È ben noto che la Grande Guerra è stata unanimemente considerata dagli storici un evento periodizzante, destinato a cambiare per sempre non solo il modo di considerare i conflitti bellici, ma anche tutto il sistema di vivere nella nostra società. In Italia, il periodo successivo ad essa fu fortemente segnato da una generale caduta del tenore di vita, che rallentò gravemente la fase di riconversione produttiva, o meglio il passaggio da un’economia di guerra a un’economia di pace. Tale sforzo di riorganizzazione, era inoltre aggravato anche da problemi di ordine finanziario che affliggevano le banche, con la conseguenza di un progressivo allargamento di una grave crisi di liquidità. Nello stesso periodo, tuttavia, si evidenziò anche la necessità di fornire sostegno ad uno dei settori che più avevano caratterizzato e caratterizzavano l’industria italiana: la cantieristica navale. Infatti, i provvedimenti protettivi e i sussidi attuati dal governo non risultavano più sufficienti a mitigare i riflessi della situazione che risentiva, tra l’altro, pure della congiuntura internazionale sfavorevole alla marina mercantile. Si profilò così, ad opera di Alberto Beneduce, la creazione di un apposito Istituto che provvedesse al finanziamento in particolare delle costruzioni di transatlantici di lusso e di grandi dimensioni. L’Istituto per il Credito Navale (ICN), fondato nel 1928 con R.D.L. 5 luglio n. 1817, assumeva pertanto, un ruolo primario di sostegno al settore. Il nuovo organismo aveva carattere di ente di diritto pubblico con lo scopo di effettuare operazioni di mutuo a favore di imprese private di nazionalità italiana, che esercitavano la navigazione marittima. Le somme concesse dovevano essere impiegate anche per l’incremento del naviglio mercantile nazionale e per l’intensificazione dei traffici marittimi. Il meccanismo di raccolta delle risorse si fondava sull’emissione di obbligazioni con forti garanzie dirette e indirette da parte dello Stato, prefigurando un primo esempio di mercato nazionale delle obbligazioni. Inoltre, i mutui concessi rappresentavano un efficace meccanismo d’indirizzo delle risorse finanziarie e di sostegno dell’economia nazionale in settori considerati trainanti che si trovavano, tuttavia, in situazioni di forte disaggio. Sotto tale profilo, infatti, l’Istituto, che rappresentava un’alternativa alle banche miste e agiva come sostituto e integratore dei processi di trasferimento dal risparmio all’investimento industriale, delineava un importante indirizzo delle risorse a sostegno dell’economia mediante una sapiente gestione effettuata da un’élite di tecnocrati legati al potere fascista. Nel presente lavoro s’intende indagare sulle vicende che hanno caratterizzato l’Istituto di Credito Navale come forma d’intervento pubblico finalizzato allo sviluppo del settore dell’industria cantieristica, considerato trainante nell’economia italiana. In tale prospettiva il ruolo dell’Istituto di Credito è stato analizzato in relazione al turbolento periodo storico tra le due guerre, al fine di comprendere i meccanismi sottesi alla sua nascita e le motivazioni per le quali, solo dopo dieci anni dalla sua istituzione, si sia ritenuto necessario l’assorbimento delle sue funzioni da parte dell’IMI. L'indagine è perfezionata anche dall’osservazione della documentazione contabile societaria. L’analisi proposta si basa sull’applicazione del paradigma foucaultiano del “metodo genealogico”. È questo un approccio metodologico che si è ritenuto funzionale al caso dell’Istituto di Credito Navale. Nella concezione di Foucault la storia non descrive sviluppi lineari, ma è piuttosto scandita da momenti e da fratture che generano nette separazioni tra una certa configurazione del presente e quelle che la hanno preceduta e che la seguiranno. Essa non traccia, pertanto, mutazioni progressive, indirizzate a una crescente razionalità, ma piuttosto da luogo a diverse strutture di realtà tutte dotate di una propria distinta verità e razionalità. Tale percorso teorico consente di comprendere la vicenda indagata, come l’emergere improvviso di un fenomeno contingente che, così come repentinamente apparso, ha anche avuto un rapido epilogo. La filigrana dei conflitti bellici all’interno dei quali si muove l’Istituto di Credito Navale rafforza la concezione di una storia rapsodica e giustifica l’idea in base alla quale, nella storia, non vi è nulla di predeterminato. In particolare, il punto di partenza di questa “rottura delle evidenze” è il concetto di evento che si oppone a qualunque forma di filosofia della storia come continua e orientata teleologicamente a partire da un principio primo. L’evento, invece, si presenta come irregolare e discontinuo, come rischio non controllabile i cui esiti non sono predeterminati. Lo studio è stato condotto attraverso la ricognizione e l’analisi di fonti documentarie primarie (quali leggi, decreti, libri contabili e bilanci) presenti presso l’Archivio Centrale di Stato (ACS) e gli archivi aggregati dell’IMI (dati Archivio Storico Intesa Sanpaolo). Tali fonti documentarie sono state integrate con fonti documentarie secondarie provenienti soprattutto da fondi archivistici riferibili al periodo storico osservato e dell’analisi delle caratteristiche della sua organizzazione politica ed amministrativa. Alla luce di quanto verificato ed esposto, si ritiene che la ricostruzione delle vicende collegate alla nascita dell’ICN in un periodo di crisi com’è stato quello tra le due guerre, possa costituire un interessante argomento di confronto anche al fine di meglio cogliere le dinamiche economiche che interessano il nostro Paese, in relazione anche al contesto internazionale, nel momento attuale.

Il finanziamento alle imprese armatoriali in Italia nel periodo tra le due guerre: il contributo dell’Istituto per il Credito Navale

PULEJO, Luisa
Co-primo
;
CENTORRINO, Giovanna
Co-primo
2016-01-01

Abstract

È ben noto che la Grande Guerra è stata unanimemente considerata dagli storici un evento periodizzante, destinato a cambiare per sempre non solo il modo di considerare i conflitti bellici, ma anche tutto il sistema di vivere nella nostra società. In Italia, il periodo successivo ad essa fu fortemente segnato da una generale caduta del tenore di vita, che rallentò gravemente la fase di riconversione produttiva, o meglio il passaggio da un’economia di guerra a un’economia di pace. Tale sforzo di riorganizzazione, era inoltre aggravato anche da problemi di ordine finanziario che affliggevano le banche, con la conseguenza di un progressivo allargamento di una grave crisi di liquidità. Nello stesso periodo, tuttavia, si evidenziò anche la necessità di fornire sostegno ad uno dei settori che più avevano caratterizzato e caratterizzavano l’industria italiana: la cantieristica navale. Infatti, i provvedimenti protettivi e i sussidi attuati dal governo non risultavano più sufficienti a mitigare i riflessi della situazione che risentiva, tra l’altro, pure della congiuntura internazionale sfavorevole alla marina mercantile. Si profilò così, ad opera di Alberto Beneduce, la creazione di un apposito Istituto che provvedesse al finanziamento in particolare delle costruzioni di transatlantici di lusso e di grandi dimensioni. L’Istituto per il Credito Navale (ICN), fondato nel 1928 con R.D.L. 5 luglio n. 1817, assumeva pertanto, un ruolo primario di sostegno al settore. Il nuovo organismo aveva carattere di ente di diritto pubblico con lo scopo di effettuare operazioni di mutuo a favore di imprese private di nazionalità italiana, che esercitavano la navigazione marittima. Le somme concesse dovevano essere impiegate anche per l’incremento del naviglio mercantile nazionale e per l’intensificazione dei traffici marittimi. Il meccanismo di raccolta delle risorse si fondava sull’emissione di obbligazioni con forti garanzie dirette e indirette da parte dello Stato, prefigurando un primo esempio di mercato nazionale delle obbligazioni. Inoltre, i mutui concessi rappresentavano un efficace meccanismo d’indirizzo delle risorse finanziarie e di sostegno dell’economia nazionale in settori considerati trainanti che si trovavano, tuttavia, in situazioni di forte disaggio. Sotto tale profilo, infatti, l’Istituto, che rappresentava un’alternativa alle banche miste e agiva come sostituto e integratore dei processi di trasferimento dal risparmio all’investimento industriale, delineava un importante indirizzo delle risorse a sostegno dell’economia mediante una sapiente gestione effettuata da un’élite di tecnocrati legati al potere fascista. Nel presente lavoro s’intende indagare sulle vicende che hanno caratterizzato l’Istituto di Credito Navale come forma d’intervento pubblico finalizzato allo sviluppo del settore dell’industria cantieristica, considerato trainante nell’economia italiana. In tale prospettiva il ruolo dell’Istituto di Credito è stato analizzato in relazione al turbolento periodo storico tra le due guerre, al fine di comprendere i meccanismi sottesi alla sua nascita e le motivazioni per le quali, solo dopo dieci anni dalla sua istituzione, si sia ritenuto necessario l’assorbimento delle sue funzioni da parte dell’IMI. L'indagine è perfezionata anche dall’osservazione della documentazione contabile societaria. L’analisi proposta si basa sull’applicazione del paradigma foucaultiano del “metodo genealogico”. È questo un approccio metodologico che si è ritenuto funzionale al caso dell’Istituto di Credito Navale. Nella concezione di Foucault la storia non descrive sviluppi lineari, ma è piuttosto scandita da momenti e da fratture che generano nette separazioni tra una certa configurazione del presente e quelle che la hanno preceduta e che la seguiranno. Essa non traccia, pertanto, mutazioni progressive, indirizzate a una crescente razionalità, ma piuttosto da luogo a diverse strutture di realtà tutte dotate di una propria distinta verità e razionalità. Tale percorso teorico consente di comprendere la vicenda indagata, come l’emergere improvviso di un fenomeno contingente che, così come repentinamente apparso, ha anche avuto un rapido epilogo. La filigrana dei conflitti bellici all’interno dei quali si muove l’Istituto di Credito Navale rafforza la concezione di una storia rapsodica e giustifica l’idea in base alla quale, nella storia, non vi è nulla di predeterminato. In particolare, il punto di partenza di questa “rottura delle evidenze” è il concetto di evento che si oppone a qualunque forma di filosofia della storia come continua e orientata teleologicamente a partire da un principio primo. L’evento, invece, si presenta come irregolare e discontinuo, come rischio non controllabile i cui esiti non sono predeterminati. Lo studio è stato condotto attraverso la ricognizione e l’analisi di fonti documentarie primarie (quali leggi, decreti, libri contabili e bilanci) presenti presso l’Archivio Centrale di Stato (ACS) e gli archivi aggregati dell’IMI (dati Archivio Storico Intesa Sanpaolo). Tali fonti documentarie sono state integrate con fonti documentarie secondarie provenienti soprattutto da fondi archivistici riferibili al periodo storico osservato e dell’analisi delle caratteristiche della sua organizzazione politica ed amministrativa. Alla luce di quanto verificato ed esposto, si ritiene che la ricostruzione delle vicende collegate alla nascita dell’ICN in un periodo di crisi com’è stato quello tra le due guerre, possa costituire un interessante argomento di confronto anche al fine di meglio cogliere le dinamiche economiche che interessano il nostro Paese, in relazione anche al contesto internazionale, nel momento attuale.
2016
978-88-6659-092-7
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