La ricerca ha inteso gettare una qualche luce sulla Chiesa nel Val Demone, una delle tre micro-regioni (in gran parte coincidente con la provincia ecclesiastica messinese) in cui fino agli inizi dell’Ottocento risultava diviso il Regnum Siciliae. In tale territorio insistevano l’arcivescovato di Messina (che ne occupava la magna pars), i vescovati suffraganei di Cefalù e Patti, e le quasi-diocesi di Santa Lucia di Milazzo (oggi nota come Santa Lucia del Mela) e dell’archimandritato del San Salvatore de lingua Phari. Ad essi, inoltre, va aggiunto il Gran Priorato di Messina dell’antico Ordine gerosolimitano, istituzione che, com’è noto, aveva un clero proprio, non sottoposto ad alcuna altra giurisdizione, e che possedeva nel messinese e nelle diocesi siciliane numerose chiese e commende, a cominciare dal grosso casale di Castanea, situato nel “costretto” della città del Faro e sul quale, fin dal Duecento, aveva esercitato poteri di natura feudale. Si tratta, dunque, di un territorio tutt’altro che omogeneo anche per la sua morfologia, comprendente poche aree urbane e un numero notevole di centri rurali disseminati tra i Peloritani, i Nebrodi, parte delle Madonie e il versante settentrionale dell’Etna, in cui le istituzioni ecclesiastiche si sono ritrovate al centro di vicende socio-economiche e dove le famiglie appartenenti ai gruppi dirigenti avevano numerose opportunità di sfruttare il controllo delle cariche ecclesiastiche e delle risorse ad esse collegate, trasferendole da zio a nipote (o parente più prossimo), ovvero partecipando alla vita dei sodalizi (discipline, confraternite, compagnie) o insinuandosi nell’amministrazione delle opere pie (fabbricerie, ospedali, monti di pietà). In particolare, la storia religiosa e politica della città dello Stretto, sede di uno dei tre arcivescovi dell’isola e che, proprio negli anni del post Concilio aveva rispolverato le proprie aspirazioni di assurgere a capitale del Regnum in contrapposizione alla rivale Palermo, risulta decisiva per comprendere taluni processi, come la manipolazione del sacro, determinanti per la realizzazione di un progetto politico così ambizioso. Attraverso la compulsazione di varie fonti, si è quindi proceduto all’esame dell’agire dei presuli messinesi nei decenni a cavallo del Concilio e, in particolare, al se e come le normative tridentine furono accettate e recepite, in particolare negli anni dell’episcopato di Antonio Lombardo, alla guida della Chiesa di Messina dal 1585 al 1595, che tentò, senza quasi mai riuscirvi, di dare attuazione su più fronti alla riforma della vita religiosa nella diocesi. La questione della recezione dei canoni conciliari, pertanto, si rivela essenziale per comprendere la portata degli scontri giurisdizionali che, proprio a partire dall’ultimo ventennio del Cinquecento e per l’arco di due secoli, si consumarono tra le gerarchie ecclesiastiche e le autorità regie, a motivo della differente visione della dimensione religiosa tra centro (Roma) e periferia.
Governare il sacro. La Chiesa di Messina e i suoi arcivescovi dal tramonto del Medioevo al Cinquecento
MELLUSI, Giovan Giuseppe
2023-06-30
Abstract
La ricerca ha inteso gettare una qualche luce sulla Chiesa nel Val Demone, una delle tre micro-regioni (in gran parte coincidente con la provincia ecclesiastica messinese) in cui fino agli inizi dell’Ottocento risultava diviso il Regnum Siciliae. In tale territorio insistevano l’arcivescovato di Messina (che ne occupava la magna pars), i vescovati suffraganei di Cefalù e Patti, e le quasi-diocesi di Santa Lucia di Milazzo (oggi nota come Santa Lucia del Mela) e dell’archimandritato del San Salvatore de lingua Phari. Ad essi, inoltre, va aggiunto il Gran Priorato di Messina dell’antico Ordine gerosolimitano, istituzione che, com’è noto, aveva un clero proprio, non sottoposto ad alcuna altra giurisdizione, e che possedeva nel messinese e nelle diocesi siciliane numerose chiese e commende, a cominciare dal grosso casale di Castanea, situato nel “costretto” della città del Faro e sul quale, fin dal Duecento, aveva esercitato poteri di natura feudale. Si tratta, dunque, di un territorio tutt’altro che omogeneo anche per la sua morfologia, comprendente poche aree urbane e un numero notevole di centri rurali disseminati tra i Peloritani, i Nebrodi, parte delle Madonie e il versante settentrionale dell’Etna, in cui le istituzioni ecclesiastiche si sono ritrovate al centro di vicende socio-economiche e dove le famiglie appartenenti ai gruppi dirigenti avevano numerose opportunità di sfruttare il controllo delle cariche ecclesiastiche e delle risorse ad esse collegate, trasferendole da zio a nipote (o parente più prossimo), ovvero partecipando alla vita dei sodalizi (discipline, confraternite, compagnie) o insinuandosi nell’amministrazione delle opere pie (fabbricerie, ospedali, monti di pietà). In particolare, la storia religiosa e politica della città dello Stretto, sede di uno dei tre arcivescovi dell’isola e che, proprio negli anni del post Concilio aveva rispolverato le proprie aspirazioni di assurgere a capitale del Regnum in contrapposizione alla rivale Palermo, risulta decisiva per comprendere taluni processi, come la manipolazione del sacro, determinanti per la realizzazione di un progetto politico così ambizioso. Attraverso la compulsazione di varie fonti, si è quindi proceduto all’esame dell’agire dei presuli messinesi nei decenni a cavallo del Concilio e, in particolare, al se e come le normative tridentine furono accettate e recepite, in particolare negli anni dell’episcopato di Antonio Lombardo, alla guida della Chiesa di Messina dal 1585 al 1595, che tentò, senza quasi mai riuscirvi, di dare attuazione su più fronti alla riforma della vita religiosa nella diocesi. La questione della recezione dei canoni conciliari, pertanto, si rivela essenziale per comprendere la portata degli scontri giurisdizionali che, proprio a partire dall’ultimo ventennio del Cinquecento e per l’arco di due secoli, si consumarono tra le gerarchie ecclesiastiche e le autorità regie, a motivo della differente visione della dimensione religiosa tra centro (Roma) e periferia.File | Dimensione | Formato | |
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