La quarta Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza 16 gennaio 2009, n. 1786 (c.d. sentenza Tomaccio), ha ridefinito la portata incriminatrice dell’art. 113 c.p. in rapporto ai delitti causali puri di evento. A tal fine, occorre che la consapevolezza di concorrere con altri (ancora insufficiente a determinare un’estensione dei margini della tipicità colposa monosoggettiva) sia ulteriormente qualificata da un “intreccio cooperativo”, da un comune coinvolgimento nella gestione di un rischio innescato dal convergere sincronico di condotte in sé (anche solo) genericamente pericolose. La gestione “sinergica” del rischio – che determina l’obbligo di prevedere non più il fatto proprio, ma quello collettivo – giustifica la rilevanza penale di condotte che, sebbene “non autosufficienti”, si compenetrano con altre condotte tipiche. Soltanto in questi termini è consentito derogare al generale principio di affidamento quale criterio di delimitazione delle responsabilità individuali nel fatto colposo. La pronuncia commentata offre lo spunto per ripercorrere in chiave critica i dubbi e le perduranti incertezze della funzione incriminatrice svolta dalla clausola generale di incriminazione di cui all’art. 113 c.p. sul versante dei reati causali puri.

Cooperazione in eccesso colposo: concorso “improprio” O compartecipazione in colpa “impropria”?

RISICATO, Lucia
2009-01-01

Abstract

La quarta Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza 16 gennaio 2009, n. 1786 (c.d. sentenza Tomaccio), ha ridefinito la portata incriminatrice dell’art. 113 c.p. in rapporto ai delitti causali puri di evento. A tal fine, occorre che la consapevolezza di concorrere con altri (ancora insufficiente a determinare un’estensione dei margini della tipicità colposa monosoggettiva) sia ulteriormente qualificata da un “intreccio cooperativo”, da un comune coinvolgimento nella gestione di un rischio innescato dal convergere sincronico di condotte in sé (anche solo) genericamente pericolose. La gestione “sinergica” del rischio – che determina l’obbligo di prevedere non più il fatto proprio, ma quello collettivo – giustifica la rilevanza penale di condotte che, sebbene “non autosufficienti”, si compenetrano con altre condotte tipiche. Soltanto in questi termini è consentito derogare al generale principio di affidamento quale criterio di delimitazione delle responsabilità individuali nel fatto colposo. La pronuncia commentata offre lo spunto per ripercorrere in chiave critica i dubbi e le perduranti incertezze della funzione incriminatrice svolta dalla clausola generale di incriminazione di cui all’art. 113 c.p. sul versante dei reati causali puri.
2009
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