Il presente contributo si propone di affrontare le problematiche – privilegiando quelle di stampo più marcatamente costituzionalistico - inerenti al concetto di controlimite, il quale mantiene una pregnante attualità. La sua stretta connessione con temi come la sovranità statale, i principi supremi dell’ordinamento, i processi di integrazione, lo rende un argomento cardine del diritto costituzionale moderno. Deve premettersi, difatti, come i processi di integrazione sovrastatale – si pensi, in primo luogo, al caso dell’UE – abbiano comportato una situazione di sempre crescente interdipendenza tra gli ordinamenti. Se, in assoluto, ciò può dirsi estremamente positivo, in alcuni casi possono sorgere questioni attinenti al sovrapporsi di competenze e di fonti. Tali circostanze spesso finiscono per ingenerare un dialogo, che può sfociare in contrapposizione tra le Corti nazionali e sovranazionali, come avvenuto, ad esempio, con il caso Taricco. Nel caso specifico dell’Italia, il controlimite si pone in correlazione all’art. 11 Cost., che consente quelle limitazioni della sovranità necessarie al conseguimento di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni. Queste limitazioni, nonostante il principio di supremazia del diritto eurounitario, però, non possono essere indeterminate, ma incontrano a loro volta dei limiti tesi a salvaguardare il “nucleo duro” della Costituzione. Deve rilevarsi, infatti, un’interconnessione forte tra il tema della rigidità costituzionale e quello dei controlimiti. Così come la revisione costituzionale non può essere adottata attraverso fonti ordinarie, ma richiede un procedimento particolarmente aggravato, il quale non può intaccare non solo la forma repubblicana - come previsto esplicitamente dall’art. 139 Cost. -, ma anche i principi supremi (desunti dalla giurisprudenza costituzionale), allo stesso modo la genesi giurisdizionale dei controlimiti segna l’ultimo argine nei confronti di quelle fonti atipiche cui non si poteva opporre la pura e semplice rigidità costituzionale. Da questa esigenza si sviluppa l’elaborazione teorica del concetto dei controlimiti, espressione che si deve all’intuizione di Barile. Si tenterà una ricostruzione sia della dottrina che della principale giurisprudenza sul tema, a partire dalle pronunce prodromiche (come la Russel e la Granital) a quella n. 238/2014 (Ferrini) della Corte costituzionale, ove il termine “controlimiti” viene pronunciato per la prima volta. All’esito di tale ricostruzione, obiettivo del presente contributo sarà di concentrarsi su alcuni problemi che segnano la cifra dell’attualità della tematica. Infatti, da un lato, la Germania, il 29 aprile scorso, ha presentato nuovamente ricorso alla CIG avverso l’Italia per la violazione delle norme sull’immunità diplomatica, avviando il seguito del caso Ferrini; dall’altro lato, invece, si sta consumando la nota vicenda della Polonia e della sua opposizione dei controlimiti nei confronti dell’UE. Ciò spinge a domandarsi se la teoria dei controlimiti, potendo risultare una potente arma nelle mani dei sovranismi contro il processo d’integrazione, vada accantonata o, quantomeno, ridimensionata con una loro “europeizzazione”, oppure se sia opportuno farla salva delimitandola e recuperando la sua dimensione di garanzia da adottare come extrema ratio e non strumentalmente. Se, infatti, consideriamo la definizione secondo cui i controlimiti sono a presidio dei principi supremi dell’ordinamento e dei diritti inalienabili della persona umana, possono ipotizzarsi dei controlimiti che si pongano in contrapposizione con la tutela dello stato di diritto?

I controlimiti e la loro ambivalenza: strumento utile alla democrazia o ai sovranismi?

Rocco Scicchitano
2024-01-01

Abstract

Il presente contributo si propone di affrontare le problematiche – privilegiando quelle di stampo più marcatamente costituzionalistico - inerenti al concetto di controlimite, il quale mantiene una pregnante attualità. La sua stretta connessione con temi come la sovranità statale, i principi supremi dell’ordinamento, i processi di integrazione, lo rende un argomento cardine del diritto costituzionale moderno. Deve premettersi, difatti, come i processi di integrazione sovrastatale – si pensi, in primo luogo, al caso dell’UE – abbiano comportato una situazione di sempre crescente interdipendenza tra gli ordinamenti. Se, in assoluto, ciò può dirsi estremamente positivo, in alcuni casi possono sorgere questioni attinenti al sovrapporsi di competenze e di fonti. Tali circostanze spesso finiscono per ingenerare un dialogo, che può sfociare in contrapposizione tra le Corti nazionali e sovranazionali, come avvenuto, ad esempio, con il caso Taricco. Nel caso specifico dell’Italia, il controlimite si pone in correlazione all’art. 11 Cost., che consente quelle limitazioni della sovranità necessarie al conseguimento di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni. Queste limitazioni, nonostante il principio di supremazia del diritto eurounitario, però, non possono essere indeterminate, ma incontrano a loro volta dei limiti tesi a salvaguardare il “nucleo duro” della Costituzione. Deve rilevarsi, infatti, un’interconnessione forte tra il tema della rigidità costituzionale e quello dei controlimiti. Così come la revisione costituzionale non può essere adottata attraverso fonti ordinarie, ma richiede un procedimento particolarmente aggravato, il quale non può intaccare non solo la forma repubblicana - come previsto esplicitamente dall’art. 139 Cost. -, ma anche i principi supremi (desunti dalla giurisprudenza costituzionale), allo stesso modo la genesi giurisdizionale dei controlimiti segna l’ultimo argine nei confronti di quelle fonti atipiche cui non si poteva opporre la pura e semplice rigidità costituzionale. Da questa esigenza si sviluppa l’elaborazione teorica del concetto dei controlimiti, espressione che si deve all’intuizione di Barile. Si tenterà una ricostruzione sia della dottrina che della principale giurisprudenza sul tema, a partire dalle pronunce prodromiche (come la Russel e la Granital) a quella n. 238/2014 (Ferrini) della Corte costituzionale, ove il termine “controlimiti” viene pronunciato per la prima volta. All’esito di tale ricostruzione, obiettivo del presente contributo sarà di concentrarsi su alcuni problemi che segnano la cifra dell’attualità della tematica. Infatti, da un lato, la Germania, il 29 aprile scorso, ha presentato nuovamente ricorso alla CIG avverso l’Italia per la violazione delle norme sull’immunità diplomatica, avviando il seguito del caso Ferrini; dall’altro lato, invece, si sta consumando la nota vicenda della Polonia e della sua opposizione dei controlimiti nei confronti dell’UE. Ciò spinge a domandarsi se la teoria dei controlimiti, potendo risultare una potente arma nelle mani dei sovranismi contro il processo d’integrazione, vada accantonata o, quantomeno, ridimensionata con una loro “europeizzazione”, oppure se sia opportuno farla salva delimitandola e recuperando la sua dimensione di garanzia da adottare come extrema ratio e non strumentalmente. Se, infatti, consideriamo la definizione secondo cui i controlimiti sono a presidio dei principi supremi dell’ordinamento e dei diritti inalienabili della persona umana, possono ipotizzarsi dei controlimiti che si pongano in contrapposizione con la tutela dello stato di diritto?
2024
979-12-80899-13-2
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