Sono molti gli elementi che permettono di individuare nel tema del viaggio in Leopardi una via privilegiata per l’accesso a svariati nuclei portanti della sua riflessione gnoseologica e della sua stessa poetica. Il viaggiare non si configura soltanto come antidoto alla noia o catalizzatore della rimembranza, ma è essenzialmente desiderio di varcare dei limiti costrittivi, siano essi la siepe del celeberrimo "Infinito" o i confini del cielo nel "Canto notturno" o ancora la fuga-peregrinazione dell’Islandese. Meno noto è però il versante tenuemente ‘odissiaco’ di Leopardi, animato alla maniera dell’eroe greco -nonché della sua rivisitazione dantesca- da una vigile ed attenta curiositas, da una ricerca instancabile di sapere correlata ad un altrettanto pressante necessità, anche nel vissuto biografico, a mutare costantemente di luogo, nella vana ricerca di un ubi consistam. Particolarmente pregnanti sono gli scritti di Giacomo Leopardi ispirati dalla figura di Cristoforo Colombo, insigne rappresentante della «ligure ardita prole», ritratto nel Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, nella canzone Ad Angelo Mai, nello Zibaldone e nel Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez. Soprattutto attraverso la disamina di quest’operetta morale, e del suo tendere verso la giusta rotta, si intende studiare l’importanza per il Recanatese della navigazione, come attraversamento di uno spazio liminare a metà tra terra e mare, tenendo presente che talvolta «il testo anticipa il luogo, e con questo sembra talvolta precederne la scoperta» (B.Westphal, Geocritica, 2009). Si cercherà, inoltre, di esaminare l’intertestualità -soprattutto classica - presente nel Dialogo, dai riferimenti omerici a quelli ovidiani, come avviene nell’interessantissimo parallelismo stabilito tra il navigare e il salto dalla rupe di Leucade (Heroides, XV, 165-72) e, più in generale, con la riscrittura delle «favole antiche» (e dei loro errori) compiuta entro un ragionamento in cui il viaggio, motivato dal desiderio di «trovar terra di là dall’oceano», rappresenta una forma di illusione attraverso cui ‘ingannare’ il fluire della vita stessa.

Leopardi e il viaggio. Confini geografici e letterari.

Novella Primo
2017-01-01

Abstract

Sono molti gli elementi che permettono di individuare nel tema del viaggio in Leopardi una via privilegiata per l’accesso a svariati nuclei portanti della sua riflessione gnoseologica e della sua stessa poetica. Il viaggiare non si configura soltanto come antidoto alla noia o catalizzatore della rimembranza, ma è essenzialmente desiderio di varcare dei limiti costrittivi, siano essi la siepe del celeberrimo "Infinito" o i confini del cielo nel "Canto notturno" o ancora la fuga-peregrinazione dell’Islandese. Meno noto è però il versante tenuemente ‘odissiaco’ di Leopardi, animato alla maniera dell’eroe greco -nonché della sua rivisitazione dantesca- da una vigile ed attenta curiositas, da una ricerca instancabile di sapere correlata ad un altrettanto pressante necessità, anche nel vissuto biografico, a mutare costantemente di luogo, nella vana ricerca di un ubi consistam. Particolarmente pregnanti sono gli scritti di Giacomo Leopardi ispirati dalla figura di Cristoforo Colombo, insigne rappresentante della «ligure ardita prole», ritratto nel Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, nella canzone Ad Angelo Mai, nello Zibaldone e nel Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez. Soprattutto attraverso la disamina di quest’operetta morale, e del suo tendere verso la giusta rotta, si intende studiare l’importanza per il Recanatese della navigazione, come attraversamento di uno spazio liminare a metà tra terra e mare, tenendo presente che talvolta «il testo anticipa il luogo, e con questo sembra talvolta precederne la scoperta» (B.Westphal, Geocritica, 2009). Si cercherà, inoltre, di esaminare l’intertestualità -soprattutto classica - presente nel Dialogo, dai riferimenti omerici a quelli ovidiani, come avviene nell’interessantissimo parallelismo stabilito tra il navigare e il salto dalla rupe di Leucade (Heroides, XV, 165-72) e, più in generale, con la riscrittura delle «favole antiche» (e dei loro errori) compiuta entro un ragionamento in cui il viaggio, motivato dal desiderio di «trovar terra di là dall’oceano», rappresenta una forma di illusione attraverso cui ‘ingannare’ il fluire della vita stessa.
2017
8846745736
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