L’adultità emergente (quel periodo compreso all’incirca fra 18 e 25 anni) è stata definita come l’età delle esplorazioni identitarie, dell'instabilità e delle possibilità (Arnett, 2004). È una fase della vita in cui si è come sospesi tra “ciò che forse si sarà” ma non si è ancora, in cui le sfide per conseguire lo status di adulto implicano impegno e sforzo (prefigurare obiettivi e aspirare a una posizione, pianificare e realizzare la propria formazione) per acquisire le abilità necessarie a collocarsi in un’economia globale e fortemente digitalizzata (Arnett, 2007). Possono caratterizzarla rischio esternalizzato e internalizzato, secondo le dinamiche del modello sistemico-interazionista messo in luce da Jessor e colleghi (1991). Modello che può fornire le giuste chiavi di lettura per comprendere le espressioni del disagio, ma anche del benessere, specifiche delle transizioni verso un’adultità compiuta.Crescere in periferie metropolitane degradate e a forte presenza criminale (contributo di Parrello e colleghi) si riverbera sul disagio scolastico e familiare (con scarsi livelli di soddisfazione in entrambi i contesti) e comporta «effetti perversi, quali l’interiorizzazione della marginalizzazione e lo scarso accesso alla capacità di aspirare». Non meno difficile la situazione dei giovani NEET (Not in Education, Employment or Training), in particolare quelli campani (contributo di Parola & Donsì), per i quali l’ampia disponibilità di tempo libero non si traduce in partecipazione ad attività sociali, culturali o politiche, ma si associa ad uno stato di malessere psicologico e ad un forte senso di sfiducia nei confronti del futuro. In una società intensamente digitalizzata, in cui lavorare e studiare comporta un uso frequente, spesso in multitasking delle tecnologie informatiche, il disagio può assumere la forma dell’uso compulsivo di internet (contributo di Ingrassia e colleghi) e presentarsi come un fenomeno trasversale, la cui prevalenza appare legata più alle caratteristiche personali (genere maschile e depressione) che allo status occupazionale (impiegati, liberi professionisti o disoccupati) o alla condizione di studente di chi lo manifesta. Infine, benché le transizioni appaiano “faticose”, non sempre il percorso verso l’adultità è segnato da “disagio”: ottimismo e senso religioso (presentazione di Inguglia e colleghi) possono contribuire ad accrescere la soddisfazione per la propria vita, con specificità tipiche tra adolescenza, tarda adolescenza e giovane età adulta. Il simposio, partendo dall’analisi empirica di queste espressioni del disagio, pone il focus sulle a volte difficili dinamiche di adattamento e sulla promozione del benessere in una fase dello sviluppo ancora trascurata dalla ricerca empirica.

Tra benessere e disagio, le transizioni verso l'emerging adulthood

Massimo Ingrassia
2017-01-01

Abstract

L’adultità emergente (quel periodo compreso all’incirca fra 18 e 25 anni) è stata definita come l’età delle esplorazioni identitarie, dell'instabilità e delle possibilità (Arnett, 2004). È una fase della vita in cui si è come sospesi tra “ciò che forse si sarà” ma non si è ancora, in cui le sfide per conseguire lo status di adulto implicano impegno e sforzo (prefigurare obiettivi e aspirare a una posizione, pianificare e realizzare la propria formazione) per acquisire le abilità necessarie a collocarsi in un’economia globale e fortemente digitalizzata (Arnett, 2007). Possono caratterizzarla rischio esternalizzato e internalizzato, secondo le dinamiche del modello sistemico-interazionista messo in luce da Jessor e colleghi (1991). Modello che può fornire le giuste chiavi di lettura per comprendere le espressioni del disagio, ma anche del benessere, specifiche delle transizioni verso un’adultità compiuta.Crescere in periferie metropolitane degradate e a forte presenza criminale (contributo di Parrello e colleghi) si riverbera sul disagio scolastico e familiare (con scarsi livelli di soddisfazione in entrambi i contesti) e comporta «effetti perversi, quali l’interiorizzazione della marginalizzazione e lo scarso accesso alla capacità di aspirare». Non meno difficile la situazione dei giovani NEET (Not in Education, Employment or Training), in particolare quelli campani (contributo di Parola & Donsì), per i quali l’ampia disponibilità di tempo libero non si traduce in partecipazione ad attività sociali, culturali o politiche, ma si associa ad uno stato di malessere psicologico e ad un forte senso di sfiducia nei confronti del futuro. In una società intensamente digitalizzata, in cui lavorare e studiare comporta un uso frequente, spesso in multitasking delle tecnologie informatiche, il disagio può assumere la forma dell’uso compulsivo di internet (contributo di Ingrassia e colleghi) e presentarsi come un fenomeno trasversale, la cui prevalenza appare legata più alle caratteristiche personali (genere maschile e depressione) che allo status occupazionale (impiegati, liberi professionisti o disoccupati) o alla condizione di studente di chi lo manifesta. Infine, benché le transizioni appaiano “faticose”, non sempre il percorso verso l’adultità è segnato da “disagio”: ottimismo e senso religioso (presentazione di Inguglia e colleghi) possono contribuire ad accrescere la soddisfazione per la propria vita, con specificità tipiche tra adolescenza, tarda adolescenza e giovane età adulta. Il simposio, partendo dall’analisi empirica di queste espressioni del disagio, pone il focus sulle a volte difficili dinamiche di adattamento e sulla promozione del benessere in una fase dello sviluppo ancora trascurata dalla ricerca empirica.
2017
978886531-462-3
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