Il presente studio ha ad oggetto l'assistenza giudiziaria probatoria. L'esame della problematica ha da subito evidenziato la pluralità delle fonti che regolano la materia, che non rendono agevole il ruolo dell'interprete nell'individuazione della normativa di volta in volta applicabile. Concorrono, infatti, alla regolamentazione dell'istituto una molteplicità di fonti normative: interne, europee e di derivazione internazionale. E' a queste ultime - in particolare - che si deve il superamento del modo con cui, per molto tempo, è stata intesa l'assistenza giudiziaria, vista a lungo come "forma di cooperazione di tono minore". Il passaggio, in ambito penale, da una collaborazione tra Stati attuata a distanza a forme di cooperazione partecipata si deve ad alcune Convenzioni adottate a livello internazionale; tra tutte, riveste un ruolo di primaria importanza la Convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea adottata a Bruxelles con atto del Consiglio del 29 maggio 2000, per le novità che essa apporta in tema di acquisizione della prova all'estero. Nell'ambito del diritto dell'Unione europea, la più significativa innovazione è rappresentata dalla scelta di orientare l'assistenza giudiziaria internazionale al principio del mutuo riconoscimento, posto a fondamento della cooperazione giudiziaria per la sua capacità di assicurare l'efficienza del sistema e di adeguare le istanze della collaborazione alle nuove esigenze. Il percorso volto a sostituire, nella materia della ricerca e della circolazione delle fonti di prova, gli strumenti tradizionali di assistenza giudiziaria con le forme del reciproco riconoscimento giunge a compimento - da ultimo - con la direttiva sull'ordine europeo di indagine penale. Sebbene abbia rappresentato un passaggio importante nel processo di costruzione di un sistema europeo integrato di raccolta e circolazione delle fonti di prova, la direttiva sull'ordine europeo di indagine penale ha evidenziato i limiti di un approccio all'assistenza probatoria internazionale basato sul principio del mutuo riconoscimento senza un'opera di armonizzazione a monte tra le legislazioni degli Stati membri. In questa cornice, per una corretta ricostruzione della problematica, non può essere ignorato il ruolo centrale che la Corte europea dei diritti dell'Uomo ha svolto nell'ambito del processo di armonizzazione del diritto delle prove, tramite l'elaborazione di una serie di criteri finalizzati ad assicurare, attraverso un attento bilanciamento degli interessi di volta in volta in gioco, adeguata tutela alle garanzie fondamentali dei tanti soggetti coinvolti. La Corte ha così stabilito - in occasione di alcune pronunce relative a casi transfrontalieri - un articolato sistema di norme minime sull'ammissione della prova volto a facilitare la comunicazione tra gli ordinamenti. Nel presente lavoro si è anche utilizzato il metodo comparatistico. La scelta della Spagna come Paese con il quale operare la comparazione era stata dettata dalla Ley 3/2018, di recente adottata per dare attuazione alla direttiva del Parlamento e del Consiglio sull'ordine europeo di indagine penale, e si pensava che il raffronto con esperienze diverse avrebbe magari potuto spiegare l'atteggiamento del legislatore italiano di non dare attuazione agli obblighi di carattere sovranazionale o la tendenza a ridurre la portata innovativa degli accordi con una disciplina anacronistica e in contrasto con gli obiettivi della cooperazione. Si è invece preso atto non solo di una normativa datata, anche se nel tempo, più volte, sottoposta a modifiche e integrazioni, ma anche del singolare atteggiamento della giurisprudenza spagnola non del tutto in linea con le istanze di tutela dei diritti fondamentali dei soggetti coinvolti.
Cooperazione internazionale e assunzione di prove all'estero in Europa
GRIO, ALESSANDRA
2019-11-18
Abstract
Il presente studio ha ad oggetto l'assistenza giudiziaria probatoria. L'esame della problematica ha da subito evidenziato la pluralità delle fonti che regolano la materia, che non rendono agevole il ruolo dell'interprete nell'individuazione della normativa di volta in volta applicabile. Concorrono, infatti, alla regolamentazione dell'istituto una molteplicità di fonti normative: interne, europee e di derivazione internazionale. E' a queste ultime - in particolare - che si deve il superamento del modo con cui, per molto tempo, è stata intesa l'assistenza giudiziaria, vista a lungo come "forma di cooperazione di tono minore". Il passaggio, in ambito penale, da una collaborazione tra Stati attuata a distanza a forme di cooperazione partecipata si deve ad alcune Convenzioni adottate a livello internazionale; tra tutte, riveste un ruolo di primaria importanza la Convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea adottata a Bruxelles con atto del Consiglio del 29 maggio 2000, per le novità che essa apporta in tema di acquisizione della prova all'estero. Nell'ambito del diritto dell'Unione europea, la più significativa innovazione è rappresentata dalla scelta di orientare l'assistenza giudiziaria internazionale al principio del mutuo riconoscimento, posto a fondamento della cooperazione giudiziaria per la sua capacità di assicurare l'efficienza del sistema e di adeguare le istanze della collaborazione alle nuove esigenze. Il percorso volto a sostituire, nella materia della ricerca e della circolazione delle fonti di prova, gli strumenti tradizionali di assistenza giudiziaria con le forme del reciproco riconoscimento giunge a compimento - da ultimo - con la direttiva sull'ordine europeo di indagine penale. Sebbene abbia rappresentato un passaggio importante nel processo di costruzione di un sistema europeo integrato di raccolta e circolazione delle fonti di prova, la direttiva sull'ordine europeo di indagine penale ha evidenziato i limiti di un approccio all'assistenza probatoria internazionale basato sul principio del mutuo riconoscimento senza un'opera di armonizzazione a monte tra le legislazioni degli Stati membri. In questa cornice, per una corretta ricostruzione della problematica, non può essere ignorato il ruolo centrale che la Corte europea dei diritti dell'Uomo ha svolto nell'ambito del processo di armonizzazione del diritto delle prove, tramite l'elaborazione di una serie di criteri finalizzati ad assicurare, attraverso un attento bilanciamento degli interessi di volta in volta in gioco, adeguata tutela alle garanzie fondamentali dei tanti soggetti coinvolti. La Corte ha così stabilito - in occasione di alcune pronunce relative a casi transfrontalieri - un articolato sistema di norme minime sull'ammissione della prova volto a facilitare la comunicazione tra gli ordinamenti. Nel presente lavoro si è anche utilizzato il metodo comparatistico. La scelta della Spagna come Paese con il quale operare la comparazione era stata dettata dalla Ley 3/2018, di recente adottata per dare attuazione alla direttiva del Parlamento e del Consiglio sull'ordine europeo di indagine penale, e si pensava che il raffronto con esperienze diverse avrebbe magari potuto spiegare l'atteggiamento del legislatore italiano di non dare attuazione agli obblighi di carattere sovranazionale o la tendenza a ridurre la portata innovativa degli accordi con una disciplina anacronistica e in contrasto con gli obiettivi della cooperazione. Si è invece preso atto non solo di una normativa datata, anche se nel tempo, più volte, sottoposta a modifiche e integrazioni, ma anche del singolare atteggiamento della giurisprudenza spagnola non del tutto in linea con le istanze di tutela dei diritti fondamentali dei soggetti coinvolti.File | Dimensione | Formato | |
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