Gli intensi flussi migratori che dal 2011 interessano il Mediterraneo sono, indubbiamente, una conseguenza della condizione di grande instabilità regionale. Nel caos mediorientale, l’Italia, come Malta, la Grecia e la Spagna, è il primo avamposto europeo, dove annualmente migliaia di profughi provenienti dall’Africa e dall’Asia sperano di approdare. La fragilità dell’economia, che genera disoccupazione e povertà, le persecuzioni etniche e religiose, i genocidi, le guerre e le pandemie sono il principale motore di questo meccanismo migratorio. Nel 2015 circa un milione di persone ha attraversato il “mare nostrum”, approdando soprattutto in Grecia (856 mila) e in Italia (153 mila). Nel 2016 gli sbarchi, verso i due paesi, sono stati quasi 362 mila, di questi 173.447 nel primo e 181.405 nel secondo, mentre le persone decedute in mare, cercando di raggiungere l’Europa, sono state – secondo i dati ufficiali – oltre cinquemila (UNHCR). Sempre nel 2016 le richieste d’asilo in Italia sono state circa 123 mila, tuttavia è importante sottolineare come i paesi che offrono maggiore accoglienza siano soprattutto quelli extraeuropei, in particolar modo la Turchia, il Pakistan, il Libano, l’Iran e l’Etiopia. Certamente la qualità dell’accoglienza offerta da questi stati non è ottimale, ma anche le immagini giunte da Calais, da Lampedusa, dal confine serbo-ungherese, dalla Grecia sono terribili. Oggi, purtroppo, una parte importante della politica (non solo europea) tende a strumentalizzare per fini elettorali la difficile questione migratoria, suscitando anche nei paesi democratici e “civili” sentimenti razzisti e xenofobi, non considerando invece che, in un Occidente in declino demografico, i migranti possono essere un’importante risorsa economica e culturale. Obiettivo di questo lavoro è fornire un contributo metodologico e considerazioni teoriche riguardo alla questione migratoria. Si vuole, in particolare, evidenziare l’importanza degli indicatori, selezionati ed elaborati nell’ambito di approcci di tipo geografico, nella valutazione ex ante ed ex post delle politiche di accoglienza pianificate e realizzate nel contesto europeo e soprattutto nazionale. Il ruolo della geografia è fondamentale, poiché più delle altre discipline è in grado di fornire metodologie ampie per una problematica che è economica, sociale, politica e soprattutto spaziale. Il quadro teorico e metodologico di riferimento è quello tracciato dalle politiche europee di coesione (in particolare la Europe 2020 Strategy) e dalla procedura di Territorial Impact Assistment (TIA), che assegna alle discipline spaziali un ruolo determinante.
Gli indicatori territoriali come strumento di coesione nella gestione del fenomeno migratorio
E. Di Blasi;A. Arangio
2019-01-01
Abstract
Gli intensi flussi migratori che dal 2011 interessano il Mediterraneo sono, indubbiamente, una conseguenza della condizione di grande instabilità regionale. Nel caos mediorientale, l’Italia, come Malta, la Grecia e la Spagna, è il primo avamposto europeo, dove annualmente migliaia di profughi provenienti dall’Africa e dall’Asia sperano di approdare. La fragilità dell’economia, che genera disoccupazione e povertà, le persecuzioni etniche e religiose, i genocidi, le guerre e le pandemie sono il principale motore di questo meccanismo migratorio. Nel 2015 circa un milione di persone ha attraversato il “mare nostrum”, approdando soprattutto in Grecia (856 mila) e in Italia (153 mila). Nel 2016 gli sbarchi, verso i due paesi, sono stati quasi 362 mila, di questi 173.447 nel primo e 181.405 nel secondo, mentre le persone decedute in mare, cercando di raggiungere l’Europa, sono state – secondo i dati ufficiali – oltre cinquemila (UNHCR). Sempre nel 2016 le richieste d’asilo in Italia sono state circa 123 mila, tuttavia è importante sottolineare come i paesi che offrono maggiore accoglienza siano soprattutto quelli extraeuropei, in particolar modo la Turchia, il Pakistan, il Libano, l’Iran e l’Etiopia. Certamente la qualità dell’accoglienza offerta da questi stati non è ottimale, ma anche le immagini giunte da Calais, da Lampedusa, dal confine serbo-ungherese, dalla Grecia sono terribili. Oggi, purtroppo, una parte importante della politica (non solo europea) tende a strumentalizzare per fini elettorali la difficile questione migratoria, suscitando anche nei paesi democratici e “civili” sentimenti razzisti e xenofobi, non considerando invece che, in un Occidente in declino demografico, i migranti possono essere un’importante risorsa economica e culturale. Obiettivo di questo lavoro è fornire un contributo metodologico e considerazioni teoriche riguardo alla questione migratoria. Si vuole, in particolare, evidenziare l’importanza degli indicatori, selezionati ed elaborati nell’ambito di approcci di tipo geografico, nella valutazione ex ante ed ex post delle politiche di accoglienza pianificate e realizzate nel contesto europeo e soprattutto nazionale. Il ruolo della geografia è fondamentale, poiché più delle altre discipline è in grado di fornire metodologie ampie per una problematica che è economica, sociale, politica e soprattutto spaziale. Il quadro teorico e metodologico di riferimento è quello tracciato dalle politiche europee di coesione (in particolare la Europe 2020 Strategy) e dalla procedura di Territorial Impact Assistment (TIA), che assegna alle discipline spaziali un ruolo determinante.Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.