Secondo Aby Warburg, a metà Seicento la novità della pittura di Rembrandt consiste nel fatto che essa punta a raffigurare il momento della tensione interiore, il conflitto di pensieri che precede l’azione anziché l’azione stessa. Così, per illustrare la storia di Medea, Rembrandt non sceglie l’episodio cruento dell’infanticidio, né gli incantesimi della maga, ma rappresenta invece Medea in un angolo buio del tempio in cui si celebrano le nozze fra Creusa e Giasone, prima ancora che si risolva al delitto. È il momento in cui il personaggio è come scisso e combattuto fra personalità opposte. In questo volume l’intento è quello di esplorare l’emergere e il diffondersi della figura del «nemico interno» nella cultura del primo Seicento come dato costitutivo dell’antropologia letteraria e culturale dell’Europa moderna. Infatti, accanto al tema del molteplice, dell’esotico e del meraviglioso, la cultura del Seicento tende a delimitare e modellare l’identità individuale e collettiva come esito di una «guerra» interiore contro un nemico nascosto e nell’ombra. Ciò vale, in campo politico, per la trattatistica europea sulla Ragion di Stato concentrata in particolare sul problema della «guerra interna», da Botero fino alla Polizeiwissenschaft del primo Settecento. Ma ciò vale anche, in campo religioso, per le diverse declinazioni del tema del «nemico» nella mistica e per lo schema del «combattimento interiore» assai diffuso nella lirica spirituale. Ed è una figura che si ritrova pure al centro del dramma barocco italiano, non solo nel personaggio che vive in sé un conflitto fra bene e male e lo esprime in forma di soliloquio dialogico fra due possibili identità in conflitto, ma anche nella figura del «martire» che combatte dentro di sé con l’arma silenziosa della preghiera. E quello del «nemico interno» all’uomo è d’altronde un grande tema della predicazione religiosa fra Cinque e Seicento. Attraverso una rilettura di testi letterari ed episodi culturali distanti e apparentemente eterogenei, il volume vorrebbe contribuire a tracciare il profilo di un problema più ampio: in che modo il configurarsi del tema della «guerra interna» nell’età della prima politicizzazione dell’Europa ridefinisce l’eredità del Rinascimento e mette la nostra modernità sotto il segno di un’identità conflittuale che si costituisce costantemente attraverso la rimozione di una parte di sé.

«Il nemico interno». Politica, spiritualità e letteratura fra Cinque e Seicento

Giorgio Forni
2018-01-01

Abstract

Secondo Aby Warburg, a metà Seicento la novità della pittura di Rembrandt consiste nel fatto che essa punta a raffigurare il momento della tensione interiore, il conflitto di pensieri che precede l’azione anziché l’azione stessa. Così, per illustrare la storia di Medea, Rembrandt non sceglie l’episodio cruento dell’infanticidio, né gli incantesimi della maga, ma rappresenta invece Medea in un angolo buio del tempio in cui si celebrano le nozze fra Creusa e Giasone, prima ancora che si risolva al delitto. È il momento in cui il personaggio è come scisso e combattuto fra personalità opposte. In questo volume l’intento è quello di esplorare l’emergere e il diffondersi della figura del «nemico interno» nella cultura del primo Seicento come dato costitutivo dell’antropologia letteraria e culturale dell’Europa moderna. Infatti, accanto al tema del molteplice, dell’esotico e del meraviglioso, la cultura del Seicento tende a delimitare e modellare l’identità individuale e collettiva come esito di una «guerra» interiore contro un nemico nascosto e nell’ombra. Ciò vale, in campo politico, per la trattatistica europea sulla Ragion di Stato concentrata in particolare sul problema della «guerra interna», da Botero fino alla Polizeiwissenschaft del primo Settecento. Ma ciò vale anche, in campo religioso, per le diverse declinazioni del tema del «nemico» nella mistica e per lo schema del «combattimento interiore» assai diffuso nella lirica spirituale. Ed è una figura che si ritrova pure al centro del dramma barocco italiano, non solo nel personaggio che vive in sé un conflitto fra bene e male e lo esprime in forma di soliloquio dialogico fra due possibili identità in conflitto, ma anche nella figura del «martire» che combatte dentro di sé con l’arma silenziosa della preghiera. E quello del «nemico interno» all’uomo è d’altronde un grande tema della predicazione religiosa fra Cinque e Seicento. Attraverso una rilettura di testi letterari ed episodi culturali distanti e apparentemente eterogenei, il volume vorrebbe contribuire a tracciare il profilo di un problema più ampio: in che modo il configurarsi del tema della «guerra interna» nell’età della prima politicizzazione dell’Europa ridefinisce l’eredità del Rinascimento e mette la nostra modernità sotto il segno di un’identità conflittuale che si costituisce costantemente attraverso la rimozione di una parte di sé.
2018
"Studi"
978-88-6857-226-6
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