I cinque codici e la legge organica per l’ordine giudiziario promulgati nel 1819 segnarono un punto di non ritorno anche nell’assetto normativo e istituzionale dei domini ultra Pharum del Regno delle Due Sicilie. Nel giro di pochi mesi, quella «terra di fori» – per dirla con Leonardo Sciascia – dovette fare i conti con il proprio passato, sguarnito dello strumentario codicistico di derivazione francese, e con il proprio futuro, ingenuamente immaginato all’ombra di un’identità giuridica “negata”. Ad accentuare, poi, la difficile transizione tra antico e nuovo regime contribuì l’ondata rivoluzionaria del 1820, contro cui la monarchia reagì con ogni possibile congegno ordinario e militare di repressione del dissenso: dal de mandato al fuorbando, passando per le «processure subitanee». Perché, allora, nel luglio del 1820 Ferdinando I nominò due commissioni, composte esclusivamente da togati isolani, per il «riordino» dei codici di rito e il «novellamento» del sistema delle magistrature? Cosa spinse il sovrano a mettere in discussione l’adeguatezza – per l’Isola – di un complesso impianto legislativo varato nemmeno un anno prima? Il presente volume tenta di rispondere proprio a tali quesiti attraverso lo studio di inediti documenti d’archivio concernenti l’iter di formazione e la stesura definitiva di due dei tre progetti di riforma. L’esame di questi testi – di cui si offre l’integrale trascrizione in appendice – dà peraltro modo di apprezzare il peculiare approccio siciliano alla giustizia penale e al potere giudiziario rispetto all’archetipo napoletano

LA CODIFICAZIONE IMMAGINARIA. I. I progetti di riforma del processo penale e dell’ordinamento giudiziario in Sicilia (1820-1824)

Antonio Cappuccio
2021-01-01

Abstract

I cinque codici e la legge organica per l’ordine giudiziario promulgati nel 1819 segnarono un punto di non ritorno anche nell’assetto normativo e istituzionale dei domini ultra Pharum del Regno delle Due Sicilie. Nel giro di pochi mesi, quella «terra di fori» – per dirla con Leonardo Sciascia – dovette fare i conti con il proprio passato, sguarnito dello strumentario codicistico di derivazione francese, e con il proprio futuro, ingenuamente immaginato all’ombra di un’identità giuridica “negata”. Ad accentuare, poi, la difficile transizione tra antico e nuovo regime contribuì l’ondata rivoluzionaria del 1820, contro cui la monarchia reagì con ogni possibile congegno ordinario e militare di repressione del dissenso: dal de mandato al fuorbando, passando per le «processure subitanee». Perché, allora, nel luglio del 1820 Ferdinando I nominò due commissioni, composte esclusivamente da togati isolani, per il «riordino» dei codici di rito e il «novellamento» del sistema delle magistrature? Cosa spinse il sovrano a mettere in discussione l’adeguatezza – per l’Isola – di un complesso impianto legislativo varato nemmeno un anno prima? Il presente volume tenta di rispondere proprio a tali quesiti attraverso lo studio di inediti documenti d’archivio concernenti l’iter di formazione e la stesura definitiva di due dei tre progetti di riforma. L’esame di questi testi – di cui si offre l’integrale trascrizione in appendice – dà peraltro modo di apprezzare il peculiare approccio siciliano alla giustizia penale e al potere giudiziario rispetto all’archetipo napoletano
2021
IUS REGNI Collana di Storia del diritto medievale, moderno e contemporaneo
979-12-5976-118-7
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