Le ricerche condotte fino ad oggi sullo zooplancton nell’Oceano Meridionale, e specialmente nel Continente Antartico, sono state tradizionalmente focalizzate su una specie che ricopre un ruolo chiave negli ecosistemi di queste regioni, qual è il krill (Euphausia superba), includendo anche diverse specie di copepodi come Calanoides acutus, Rhincalanus gigas e Metridia gerlachei (Schnack-Schiel & Hagen 1994; Fransz & Gonzalez 1997; Atkinson 1998; Voronina 1998). Più recentemente, è stato aggiunto in questa lista di organismi il tunicato Salpa thompsoni, data la sua alta densità stagionale e il suo alto tasso di grazing che hanno contribuito al flusso verticale di materiale particellato, nonché al suo continuo aumento nelle regioni del Sud in risposta al surriscaldamento dell’oceano (Pakhomov et al. 2002; Atkinson et al. 2004). Nonostante ciò, i dati su altri gruppi planctonici sono insufficienti, ed invece, sarebbero interessanti per comprendere meglio il funzionamento degli ecosistemi dell'Oceano Meridionale e gli impatti ecologici dei cambiamenti climatici. Negli ultimi anni, uno di questi gruppi che sta suscitando l’attenzione di diversi studiosi è la classe degli pteropodi, un termine generico utilizzato per indicare un gruppo di molluschi gasteropodi che si sono adattati completamente ad un ciclo di vita pelagica. Sebbene essi rappresentano una grossa percentuale del mesozooplancton delle regioni polari, fino a poco tempo fa il ruolo degli pteropodi negli ecosistemi dell'Oceano Meridionale è stato in gran parte ignorato e pochi studi si sono concentrati sulla loro ecologia e biologia. Solo di recente i tecosomati si trovano al centro di un vasto interesse scientifico per lo studio degli oceani, in quanto, potrebbero subire un forte impatto dai possibili cambiamenti climatici, con conseguenze che andrebbero a ripercuotersi a livello degli ecosistemi polari. La conseguenza dell’aumentata acidità degli oceani, potrebbe portare quindi un cambiamento importante nella distribuzione degli pteropodi, ipotizzando anche una loro eventuale scomparsa dagli ecosistemi dell'Oceano Meridionale, ed un successivo impatto a cascata sull’intera rete trofica marina. Tuttavia, come l’eventuale scomparsa di questa specie possa influire sull’intero ecosistema artico e antartico è ancora da chiarire. Proprio per chiarire queste problematiche, negli ultimi anni le ricerche si sono incentrate sullo studio di una classe di pteropodi e nello specifico, della specie Limacina helicina (Phipps, 1774). Essa fu descritta per la prima volta nelle acque artiche da Martens (1675), oggi conosciuta per essere una specie bipolare, cioè comune sia nell'Artico che nell'Antartico (Van der Spoel 1967; Bé & Gilmer 1977). Limacina helicina gioca un ruolo chiave negli ecosistemi costieri polari, nei quali essa rappresenta più del 50% di biomassa dello zooplancton (Sakshaug et al. 1994).

Distribuzione spazio-temporale del mollusco pteropode Limacina helicina antarctica, specie chiave nella zona occidentale del Mare di Ross (Oceano Antartico)

ALAMPI, ROBERTO
2017-01-23

Abstract

Le ricerche condotte fino ad oggi sullo zooplancton nell’Oceano Meridionale, e specialmente nel Continente Antartico, sono state tradizionalmente focalizzate su una specie che ricopre un ruolo chiave negli ecosistemi di queste regioni, qual è il krill (Euphausia superba), includendo anche diverse specie di copepodi come Calanoides acutus, Rhincalanus gigas e Metridia gerlachei (Schnack-Schiel & Hagen 1994; Fransz & Gonzalez 1997; Atkinson 1998; Voronina 1998). Più recentemente, è stato aggiunto in questa lista di organismi il tunicato Salpa thompsoni, data la sua alta densità stagionale e il suo alto tasso di grazing che hanno contribuito al flusso verticale di materiale particellato, nonché al suo continuo aumento nelle regioni del Sud in risposta al surriscaldamento dell’oceano (Pakhomov et al. 2002; Atkinson et al. 2004). Nonostante ciò, i dati su altri gruppi planctonici sono insufficienti, ed invece, sarebbero interessanti per comprendere meglio il funzionamento degli ecosistemi dell'Oceano Meridionale e gli impatti ecologici dei cambiamenti climatici. Negli ultimi anni, uno di questi gruppi che sta suscitando l’attenzione di diversi studiosi è la classe degli pteropodi, un termine generico utilizzato per indicare un gruppo di molluschi gasteropodi che si sono adattati completamente ad un ciclo di vita pelagica. Sebbene essi rappresentano una grossa percentuale del mesozooplancton delle regioni polari, fino a poco tempo fa il ruolo degli pteropodi negli ecosistemi dell'Oceano Meridionale è stato in gran parte ignorato e pochi studi si sono concentrati sulla loro ecologia e biologia. Solo di recente i tecosomati si trovano al centro di un vasto interesse scientifico per lo studio degli oceani, in quanto, potrebbero subire un forte impatto dai possibili cambiamenti climatici, con conseguenze che andrebbero a ripercuotersi a livello degli ecosistemi polari. La conseguenza dell’aumentata acidità degli oceani, potrebbe portare quindi un cambiamento importante nella distribuzione degli pteropodi, ipotizzando anche una loro eventuale scomparsa dagli ecosistemi dell'Oceano Meridionale, ed un successivo impatto a cascata sull’intera rete trofica marina. Tuttavia, come l’eventuale scomparsa di questa specie possa influire sull’intero ecosistema artico e antartico è ancora da chiarire. Proprio per chiarire queste problematiche, negli ultimi anni le ricerche si sono incentrate sullo studio di una classe di pteropodi e nello specifico, della specie Limacina helicina (Phipps, 1774). Essa fu descritta per la prima volta nelle acque artiche da Martens (1675), oggi conosciuta per essere una specie bipolare, cioè comune sia nell'Artico che nell'Antartico (Van der Spoel 1967; Bé & Gilmer 1977). Limacina helicina gioca un ruolo chiave negli ecosistemi costieri polari, nei quali essa rappresenta più del 50% di biomassa dello zooplancton (Sakshaug et al. 1994).
23-gen-2017
Antartide, Limacina, Clione, Pteropode, Oceano Meridionale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11570/3103963
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