Come procede il pensiero quando fa scienza? Che cosa s’intende per verità scientifica? È forse una mera costruzione del pensiero cui sfugge l’in sé del reale nella sua complessità? Oppure non c’è da interrogarsi su alcun in sé? In che termini parlare di oggettività scientifica in un’epoca in cui il virtuale ha preso la realtà del reale e il reale, in tante sue forme, non è che un reale razio-realizzato? In un mondo in cui il pensiero brucia le tappe verso la concretizzazione dell’astratto, come va posto il problema del metodo della conoscenza? Questi interrogativi, alla base della riflessione di Gaston Bachelard, non sono certo una novità per la storia del pensiero. Perché allora rievocarli qui e con quali finalità e aspettative? Ma soprattutto, perché proporsi di sostare sui contorni originari del pensiero di un epistemologo del Novecento, sulla cui produzione tanto finora si è scritto? Molti gli studi fin qui condotti su un pensatore il cui tratto singolare si deve anche alla sua volontà di confrontarsi con tutte le tappe della rivoluzione scientifica del Novecento (dalla relatività einsteiniana alla meccanica quantistica nelle versioni heisenberghiana e ondulatoria), dedicando, a ciascuna di esse, opere distinte della sua produzione epistemologica. Contributi che hanno fatto emergere la specificità dell’interpretazione di Bachelard rispetto ai più autorevoli studiosi delle rivoluzioni scientifiche suoi contemporanei. Nel 2014, in Francia, viene ristampato, per la prima volta dal 1929, lo scritto di Bachelard dedicato alla relatività di Einstein: "La valeur inductive de la relativité". La questione del metodo sta alla base delle considerazioni che in questo studio tenteremo di svolgere seguendo essenzialmente due nodi concettuali: il primo riguarda la questione del ‘peso’ che andrebbe riconosciuto allo scritto del ’29, all’interno della produzione di Bachelard, e alle ragioni (variamente interpretate), per le quali Bachelard espresse il desiderio che si rinunciasse alla ristampa. Inevitabile il riferimento a Meyerson (realismo deduttivista), a Brunschvicg (idealismo critico) e a Rey (realismo delle relazioni). Il secondo nodo tocca il significato e il ruolo del concetto di induzione, la sua dimensione, per così dire, creativa in quanto induzione ‘razional-matematica’, che realizza costrutti scientifici, e la sua dimensione generativa come induzione ‘elettromagnetica’ ravvisabile in modo elettivo nell’ontopoietica germinativa delle immagini di rêverie. Un percorso che potrebbe condurre a riconoscere nell’induzione, di cui parla Bachelard fin dai suoi primi scritti, aspetti aurorali del più maturo concetto di fenomenotecnica. In Appendice, la versione integrale de "La valeur inductive de la relativité", finora mai pubblicata in edizione italiana completa, corredata da una nota introduttiva e dalle cinque recensioni (due anonime) che tra il 1929 e il 1932 accolsero l’uscita dell’opera.
Il razionalismo «induttivo» di Gaston Bachelard
ABRAMO, MARIA RITA
2019-11-25
Abstract
Come procede il pensiero quando fa scienza? Che cosa s’intende per verità scientifica? È forse una mera costruzione del pensiero cui sfugge l’in sé del reale nella sua complessità? Oppure non c’è da interrogarsi su alcun in sé? In che termini parlare di oggettività scientifica in un’epoca in cui il virtuale ha preso la realtà del reale e il reale, in tante sue forme, non è che un reale razio-realizzato? In un mondo in cui il pensiero brucia le tappe verso la concretizzazione dell’astratto, come va posto il problema del metodo della conoscenza? Questi interrogativi, alla base della riflessione di Gaston Bachelard, non sono certo una novità per la storia del pensiero. Perché allora rievocarli qui e con quali finalità e aspettative? Ma soprattutto, perché proporsi di sostare sui contorni originari del pensiero di un epistemologo del Novecento, sulla cui produzione tanto finora si è scritto? Molti gli studi fin qui condotti su un pensatore il cui tratto singolare si deve anche alla sua volontà di confrontarsi con tutte le tappe della rivoluzione scientifica del Novecento (dalla relatività einsteiniana alla meccanica quantistica nelle versioni heisenberghiana e ondulatoria), dedicando, a ciascuna di esse, opere distinte della sua produzione epistemologica. Contributi che hanno fatto emergere la specificità dell’interpretazione di Bachelard rispetto ai più autorevoli studiosi delle rivoluzioni scientifiche suoi contemporanei. Nel 2014, in Francia, viene ristampato, per la prima volta dal 1929, lo scritto di Bachelard dedicato alla relatività di Einstein: "La valeur inductive de la relativité". La questione del metodo sta alla base delle considerazioni che in questo studio tenteremo di svolgere seguendo essenzialmente due nodi concettuali: il primo riguarda la questione del ‘peso’ che andrebbe riconosciuto allo scritto del ’29, all’interno della produzione di Bachelard, e alle ragioni (variamente interpretate), per le quali Bachelard espresse il desiderio che si rinunciasse alla ristampa. Inevitabile il riferimento a Meyerson (realismo deduttivista), a Brunschvicg (idealismo critico) e a Rey (realismo delle relazioni). Il secondo nodo tocca il significato e il ruolo del concetto di induzione, la sua dimensione, per così dire, creativa in quanto induzione ‘razional-matematica’, che realizza costrutti scientifici, e la sua dimensione generativa come induzione ‘elettromagnetica’ ravvisabile in modo elettivo nell’ontopoietica germinativa delle immagini di rêverie. Un percorso che potrebbe condurre a riconoscere nell’induzione, di cui parla Bachelard fin dai suoi primi scritti, aspetti aurorali del più maturo concetto di fenomenotecnica. In Appendice, la versione integrale de "La valeur inductive de la relativité", finora mai pubblicata in edizione italiana completa, corredata da una nota introduttiva e dalle cinque recensioni (due anonime) che tra il 1929 e il 1932 accolsero l’uscita dell’opera.File | Dimensione | Formato | |
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