Esce a firma di Giorgia Marangon La poesía de Ugo Foscolo y su alter ego en francés, Gabriel Marie Legouvé, una snella monografia edita per i tipi della granadina Comares. Il volume parte da questioni riguardanti il tema della sepoltura e i suoi aspetti storico-giuridici in Italia e Francia, per poi approfondire le figure di Foscolo e Legouvé, quest’ultimo autore forse non noto ai più, ma la cui Sépulture, secondo certa vulgata, costituisce l’antecedente letterario francese dei Sepolcri. Facendo sua questa suggestione, Marangon mette in atto una ricerca comparativo-testuale tra l’opera francese e quella italiana, sottolineando a giusta ragione quanto siano patenti le analogie tematico-strutturali tra le due elegie, corroborando e approfondendo la tesi già di Vittorio Cian alla cui analisi mancava, però, “una comparazione testuale dettagliata, verso per verso, […] un’analisi filologica e tematica dei due testi” (p. 8). T uttavia, quando Foscolo scriveva i Sepolcri, circolava anche una libera traduzione de La Sépulture, a mano di Luigi Balochi, pubblicata nel 1802, un anno dopo l’opera legouviana. Libera traduzione perché “non rispetta i canoni dell’originale, quest’ultimo, infatti, si perde, sommerso dalla trasposizione, tanto che non si può nemmeno, propriamente, parlare di traduzione in quanto mancano le occasioni su cui imbastire un confronto. Un chiaro esempio sono i 244 versi che la compongono, 84 in più rispetto al testo francese” (ibid.). Si introduce quindi, nelle pagine centrali del libro, l’insidioso e delicato tema della traduzione, partendo, appunto dall’infedeltà commessa da Balochi. Si domanda dunque la studiosa, facendo suo un celebre inizio di Umberto Eco: “che cosa vuol dire tradurre?”.

Recensione a G. Marangon, La poesía de Ugo Foscolo y su alter ego en francés, Gabriel Marie Legouvé

Savoca, M
2014-01-01

Abstract

Esce a firma di Giorgia Marangon La poesía de Ugo Foscolo y su alter ego en francés, Gabriel Marie Legouvé, una snella monografia edita per i tipi della granadina Comares. Il volume parte da questioni riguardanti il tema della sepoltura e i suoi aspetti storico-giuridici in Italia e Francia, per poi approfondire le figure di Foscolo e Legouvé, quest’ultimo autore forse non noto ai più, ma la cui Sépulture, secondo certa vulgata, costituisce l’antecedente letterario francese dei Sepolcri. Facendo sua questa suggestione, Marangon mette in atto una ricerca comparativo-testuale tra l’opera francese e quella italiana, sottolineando a giusta ragione quanto siano patenti le analogie tematico-strutturali tra le due elegie, corroborando e approfondendo la tesi già di Vittorio Cian alla cui analisi mancava, però, “una comparazione testuale dettagliata, verso per verso, […] un’analisi filologica e tematica dei due testi” (p. 8). T uttavia, quando Foscolo scriveva i Sepolcri, circolava anche una libera traduzione de La Sépulture, a mano di Luigi Balochi, pubblicata nel 1802, un anno dopo l’opera legouviana. Libera traduzione perché “non rispetta i canoni dell’originale, quest’ultimo, infatti, si perde, sommerso dalla trasposizione, tanto che non si può nemmeno, propriamente, parlare di traduzione in quanto mancano le occasioni su cui imbastire un confronto. Un chiaro esempio sono i 244 versi che la compongono, 84 in più rispetto al testo francese” (ibid.). Si introduce quindi, nelle pagine centrali del libro, l’insidioso e delicato tema della traduzione, partendo, appunto dall’infedeltà commessa da Balochi. Si domanda dunque la studiosa, facendo suo un celebre inizio di Umberto Eco: “che cosa vuol dire tradurre?”.
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