Claude Cahen ha affrontato uno tra i temi più complessi nella storia delle società medievali, cioè lo studio di un feudalesimo d’importazione, quale fu quello dell’Italia normanna. Non era stato privo di conseguenza il fatto che il Mezzogiorno d’Italia fosse stato in parte ripopolato dagli invasori scandinavi, contadini ma anche guerrieri, facendo sì che la contrapposizione tra le abitudini degli avventurieri normanni e quelle delle popolazioni indigene, nell'Italia longobarda o bizantina, fosse meno marcata. D’altra parte, insiste Cahen, sebbene i conquistatori normanni fossero portatori di un diritto feudale già molto elaborato, non operarono su una tabula rasa, molto meno in Italia che in Inghilterra, malgrado le profonde differenze della natura delle due conquiste. Egli mette in luce le caratteristiche di questo substrato sociale, molto diversificato (c'erano tre Italie: longobarda, bizantina e araba); la sua influenza sulla nuova struttura feudale; la lunga sopravvivenza, infine, di alcune delle sue istituzioni. Quindi, con particolare riferimento all'Italia normanna, si pongono le seguenti due domande: in che misura il regime sociale della Campania, della Puglia, della Sicilia, prima dei Normanni, ha favorito l'istituzione di una sovrastruttura feudale, alla luce degli oneri già imposti ai coltivatori della terra? In che misura, poi, l'estensione del sistema feudale portò a una crescente signorializzazione delle masse rurali, alla stregua di quanto avveniva in Inghilterra? La ricerca è soprattutto incentrata sui legami vassallatici e riconducibili al feudo, lasciando un po’ nell’ombra alcuni temi ma indicando il percorso di nuove indagini, ad esempio in merito ai diritti di giustizia nei loro rapporti con l’organizzazione feudale propriamente detta (giurisdizione del signore o della sua corte sui vassalli), o ancora circa i complessi meccanismi della signoria rurale e la sua corretta definizione in rapporto al feudalesimo, come pure l’inquadramento tra le «féodalités conquérantes» dei regni iberici, compreso quello asturo-leonese che di feudale ebbe apparentemente ben poco. Anche la progressiva monarchizzazione della rete dei feudi e delle «fidélités» è oggetto, nel libro, di uno studio attento e informato. L'accento, in particolare, è intelligentemente posto sui contrasti, nonché sulle similitudini, che questa evoluzione pone in relazione con lo sviluppo parallelo dello Stato inglese. Il caso più significativo, da lui studiato con grande precisione, è quello degli eserciti longobardi e bizantini, che gli statuti del periodo normanno confondono, sotto lo stesso nome latino, con cavalieri di tipo francese, pur differendone profondamente. Erano, senza dubbio, anche guerrieri professionisti, ma non vassalli. Cahen sembra propenso ad assimilarli ai soldati-affittuari la cui istituzione era stata regolata, nell'impero bizantino, dagli imperatori Isaurico e Macedone. Lui stesso riconosce però che in Italia non si trova traccia certa di queste tenute militari, tuttavia si potrebbe fare riferimento agli exercitus, alle “armate urbane” il cui ruolo è stato ben delineato da Ludo-Moritz Hartmann, nelle “rivoluzioni” antibizantine dell’epoca iconoclasta. È certo, in ogni caso, che questa sorta di milizie cittadine, probabilmente ereditarie e alle quali era del tutto sconosciuto l'omaggio vassallatico, costituirono per lungo tempo una specie di armata aliena nel sistema del feudalesimo normanno, tentando un’assimilazione che non si sarebbe mai realizzata, quantomeno non in tempi brevi. Secondo Cahen, sarebbe a questi guerrieri professionisti autoctoni - non «aux chevaliers adoubés»- che farebbe riferimento la costituzione di Ruggero II, che riserva l'accesso alla milizia ai figli dei milites, escludendo il passaggio in Occidente dalla cavalleria alla nobiltà ereditaria. Tutto ciò costituisce un'opera a volte presentata in modo un po' secco e incompleto, ma che istruisce molto e, frutto di una riflessione sagace e attenta, induce a riflettere su parecchi temi che meriterebbero ulteriore approfondimento. Per esempio a proposito delle «antifeudali» tenute allodiali o circa le assecurationes, laddove Cahen non tiene conto del fatto che nelle Fiandre, secondo Galberto di Bruges, i vassalli del conte prestavano, oltre alla fede, uno speciale giuramento di salvaguardia, il «serment de sûreté».

L’ordinamento feudale dell’Italia normanna

Luciano Catalioto
2023-01-01

Abstract

Claude Cahen ha affrontato uno tra i temi più complessi nella storia delle società medievali, cioè lo studio di un feudalesimo d’importazione, quale fu quello dell’Italia normanna. Non era stato privo di conseguenza il fatto che il Mezzogiorno d’Italia fosse stato in parte ripopolato dagli invasori scandinavi, contadini ma anche guerrieri, facendo sì che la contrapposizione tra le abitudini degli avventurieri normanni e quelle delle popolazioni indigene, nell'Italia longobarda o bizantina, fosse meno marcata. D’altra parte, insiste Cahen, sebbene i conquistatori normanni fossero portatori di un diritto feudale già molto elaborato, non operarono su una tabula rasa, molto meno in Italia che in Inghilterra, malgrado le profonde differenze della natura delle due conquiste. Egli mette in luce le caratteristiche di questo substrato sociale, molto diversificato (c'erano tre Italie: longobarda, bizantina e araba); la sua influenza sulla nuova struttura feudale; la lunga sopravvivenza, infine, di alcune delle sue istituzioni. Quindi, con particolare riferimento all'Italia normanna, si pongono le seguenti due domande: in che misura il regime sociale della Campania, della Puglia, della Sicilia, prima dei Normanni, ha favorito l'istituzione di una sovrastruttura feudale, alla luce degli oneri già imposti ai coltivatori della terra? In che misura, poi, l'estensione del sistema feudale portò a una crescente signorializzazione delle masse rurali, alla stregua di quanto avveniva in Inghilterra? La ricerca è soprattutto incentrata sui legami vassallatici e riconducibili al feudo, lasciando un po’ nell’ombra alcuni temi ma indicando il percorso di nuove indagini, ad esempio in merito ai diritti di giustizia nei loro rapporti con l’organizzazione feudale propriamente detta (giurisdizione del signore o della sua corte sui vassalli), o ancora circa i complessi meccanismi della signoria rurale e la sua corretta definizione in rapporto al feudalesimo, come pure l’inquadramento tra le «féodalités conquérantes» dei regni iberici, compreso quello asturo-leonese che di feudale ebbe apparentemente ben poco. Anche la progressiva monarchizzazione della rete dei feudi e delle «fidélités» è oggetto, nel libro, di uno studio attento e informato. L'accento, in particolare, è intelligentemente posto sui contrasti, nonché sulle similitudini, che questa evoluzione pone in relazione con lo sviluppo parallelo dello Stato inglese. Il caso più significativo, da lui studiato con grande precisione, è quello degli eserciti longobardi e bizantini, che gli statuti del periodo normanno confondono, sotto lo stesso nome latino, con cavalieri di tipo francese, pur differendone profondamente. Erano, senza dubbio, anche guerrieri professionisti, ma non vassalli. Cahen sembra propenso ad assimilarli ai soldati-affittuari la cui istituzione era stata regolata, nell'impero bizantino, dagli imperatori Isaurico e Macedone. Lui stesso riconosce però che in Italia non si trova traccia certa di queste tenute militari, tuttavia si potrebbe fare riferimento agli exercitus, alle “armate urbane” il cui ruolo è stato ben delineato da Ludo-Moritz Hartmann, nelle “rivoluzioni” antibizantine dell’epoca iconoclasta. È certo, in ogni caso, che questa sorta di milizie cittadine, probabilmente ereditarie e alle quali era del tutto sconosciuto l'omaggio vassallatico, costituirono per lungo tempo una specie di armata aliena nel sistema del feudalesimo normanno, tentando un’assimilazione che non si sarebbe mai realizzata, quantomeno non in tempi brevi. Secondo Cahen, sarebbe a questi guerrieri professionisti autoctoni - non «aux chevaliers adoubés»- che farebbe riferimento la costituzione di Ruggero II, che riserva l'accesso alla milizia ai figli dei milites, escludendo il passaggio in Occidente dalla cavalleria alla nobiltà ereditaria. Tutto ciò costituisce un'opera a volte presentata in modo un po' secco e incompleto, ma che istruisce molto e, frutto di una riflessione sagace e attenta, induce a riflettere su parecchi temi che meriterebbero ulteriore approfondimento. Per esempio a proposito delle «antifeudali» tenute allodiali o circa le assecurationes, laddove Cahen non tiene conto del fatto che nelle Fiandre, secondo Galberto di Bruges, i vassalli del conte prestavano, oltre alla fede, uno speciale giuramento di salvaguardia, il «serment de sûreté».
2023
«Mare nostrum. Politica, economia, società e cultura»: «Inedita et Rara»
978-88-3374-205-2
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