiograficamente, già al controllo effettuato dopo tre mesi, era evidente in tutte le sedi uno stadio medio-avanzato di integrazione ossea . Particolarmente rilevante è stata la ricostruzione della normale anatomia loco-regionale. A nove mesi era manifesta la corticalizzazione quasi completa dell’innesto. CONCLUSIONI In attesa di acquisire ulteriori e definitivi risultati istomorfologici di confronto riguardo la vitalità cellulare, la nostra esperienza clinica preliminare sembra ci possa permettere di affermare che può essere vantaggiosamente sostituito da sostituti ossei di origine omologa come materiale di 1a scelta, bypassando gli svantaggi della tecnica con osso autologo, non ultimo la necessità di un 2° sito chirurgico per il prelievo. Qualora confermate i primi riscontri sulla vitalità cellulare negli innesti autologhi è possibile sostenere che l’osso autologo perde quella valenza di gold standard in tema di ripristino anatomico nelle perdite di sostanza ossee . Alla luce degli sviluppi nel campo dell’ingegneria tissutale, si segnala inoltre un incremento delle performances in caso di uso combinato : osso omologo + fattori di crescita piastrinici (AGF) allo scopo di aumentare la capacità osteoinduttiva e per stimolare l’osteogenesi del tessuto osseo di banca , in accordo con alcuni studi sperimentali presentati in Letteratura. Ulteriori studi, possibilmente su casistiche più ampie, sono in corso per confermare i risultati ottenuti .
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