Muovendo dalla constatazione che lo svolgimento di attività apparentemente regolari, da parte di alcuni operatori del settore dell’intermediazione mobiliare (in primis, promotori finanziari o consulenti agli investimenti), cela talvolta la prestazione abusiva (in quanto priva della necessaria autorizzazione) del servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento (c.d. gestione surrettizia o mascherata), lo studio mira ad individuare i casi in cui può realmente configurarsi tale figura illecita, di difficile identificazione. A tal fine, vengono in primo luogo enucleati i caratteri tipici del suddetto servizio di gestione di portafogli (fondato essenzialmente sulla discrezionalità del gestore nella scelta delle opportune operazioni di investimento/disinvestimento), così come definito dalla normativa comunitaria (dir. 93/22/CE, destinata ad essere sostituita dalla dir. 2004/39/CE) e dal Testo Unico dell’intermediazione finanziaria (TUF), e ciò anche allo scopo di accertare l’esistenza di un’eventuale difformità, ipotizzata sia dalla Consob che in dottrina, tra la nozione comunitaria e quella accolta in sede nazionale. Accertata la corrispondenza tra le predette nozioni, si analizzano poi i diversi orientamenti espressi dalla giurisprudenza e dalla Consob in materia di gestioni surrettizie. Si può osservare, infatti, che, secondo la giurisprudenza, la gestione individuale di portafogli presuppone i requisiti del mandato all’intermediario, della personalizzazione dell’incarico gestorio e della discrezionalità nello svolgimento dello stesso (sicché le gestioni abusive potrebbero ravvisarsi solo laddove il soggetto non autorizzato pianificasse gli investimenti più vantaggiosi per il proprio cliente, predisponendone altresì la concreta attuazione sui mercati), mentre l’autorità di vigilanza ha più volte affermato che il servizio in esame si caratterizzerebbe, piuttosto, per la finalità di incrementare il valore di un patrimonio, attraverso apposite movimentazioni delle sue consistenze ad opera del gestore, indipendentemente dalla ripartizione dei poteri dispositivi tra intermediario e cliente (come confermerebbe, del resto, la legittimità delle c.d. gestioni con preventivo assenso, nelle quali l’attuazione delle singole operazioni richiede il previo gradimento del cliente). Rilevata l’esistenza di tale contrasto, si conclude affermando che, non potendo in nessun caso il servizio di gestione escludere l’elemento della discrezionalità in capo all’intermediario, la gestione surrettizia sussiste solo se un determinato soggetto, ancorché in possesso di ordini o istruzioni formalmente conferiti dall’investitore, abbia concretamente individuato e selezionato le operazioni da eseguire, assumendo, così, il ruolo di centro decisionale delle attività di investimento/disinvestimento. In mancanza di tale elemento, di contro, si rimarrebbe perlopiù sul piano dell’assistenza o consulenza nei confronti dell’investitore, come appare particolarmente evidente con riferimento all’attività del promotore finanziario (il quale, pur non potendosi sostituire all’investitore nella scelta delle operazioni da compiere, ha comunque il dovere di illustrare al proprio cliente le caratteristiche dei prodotti offerti). Nella realtà concreta, tuttavia, permangono notevoli difficoltà nell’accertamento della fattispecie abusiva, posto che, al fine di stabilire se un soggetto sia stato l’effettivo decisore di determinate operazioni di investimento, occorrerà valutare attentamente le specifiche circostanze di fatto (tra le quali, ad es., particolare rilevanza è stata data alla presenza di operazioni ravvicinate, di identico contenuto, poste in essere da più clienti di uno stesso operatore), senza tuttavia ricorrere – come sovente accaduto, specie in sede di irrogazione di sanzioni amministrative – ad inaccettabili inversioni dell’onere della prova, a danno dei soggetti sanzionati.

Gestione surrettizia di portafogli di investimento: questioni in tema di identificazione della fattispecie

CIRAOLO, Francesco
2006-01-01

Abstract

Muovendo dalla constatazione che lo svolgimento di attività apparentemente regolari, da parte di alcuni operatori del settore dell’intermediazione mobiliare (in primis, promotori finanziari o consulenti agli investimenti), cela talvolta la prestazione abusiva (in quanto priva della necessaria autorizzazione) del servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento (c.d. gestione surrettizia o mascherata), lo studio mira ad individuare i casi in cui può realmente configurarsi tale figura illecita, di difficile identificazione. A tal fine, vengono in primo luogo enucleati i caratteri tipici del suddetto servizio di gestione di portafogli (fondato essenzialmente sulla discrezionalità del gestore nella scelta delle opportune operazioni di investimento/disinvestimento), così come definito dalla normativa comunitaria (dir. 93/22/CE, destinata ad essere sostituita dalla dir. 2004/39/CE) e dal Testo Unico dell’intermediazione finanziaria (TUF), e ciò anche allo scopo di accertare l’esistenza di un’eventuale difformità, ipotizzata sia dalla Consob che in dottrina, tra la nozione comunitaria e quella accolta in sede nazionale. Accertata la corrispondenza tra le predette nozioni, si analizzano poi i diversi orientamenti espressi dalla giurisprudenza e dalla Consob in materia di gestioni surrettizie. Si può osservare, infatti, che, secondo la giurisprudenza, la gestione individuale di portafogli presuppone i requisiti del mandato all’intermediario, della personalizzazione dell’incarico gestorio e della discrezionalità nello svolgimento dello stesso (sicché le gestioni abusive potrebbero ravvisarsi solo laddove il soggetto non autorizzato pianificasse gli investimenti più vantaggiosi per il proprio cliente, predisponendone altresì la concreta attuazione sui mercati), mentre l’autorità di vigilanza ha più volte affermato che il servizio in esame si caratterizzerebbe, piuttosto, per la finalità di incrementare il valore di un patrimonio, attraverso apposite movimentazioni delle sue consistenze ad opera del gestore, indipendentemente dalla ripartizione dei poteri dispositivi tra intermediario e cliente (come confermerebbe, del resto, la legittimità delle c.d. gestioni con preventivo assenso, nelle quali l’attuazione delle singole operazioni richiede il previo gradimento del cliente). Rilevata l’esistenza di tale contrasto, si conclude affermando che, non potendo in nessun caso il servizio di gestione escludere l’elemento della discrezionalità in capo all’intermediario, la gestione surrettizia sussiste solo se un determinato soggetto, ancorché in possesso di ordini o istruzioni formalmente conferiti dall’investitore, abbia concretamente individuato e selezionato le operazioni da eseguire, assumendo, così, il ruolo di centro decisionale delle attività di investimento/disinvestimento. In mancanza di tale elemento, di contro, si rimarrebbe perlopiù sul piano dell’assistenza o consulenza nei confronti dell’investitore, come appare particolarmente evidente con riferimento all’attività del promotore finanziario (il quale, pur non potendosi sostituire all’investitore nella scelta delle operazioni da compiere, ha comunque il dovere di illustrare al proprio cliente le caratteristiche dei prodotti offerti). Nella realtà concreta, tuttavia, permangono notevoli difficoltà nell’accertamento della fattispecie abusiva, posto che, al fine di stabilire se un soggetto sia stato l’effettivo decisore di determinate operazioni di investimento, occorrerà valutare attentamente le specifiche circostanze di fatto (tra le quali, ad es., particolare rilevanza è stata data alla presenza di operazioni ravvicinate, di identico contenuto, poste in essere da più clienti di uno stesso operatore), senza tuttavia ricorrere – come sovente accaduto, specie in sede di irrogazione di sanzioni amministrative – ad inaccettabili inversioni dell’onere della prova, a danno dei soggetti sanzionati.
2006
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