Nata in seno all’Accademia della Crusca già alla fine del Cinquecento, la cicalata è un genere testuale in prosa, noto anche come lezione in burla. In essa confluiscono, trovando una regolarità compositiva, la verbosità paradossale della cruscata della prima fase di attività dell’Accademia, la carica antiletteraria del commento burlesco cinquecentesco, l’obiettivo ideologico di promuovere il fiorentino vivo dell’epoca a lingua della Repubblica degli Intelletti. Le cicalate raccolte in questo volume, conservate manoscritte (solo una di esse è stata anche pubblicata, nel 1825) nella Biblioteca e nell’Archivio dell’Accademia, coprono la seconda metà del diciassettesimo secolo e testimoniano un versante poco noto, ma non secondario, delle convinzioni linguistiche e del modo di esprimersi degli accademici in un contesto scritto informale a cavallo della terza edizione del Vocabolario. L’impresa editoriale aleggia nei testi, tra accuse semiserie di scarsa collaborazione, scherzi salaci, citazioni disordinate di fonti vere e quasi vere (senza contare i riferimenti non sempre intelligibili ad aneddoti, luoghi e personaggi cittadini). Nello stesso tempo, le cicalate superano i confini del Vocabolario, sperimentando la potenza espressiva del fiorentino vivo medio, non letterario, non scientifico, ma neanche demotico.
Barbassori allo stravizzo. Cicalate secentesche dalla biblioteca e dall'archivio dell'Accademia della Crusca
Fabio Ruggiano
Primo
2021-01-01
Abstract
Nata in seno all’Accademia della Crusca già alla fine del Cinquecento, la cicalata è un genere testuale in prosa, noto anche come lezione in burla. In essa confluiscono, trovando una regolarità compositiva, la verbosità paradossale della cruscata della prima fase di attività dell’Accademia, la carica antiletteraria del commento burlesco cinquecentesco, l’obiettivo ideologico di promuovere il fiorentino vivo dell’epoca a lingua della Repubblica degli Intelletti. Le cicalate raccolte in questo volume, conservate manoscritte (solo una di esse è stata anche pubblicata, nel 1825) nella Biblioteca e nell’Archivio dell’Accademia, coprono la seconda metà del diciassettesimo secolo e testimoniano un versante poco noto, ma non secondario, delle convinzioni linguistiche e del modo di esprimersi degli accademici in un contesto scritto informale a cavallo della terza edizione del Vocabolario. L’impresa editoriale aleggia nei testi, tra accuse semiserie di scarsa collaborazione, scherzi salaci, citazioni disordinate di fonti vere e quasi vere (senza contare i riferimenti non sempre intelligibili ad aneddoti, luoghi e personaggi cittadini). Nello stesso tempo, le cicalate superano i confini del Vocabolario, sperimentando la potenza espressiva del fiorentino vivo medio, non letterario, non scientifico, ma neanche demotico.Pubblicazioni consigliate
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