L'obiettivo primario di questo lavoro è lo studio del linguaggio critico di Oreste Macrì con riferimento pressoché esclusivo al versante ispanistico della sua opera. Chi conosce la mole degli scritti di Macrì - che abbracciano le principali letterature europee (ed altri campi, come pittura, musica, filosofia, cinema) -, non si sorprenderà di certo della settorialità e insieme della necessità di una simile indagine rispetto al complesso dell'opera macriana e, nello specifico linguistico, rispetto a tutto il linguaggio critico dello studioso. Se, ovviamente, affrontare lo studio di tutta la personalità di Macrì è al di fuori della portata di una tesi di dottorato, è tuttavia solo attraverso una serie di contributi specialistici (in parte già prodotti, soprattutto, da allievi della scuola macriana) che si potrà arrivare a costruire un ritratto il più possibile completo del grande intellettuale europeo. L'amore viscerale per le letterature spagnola, inglese e francese (e, ovviamente, italiana) trasforma Macrì in un esemplare testimone di cultura in tutta Europa; la sua figura si pone come mediatrice e moderatrice delle diverse tendenze europee, pur mantenendo stretti e fieri contatti con la terra d'origine, «di transito e di emigranti» ma sempre madre «mite e ospitale e gradevole».1 Tutta la vita di Macrì fu dedicata alla cultura umanistica, in un cammino che si dipana tra la missione e la devozione sin da quando, giovane studente, il magliese si accostava spontaneamente alla lettura dei classici e dei filosofi, o da poco professore, non nascondeva la sua attitudine alla ricezione di impulsi stranieri: postsimbolismo, generazionismo, modernismo, ecc. Alla fine l'arguto lettore di Foscolo e di Manzoni esce indenne da una temperie che avrebbe potuto travolgerlo, e riesce a porsi come esempio e guida per i nuovi critici che seguono all'ermetismo e alla terza generazion

Il lessico critico di Oreste Macrì ispanista. Tesi di dottorato

Savoca M
2003-01-01

Abstract

L'obiettivo primario di questo lavoro è lo studio del linguaggio critico di Oreste Macrì con riferimento pressoché esclusivo al versante ispanistico della sua opera. Chi conosce la mole degli scritti di Macrì - che abbracciano le principali letterature europee (ed altri campi, come pittura, musica, filosofia, cinema) -, non si sorprenderà di certo della settorialità e insieme della necessità di una simile indagine rispetto al complesso dell'opera macriana e, nello specifico linguistico, rispetto a tutto il linguaggio critico dello studioso. Se, ovviamente, affrontare lo studio di tutta la personalità di Macrì è al di fuori della portata di una tesi di dottorato, è tuttavia solo attraverso una serie di contributi specialistici (in parte già prodotti, soprattutto, da allievi della scuola macriana) che si potrà arrivare a costruire un ritratto il più possibile completo del grande intellettuale europeo. L'amore viscerale per le letterature spagnola, inglese e francese (e, ovviamente, italiana) trasforma Macrì in un esemplare testimone di cultura in tutta Europa; la sua figura si pone come mediatrice e moderatrice delle diverse tendenze europee, pur mantenendo stretti e fieri contatti con la terra d'origine, «di transito e di emigranti» ma sempre madre «mite e ospitale e gradevole».1 Tutta la vita di Macrì fu dedicata alla cultura umanistica, in un cammino che si dipana tra la missione e la devozione sin da quando, giovane studente, il magliese si accostava spontaneamente alla lettura dei classici e dei filosofi, o da poco professore, non nascondeva la sua attitudine alla ricezione di impulsi stranieri: postsimbolismo, generazionismo, modernismo, ecc. Alla fine l'arguto lettore di Foscolo e di Manzoni esce indenne da una temperie che avrebbe potuto travolgerlo, e riesce a porsi come esempio e guida per i nuovi critici che seguono all'ermetismo e alla terza generazion
2003
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