L’attento scandaglio compiuto da Giacomo Leopardi, con approccio modernamente antropologico, intorno ad ogni aspetto dell’umana società non trascura una disamina ampia e puntuale sulla problematica correlata allo spazio urbano, indagato – dal punto di vista teorico - nella sua genesi e nelle sue diverse tipologie, soprattutto nello Zibaldone e nei Pensieri. Più che ai riferimenti diretti al vissuto biografico del poeta di Recanati, riscontrabili prevalentemente nell’Epistolario e già ampiamente studiati criticamente, nel saggio è privilegiata la prospettiva costantemente binaria scelta da Leopardi per le sue riflessioni topografiche (città vs. campagna; città antica vs città moderna; città piccola vs. città grande ecc.). Si prova, in particolare, a dimostrare come le riflessioni teoriche sullo spazio dell’urbs siano strettamente congiunte al problema diatopico della diversa fruizione del prodotto artistico (letterario, iconografico, musicale) in base alle caratteristiche del luogo di produzione o ricezione, com’è spiegato, ad esempio, in alcuni paragrafi dell’operetta morale Il Parini, ovvero della gloria. In questo modo, per ogni coppia oppositiva individuata, sono state selezionate quelle opere del Recanatese in cui maggiormente si trovano inverate le prospettive illustrate teoricamente, a partire dall’appropriazione letteraria del fenomeno dell’urbanizzazione che raggiunge precocemente il Leopardi poco conosciuto dei Puerilia, traduttore di idilli di scuola teocritea e autore di abbozzi poetici o componimenti come la Canzonetta I in cui la vita agreste è topicamente anteposta al caos cittadino. E ancora nello studio del parallelismo tra città antiche e moderne vengono analizzati soprattutto quei testi leopardiani contenenti riferimenti ad antiche città distrutte come Troia o Pompei (basti pensare ai celebri versi de La Ginestra, o il fiore del deserto) e alle successive ruinae archeologiche, nella cui raffigurazione poetica sono riscontrabili molte suggestioni neoclassiche di matrice iconografica. Lungo l’asse antico-moderno, Leopardi instaura inoltre un significativo legame con la parola poetica, spiegando la genesi dell’amor patrio proprio delle città classiche, definite significativamente «patrie private», in virtù della «somma forza d’illusioni» radicate all’interno di ogni polis, ricordando come, in molti casi, la fondazione di una città fosse favorita se non addirittura attuata dai poeti, come avvenne nel caso di Orfeo e di Anfione.

"Del vivere cittadinesco e sociale". Binarismi e fruizione artistica dello spazio urbano leopardiano

Novella Primo
2012-01-01

Abstract

L’attento scandaglio compiuto da Giacomo Leopardi, con approccio modernamente antropologico, intorno ad ogni aspetto dell’umana società non trascura una disamina ampia e puntuale sulla problematica correlata allo spazio urbano, indagato – dal punto di vista teorico - nella sua genesi e nelle sue diverse tipologie, soprattutto nello Zibaldone e nei Pensieri. Più che ai riferimenti diretti al vissuto biografico del poeta di Recanati, riscontrabili prevalentemente nell’Epistolario e già ampiamente studiati criticamente, nel saggio è privilegiata la prospettiva costantemente binaria scelta da Leopardi per le sue riflessioni topografiche (città vs. campagna; città antica vs città moderna; città piccola vs. città grande ecc.). Si prova, in particolare, a dimostrare come le riflessioni teoriche sullo spazio dell’urbs siano strettamente congiunte al problema diatopico della diversa fruizione del prodotto artistico (letterario, iconografico, musicale) in base alle caratteristiche del luogo di produzione o ricezione, com’è spiegato, ad esempio, in alcuni paragrafi dell’operetta morale Il Parini, ovvero della gloria. In questo modo, per ogni coppia oppositiva individuata, sono state selezionate quelle opere del Recanatese in cui maggiormente si trovano inverate le prospettive illustrate teoricamente, a partire dall’appropriazione letteraria del fenomeno dell’urbanizzazione che raggiunge precocemente il Leopardi poco conosciuto dei Puerilia, traduttore di idilli di scuola teocritea e autore di abbozzi poetici o componimenti come la Canzonetta I in cui la vita agreste è topicamente anteposta al caos cittadino. E ancora nello studio del parallelismo tra città antiche e moderne vengono analizzati soprattutto quei testi leopardiani contenenti riferimenti ad antiche città distrutte come Troia o Pompei (basti pensare ai celebri versi de La Ginestra, o il fiore del deserto) e alle successive ruinae archeologiche, nella cui raffigurazione poetica sono riscontrabili molte suggestioni neoclassiche di matrice iconografica. Lungo l’asse antico-moderno, Leopardi instaura inoltre un significativo legame con la parola poetica, spiegando la genesi dell’amor patrio proprio delle città classiche, definite significativamente «patrie private», in virtù della «somma forza d’illusioni» radicate all’interno di ogni polis, ricordando come, in molti casi, la fondazione di una città fosse favorita se non addirittura attuata dai poeti, come avvenne nel caso di Orfeo e di Anfione.
2012
9788846733146
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