Quale funzione politica può esercitare il filosofo in un mondo che tende ad incrementare sempre più conoscenza attraverso l’approccio omologante dei calcoli e degli algoritmi, propri del sapere tecnico-scientifico? È antico il pregiudizio nei confronti del pensare filosofico, considerato un’attività “inutile” in quanto prevalentemente orientato alla sfera teoretica, a differenza del ragionamento scientifico sempre rivolto ad uno scopo pratico. Eppure, mentre crescono la specializzazione e la complessità delle scienze, l’attività di colui che pensa ponendosi domande di “senso” può giocare un ruolo politico fondamentale. È quanto si tenterà di argomentare nel presente contributo, richiamando in particolare alcune riflessioni di Hannah Arendt. La filosofa, infatti, nel riprendere la distinzione kantiana tra pensare e conoscere, ha segnalato il pericolo insito nella “mancanza di pensiero” in un tempo che celebra l’ingente crescita delle conoscenze scientifiche: esempio eclatante in tal senso l’invenzione della bomba atomica, adottata acriticamente dalla politica durante la Seconda guerra mondiale, attraverso cui l’umanità ha dimostrato di essere “tecnicamente capace di distruggere se stessa”.
Il "vento del pensiero". Una lettura arendtiana tra scienza, politica e filosofia.
Maria Felicia Schepis
Primo
2023-01-01
Abstract
Quale funzione politica può esercitare il filosofo in un mondo che tende ad incrementare sempre più conoscenza attraverso l’approccio omologante dei calcoli e degli algoritmi, propri del sapere tecnico-scientifico? È antico il pregiudizio nei confronti del pensare filosofico, considerato un’attività “inutile” in quanto prevalentemente orientato alla sfera teoretica, a differenza del ragionamento scientifico sempre rivolto ad uno scopo pratico. Eppure, mentre crescono la specializzazione e la complessità delle scienze, l’attività di colui che pensa ponendosi domande di “senso” può giocare un ruolo politico fondamentale. È quanto si tenterà di argomentare nel presente contributo, richiamando in particolare alcune riflessioni di Hannah Arendt. La filosofa, infatti, nel riprendere la distinzione kantiana tra pensare e conoscere, ha segnalato il pericolo insito nella “mancanza di pensiero” in un tempo che celebra l’ingente crescita delle conoscenze scientifiche: esempio eclatante in tal senso l’invenzione della bomba atomica, adottata acriticamente dalla politica durante la Seconda guerra mondiale, attraverso cui l’umanità ha dimostrato di essere “tecnicamente capace di distruggere se stessa”.Pubblicazioni consigliate
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