Il lavoro ha per oggetto alcune proposte di legge costituzionale d'iniziativa parlamentare (Cam., nn. 203, 980, 1241 e 1606, del 2006 e la n. 1601 della Valle d'Aosta) volte a modificare le norme degli Statuti speciali, relativamente alla partecipazione delle Regioni alle procedure di revisione degli statuti stessi, riproponendo quanto bocciato dal referendum del 2006. L'obiettivo perseguito, sia ieri che oggi, era ed è quello di invertire la rotta di un meccanismo perverso che ha visto da un lato il potenziamento dell'autonomia delle Regioni ordinarie e dall'altro il progressivo indebolimento della specialità. Dopo il fallimento del 2006, alcune Regioni ordinari hanno "riscoperto" le presunte virtù taumaturgiche del nuovo art. 116, u. c., Cost. In verità tali proposte svalutano la potenziale autonomia delle Regioni speciali per motivi storici, culturali, geografici e territoriali. L'attuale condizione vede la Regione partecipe alle modifiche dello statuto unicamente in forma consultiva, d'ora innanzi, secondo il testo di revisione approvato in prima lettura dalle Camere, la Regione dovrebbe aver modo di siglare un'"intesa" sulle modifiche stesse. Il "diniego" alla stessa può essere manifestato entro tre mesi dalla trasmissione del testo, con deliberazione a maggioranza dei due terzi dei componenti il Consiglio stesso, altrimenti le Camere possono ugualmente approvare la legge di revisione. Il quarto progetto prevede che in caso di "parere" contrario dell'assemblea regionale si svolga un referendum consultivo del quale non è chiaro l'eventuale "seguito". Insomma, rimane oscuro lo scenario successivo alla pronunzia popolare. Si evince che la cooperazione tra Stato e Regione, tramite intesa, si rivela un boomerang per la stessa autonomia regionale. Preliminarmente ci si chiede se la pronunzia dell'Assemblea regionale debba investire il testo consegnato dalle Camere o siano possibili emendamenti per valorizzare il ruolo regionale. Inoltre il "diniego" approvato dalla maggioranza dei componenti l'assemblea produrrebbe il medesimo esito della inutile decorrenza del termine. Si osserva che nella sostanza una manifestazione di volontà oppositiva si converte innaturalmente nell’adesione alla "proposta" d'intesa fatta dalle Camere. L'esito sembra paradossale prevedendo l'intesa in sostituzione del più flebile parere, rischiando modifiche statutarie scaturenti da una... non intesa. Un buon modo per ripristinare la "parità delle armi" tra Stato e Regione parrebbe essere quello di richiedere anche per il deliberato parlamentare la sua adozione con la (sola) maggioranza dei due terzi. Tae meccanismo rischia di penalizzare le Regioni speciali rispetto a quelle ordinarie con un livellamento al basso... dell’autonomia. Si ragiona di possibili soluzioni idonee alternative ai progetti in esame. L’Assemblea siciliana all'unanimità approva contrariando solo il quarto progetto (Cam., n. 1606) accogliendo il diniego alla proposta di intesa a maggioranza assoluta, anziché dei due terzi. Forse una soluzione può essere dare precedenza non alla volontà delle Camere bensì a quella delle assemblee regionali, cui dovrebbe considerarsi riservata l'iniziativa di ogni modifica statutaria. Qui pure si possono immaginare soluzioni articolate: ad es., stabilendo che, ove il "patto" si raggiunga sul testo elaborato dalle assemblee regionali, non sarebbe possibile nessun ulteriore controllo, mentre in caso di modifica del testo nella sede parlamentare dovrebbe essere comunque consentito il verdetto ultimo dell'intera comunità. L’individualità sta a base della "specialità". In un regionalismo asimmetrico e diffuso le stesse Regioni di diritto comune potrebbero orientarsi verso la loro "specializzazione". Concludendo, la situazione prefigurata dai progetti si presenta deteriore rispetto a quella che già oggi si ha. Meglio, dunque, il silenzio che non si presta ad usi strumentali di quello che è, e resta, uno dei valori fondanti l'ordinamento, l'autonomia.

L'antitesi chiarisce la tesi: l'“intesa” dimezzata in alcune recenti proposte di legge costituzionale in tema di procedura per la modifica degli statuti speciali

QUATTROCCHI, Maria Letteria
2006-01-01

Abstract

Il lavoro ha per oggetto alcune proposte di legge costituzionale d'iniziativa parlamentare (Cam., nn. 203, 980, 1241 e 1606, del 2006 e la n. 1601 della Valle d'Aosta) volte a modificare le norme degli Statuti speciali, relativamente alla partecipazione delle Regioni alle procedure di revisione degli statuti stessi, riproponendo quanto bocciato dal referendum del 2006. L'obiettivo perseguito, sia ieri che oggi, era ed è quello di invertire la rotta di un meccanismo perverso che ha visto da un lato il potenziamento dell'autonomia delle Regioni ordinarie e dall'altro il progressivo indebolimento della specialità. Dopo il fallimento del 2006, alcune Regioni ordinari hanno "riscoperto" le presunte virtù taumaturgiche del nuovo art. 116, u. c., Cost. In verità tali proposte svalutano la potenziale autonomia delle Regioni speciali per motivi storici, culturali, geografici e territoriali. L'attuale condizione vede la Regione partecipe alle modifiche dello statuto unicamente in forma consultiva, d'ora innanzi, secondo il testo di revisione approvato in prima lettura dalle Camere, la Regione dovrebbe aver modo di siglare un'"intesa" sulle modifiche stesse. Il "diniego" alla stessa può essere manifestato entro tre mesi dalla trasmissione del testo, con deliberazione a maggioranza dei due terzi dei componenti il Consiglio stesso, altrimenti le Camere possono ugualmente approvare la legge di revisione. Il quarto progetto prevede che in caso di "parere" contrario dell'assemblea regionale si svolga un referendum consultivo del quale non è chiaro l'eventuale "seguito". Insomma, rimane oscuro lo scenario successivo alla pronunzia popolare. Si evince che la cooperazione tra Stato e Regione, tramite intesa, si rivela un boomerang per la stessa autonomia regionale. Preliminarmente ci si chiede se la pronunzia dell'Assemblea regionale debba investire il testo consegnato dalle Camere o siano possibili emendamenti per valorizzare il ruolo regionale. Inoltre il "diniego" approvato dalla maggioranza dei componenti l'assemblea produrrebbe il medesimo esito della inutile decorrenza del termine. Si osserva che nella sostanza una manifestazione di volontà oppositiva si converte innaturalmente nell’adesione alla "proposta" d'intesa fatta dalle Camere. L'esito sembra paradossale prevedendo l'intesa in sostituzione del più flebile parere, rischiando modifiche statutarie scaturenti da una... non intesa. Un buon modo per ripristinare la "parità delle armi" tra Stato e Regione parrebbe essere quello di richiedere anche per il deliberato parlamentare la sua adozione con la (sola) maggioranza dei due terzi. Tae meccanismo rischia di penalizzare le Regioni speciali rispetto a quelle ordinarie con un livellamento al basso... dell’autonomia. Si ragiona di possibili soluzioni idonee alternative ai progetti in esame. L’Assemblea siciliana all'unanimità approva contrariando solo il quarto progetto (Cam., n. 1606) accogliendo il diniego alla proposta di intesa a maggioranza assoluta, anziché dei due terzi. Forse una soluzione può essere dare precedenza non alla volontà delle Camere bensì a quella delle assemblee regionali, cui dovrebbe considerarsi riservata l'iniziativa di ogni modifica statutaria. Qui pure si possono immaginare soluzioni articolate: ad es., stabilendo che, ove il "patto" si raggiunga sul testo elaborato dalle assemblee regionali, non sarebbe possibile nessun ulteriore controllo, mentre in caso di modifica del testo nella sede parlamentare dovrebbe essere comunque consentito il verdetto ultimo dell'intera comunità. L’individualità sta a base della "specialità". In un regionalismo asimmetrico e diffuso le stesse Regioni di diritto comune potrebbero orientarsi verso la loro "specializzazione". Concludendo, la situazione prefigurata dai progetti si presenta deteriore rispetto a quella che già oggi si ha. Meglio, dunque, il silenzio che non si presta ad usi strumentali di quello che è, e resta, uno dei valori fondanti l'ordinamento, l'autonomia.
2006
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